VIII - Lama incandescente (pt.3)

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Quando le lingue di fuoco scomparvero, la diciassettenne giacque immobile sul terreno, riempiendosi i polmoni con l'aria ancora rovente

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Quando le lingue di fuoco scomparvero, la diciassettenne giacque immobile sul terreno, riempiendosi i polmoni con l'aria ancora rovente. Lentamente, come se stesse muovendo quei muscoli per la prima volta, si puntellò sui gomiti e sollevò il busto esplorandosi intorno. Le fu allora chiaro il perché si trovava sdraiata, e non seduta contro l'albero, ma anche perché d'un tratto non sentiva più nessun blocco di pietra attorno agli arti. Per un raggio di almeno una decina di passi, non vedeva che zolle bruciate, cumuli di cenere, sassi divelti e piante ridotte a cartocci inermi di corteccia.

La sua mano destra cercò a tentoni e afferrò il pugnale - inspiegabilmente intatto in quella distruzione - poi con un polpastrello ne controllò il filo affilato. Doveva scappare: gli dei le avevano concesso una seconda possibilità e, nonostante non riuscisse a vedere lo spirito oscuro da nessuna parte, la linea dritta di tronchi spezzati davanti a lei rivelavano che esso non era stato sconfitto definitivamente. Si mise quindi rapidamente in piedi e, con una calma che non corrispondeva al suo stato d'animo, cominciò a camminare verso la scia che lo Spettro aveva lasciato quando era stato scagliato via.

Non da quella parte! Kala gridò in silenzio, cercando con tutte le sue forze di cambiare direzione. Provò e riprovò, ma per quando supplicasse e si concentrasse, le sue gambe non risposero a nessuno dei suoi comandi. Non appena la sua sinistra tirò indietro una ciocca di capelli fulvi in un modo che le era completamente estraneo, realizzò finalmente ciò che avrebbe dovuto capire fin da quando si era alzata: non era lei a controllare i suoi movimenti.

La ragazza - o meglio, la sua coscienza - si contorse, scagliandosi con veemenza sulle barriere invisibili che la imprigionavano all'interno del suo stesso corpo. Poteva percepire tutti i suoi arti, eppure non riusciva a raggiungerne nessuno: era come se ci fosse un sottile strato di ghiaccio tra la sua anima e la sua carne, abbastanza fine da illudere che non ci fosse, ma abbastanza resistente da non cedere sotto i suoi colpi. All'ennesimo tentativo il muro intangibile si increspò e si estese, immobilizzando lo spirito disperato della giovane. Era senziente! La stretta che la circondava come le spire di un serpente, confinandola nel suo stesso cuore, era viva! Percepì quel tocco estraneo contrarsi delicatamente nello stesso istante in cui il palmo privo di coltello si appoggiava con fermezza sul petto e, per quanto le pareva assurdo, le sembrò che quei due gesti stessero cercando di rassicurarla.

Lo strano abbraccio, o carezza, finì appena un familiare verso agghiacciante emerse dalle tenebre della foresta intorno a lei. L'arma danzò tra le sue dita con una perizia che la diciassettenne non aveva mai avuto, poi la bisaccia scivolò per terra e i muscoli si tesero fluidi in una posizione da combattimento.

Nel buio della notte si accesero due scintille sanguigne, annunciando con un breve anticipo l'emergere dello Spettro dal sottobosco. Fluttuava a qualche passo dal suolo e impugnava la sua lancia, su cui il chiarore lunare si rifletteva distorto evidenziando ogni tacca, ogni scheggiatura. «Cos'hai fatto?» stridette.

Le labbra rese violacee dal freddo si schiusero e la mente di Kala si pietrificò dal terrore nell'udire ciò che ne uscì. «Quello che era necessario», mormorarono due voci in perfetta sincronia, nate dalla stessa gola e dallo stesso fiato. La prima era la sua, appena roca ma da adolescente, mentre la seconda... la seconda era profonda e quasi cavernosa, simile al richiamo di un corno da caccia.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now