XXVI - Il Lutto della Torre (pt.1)

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Lo sfrigolio della candela riempiva il silenzio della penombra, mescolando l'odore di cera e grasso a quello pungente della polvere

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Lo sfrigolio della candela riempiva il silenzio della penombra, mescolando l'odore di cera e grasso a quello pungente della polvere. Vicino al cero, decine di pergamene ricoprivano la superficie irregolare del tavolo: mappe con nomi e luoghi cerchiati in inchiostro vermiglio, biglietti spiegazzati ancora odorosi di sangue, pezzi di papiro con simboli e brevi messaggi codificati. Eppure, per quanto importanti, quei fogli erano stati momentaneamente abbandonati da chi li stava studiando, così come la dozzina di lame di metallo appoggiate vicino a una boccetta di veleno trasparente.

Leahnne guardava i tetti della città distorta che si stendeva oltre il vetro unto della finestra, rigirando tra le dita affusolate il fulcro dei suoi tumultuosi pensieri: un bracciale di bronzo, modellato per rappresentare un serpente che si mordeva la coda.

L'Ouroboros, il custode dell'infinità. Il simbolo del Tempo, e di chi il Tempo aveva servito.

Gli occhi dell'elfa si assottigliarono. Era raro conoscere un frammento di destino, ed era ancor più raro che il Destino fosse stato intrappolato dai suoi stessi Lacci. La fiamma della candela si rifletté sulle scaglie di bronzo, facendo emergere le lettere finemente avvolte sulle spire del serpente. Lettere che un tempo aveva a stento riconosciuto, in una lingua che le era estranea. Lettere che ora usava, in una lingua che in quel momento sentiva mescolarsi ai rumori della strada e i canti ubriachi dei marinai.

Era stata astuta, Meredith. Darle la chiave senza che lei potesse comprenderla ancora. Tuttavia ora sapeva, così come sapeva ciò che la fine iscrizione implicava. La frase non era stata pronunciata, né il Nodo ancora avverato: per quante difficoltà avrebbe incontrato sul cammino, per quanto tempo avrebbe atteso, il filo del Destino avrebbe di nuovo riportato quella preziosa pedina in suo possesso.

I gelidi occhi di smeraldo si posarono sulle chiatte ancorate al molo, dove le acque placide del fiume Argat parevano essersi mutate in una serpe di lava alla luce del tramonto. Doveva solo attendere. Posare la rete nel centro del fiume, e aspettare che la preda che lei sapeva sarebbe arrivata ne rimanesse incastrata.

Poi avrebbe fatto la sua mossa.

Una piccola esplosione di dolore si propagò nelle costole di Kala quando con un forte tonfo il suo ventre colpì qualcosa di duro

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Una piccola esplosione di dolore si propagò nelle costole di Kala quando con un forte tonfo il suo ventre colpì qualcosa di duro. Solido. Reale.

«Dabih», gemette la ragazza, mentre cercava di sollevare il viso da quella superficie irregolare. Lo scricchiolio del legno echeggiò nelle sue orecchie come un tuono e la giovane si lasciò ricadere a terra con un flebile lamento. Dei! A fatica sollevò le palpebre, riuscendo a malapena ad appoggiare la guancia al dorso della mano. Per un attimo ancora tutto le parve coperto da una patina nera, poi lentamente dalle tenebre emersero macchie di colore. Marrone. Sprazzi di luccicanti rossi, aranci e azzurri.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin