IV - Gatti e crisantemi (pt.3)

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La ragazza sollevò le palpebre tremanti

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La ragazza sollevò le palpebre tremanti. Davanti a lei si ergeva una porta massiccia priva di stipiti. Il battente e i cardini erano di un metallo simile all'argento, il cui aspetto lucido strideva con le chiazze scure del muro, causate dall'umidità che si era infiltrata attraverso le pietre. Kala sentì una stretta artigliarle il ventre quando individuò cosa c'era di sbagliato, o meglio, non c'era. Al posto della serratura o di una qualsiasi toppa dove inserire una chiave, la superficie chiara era percorsa da strani simboli intrecciati in un mandala di forme geometriche.

La giovane indietreggiò di un passo, colta da un improvviso capogiro, e un urlo disperato fuggì dalle sue labbra. Si trovava in una stanza rettangolare, le cui pareti laterali erano talmente vicine che avrebbe potuto sfiorarle insieme allargando al massimo le braccia. No! No, non... oh, dei! Nausea iniziò a emergere dalle profondità delle sue viscere, rosicchiando i muscoli delle gambe come un verme in un pezzo di carne putrida, poi Kala cadde in ginocchio.

L'odore di chiuso le raschiava la gola con artigli affilati e nella sua mente dilagava la percezione di quello spazio angusto, coprendo con una coltre putrida tutti gli altri pensieri. Oltre quella tenebra di terrore che l'avvolgeva, sentiva le domande e le preoccupazioni che avrebbero dovuto assalirla agitarsi come fiere rese innocue da una bestia ancora più forte. Fece dardeggiare lo sguardo da un blocco di pietra all'altro in modo quasi folle. Quei pezzi di roccia striati di umidità si stavano avvicinando, ne era certa! Volevano intrappolarla, stritolarle le ossa fino a ridurre in polvere. E ghignavano, ridevano, stridevano l'uno sull'altro mentre si protendevano verso di lei...

La ragazza artigliò il metallo del battente mentre respirava sempre più freneticamente, alla disperata ricerca di quell'aria che pareva sfuggire via a ogni boccata. Un grido d'aiuto le salì in gola, ma dalle labbra uscì solo un verso simile al miagolio strozzato di un gatto. Una ad una le dita affondarono nel palmo della mano, poi un pugno tremante si abbatté sulla porta.

Nessun suono disturbò il silenzio.

Kala riprovò più e più volte ma non riuscì mai ad ottenere un risultato differente. A ogni colpo combattere contro la debolezza diventava più difficile, finché alla fine risultò impossibile. La giovane si accasciò contro il metallo freddo, priva di forze come una bambola di pezza scagliata dalla mano di un bambino.

Mag Mell, non può finire così. Non appena quella luce baluginò nella confusione, la ragazza alzò gli occhi animati da una fiamma di disperazione e determinazione. Si voltò con un folle scatto, simile a un animale selvatico intrappolato in una gabbia, e il suo cuore già frenetico sussultò nel torace: non era l'unica persona a essere segregata in quella prigione.

Un uomo era seduto per terra, appoggiato al muro opposto al battente senza serratura e con il viso nascosto tra le braccia. Due polsi magri appoggiati sulle ginocchia; le fasce argentate unite tra di loro da una sottile catenella; i simboli dorati che baluginavano su quel metallo brillante. La diciassettenne era incapace di mettere insieme correttamente i pochi particolare che le sue pupille dilatate coglievano, perciò l'immagine del prigioniero nei suoi pensieri era distorta e frammentata come il riflesso sulla superficie di uno specchio rosso. Testa incassata tra le spalle scheletriche; tunica polverosa e stracciata; mani coperte di tagli e lividi. La vista dell'adolescente si offuscò per un istante, prima di tornare lucida. Disordinato groviglio di capelli di un macabro rosso scuro, come se ogni ciocca fosse stata intinta in un fiume di sangue; sottile rivolo carminio che correva lungo il collo.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now