XVIII - I morti non parlano (pt.3)

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L'uomo vestito di nero si voltò verso il camino scoppiettante, muovendo qualche passo in quella direzione

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L'uomo vestito di nero si voltò verso il camino scoppiettante, muovendo qualche passo in quella direzione. «Così, incolpi me del cambiamento così drastico del suo carattere.» Una sottile vena di ironia era incuneata nella sua voce, melliflua e pericolosa come del veleno mischiato nel vino. La coppa girò ancora un paio di volte tra le pallide dita affusolate, catturando i riflessi del fuoco. «Non ti posso di certo biasimare: dopotutto, è stata la mia mano a guidare la lama. Eppure, amico mio, non hai mai pensato che non sono l'unico responsabile?»

«La guerra non ha che nutrito l'oscurità che tu le hai piantato nel cuore; non l'ha causata», rispose lo sciamano con tono talmente freddo e tagliente che parve congelare la danza agonizzante delle candele inclinate verso di lui.

«Non mi stavo riferendo a quello. Sei uno studioso di storia, Agrawaine: esattamente come un giocatore di Shabti, sai che ogni mossa ha una causa vicina. E una più remota», aggiunse il biondo, lasciandosi abilmente sfuggire la fugace ombra di un sorriso colmo di commiserazione.

«Conosco la tua lingua suadente, Pendragon. Non provare a manipolarmi.»

«Voglio solamente farti riflettere, amico mio. Pensaci: se tu non avessi sciaguratamente intuito in quel momento che io fossi il traditore, io non sarei stato costretto ad ucciderti. Né la tua sorellina mi avrebbe visto colpirti alle spalle e tagliarti la gola, se è per questo.» I suoi occhi di brace scivolarono verso lo sciamano, le labbra sottili appena incurvate. Agrawaine aveva capito: era evidente dal suo volto contratto, dalle nocche tirate appena visibili tra le braccia conserte. E il biondo trovava poche cose così stimolanti come il distruggere l'avversario con una mossa prevista quando ormai era troppo tardi. «E se lei non fosse così diventata un'altra scomoda testimone, quel coltello non sarebbe mai passato vicino alla sua pelle così fragrante del petto.»

«Dai la colpa a me delle tue azioni? La scelta è stata solamente tua.»

Il biondo sollevò la coppa davanti al viso, come se volesse osservare meglio le decorazioni incise nel metallo. «L'hai tradita, amico mio. Esattamente come l'hai appena tradita questa sera.»

Lo sciamano si pietrificò. «Nande t'hi ranha?», sibilò, neppure cosciente di aver istintivamente usato la sua lingua madre, quella parlata più di dieci millenni prima. Cosa stai dicendo?

L'indice dell'Elfo vestito di nero percorse l'orlo del calice in senso orario e poi in senso antiorario. «Vedi, da quando sono tornato nel mondo dei vivi, non una sola volta ti sei mostrato ai miei occhi per più di qualche istante. Di solito, ti limiti a causarmi... fastidiosi incidenti. Un inutile tentativo di vendetta o di farmi sentire il peso dei miei crimini?» Il sorriso sornione sulle sue labbra mal celava quanto trovasse patetiche entrambi gli scenari. «Quindi, mi domando: cos'è cambiato ora?»

Agrawaine non rispose, né si lasciò sfuggire qualche impercettibile movimento - il corrugarsi di un sopracciglio, il fremito di un dito - capace di rivelare agli occhi del suo avversario la verità. Non tentò tuttavia neppure di negare: sapeva che una menzogna rivelata poteva tradire perfino più del silenzio.

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora