XXIII - Filo spezzato (pt.4)

162 16 240
                                    


In un istante, scoppiò il putiferio: urla di spavento, imprecazioni e preghiere agli dei che echeggiavano nell'aria; persone che si alzavano o si accasciavano sul posto, altre che correvano verso la figura immobile della donna

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

In un istante, scoppiò il putiferio: urla di spavento, imprecazioni e preghiere agli dei che echeggiavano nell'aria; persone che si alzavano o si accasciavano sul posto, altre che correvano verso la figura immobile della donna.

«Vecchia», tuonò spaventato Aròn, chinandosi e raccogliendo tra le braccia il corpo esanime di Enur. Il volto era pallido e sudato, gli occhi serrati, le labbra sfoggiavano un inquietante violaceo scuro. Respirava a fatica, e i suoi rantoli sempre più stentati echeggiavano come lugubre campane funebri nelle orecchie di Kala.

Anche la ragazza si era precipitata dalla donna morente, tuttavia a differenza degli altri, lei non stava gridando o supplicando qualche divinità di curarla. Era in silenzio, i pugni stretti e lacrime di frustrazione che danzavano nei suoi occhi. Dabih, si sentiva così impotente! Lei sapeva cosa stava succedendo, lo aveva capito! Se solo avesse modo di sapere quale pianta...

Improvvisamente il suo sguardo scivolò di lato, verso il cucchiaio che la vecchia aveva strappato di mano ad Aròn, e il suo cuore sobbalzò nel petto. Le lacrime smisero di correre, gli occhi si riempirono di improvvisa determinazione e il velo opaco che ingarbugliava i suoi pensieri si squarciò. Dei!

Spintonando gli altri presenti, la ragazza si gettò in ginocchio per afferrare la posata di legno. I suoi muscoli erano tesi, le sue viscere strette in una morsa ferrea, ma nonostante tutto non si era mai sentita così concentrata, così lucida. Con movimenti frenetici raccolse un po' di confettura su un dito e la portò vicino al volto, annusando. Sbarrò gli occhi: conosceva quell'odore. Lo conosceva, per tutta Mag Mell!

Animata da un'improvvisa foga fece dardeggiare lo sguardo verso al calderone ancora ribollente, notando solo in quel momento qualcosa che quasi la fece sobbalzare di speranza: su uno sgabello vicino al fuoco era appoggiato un cestino semivuoto, in cui tuttavia rimaneva ancora una manciata di bacche rosse. Fu lì che la diciassettenne corse, ignorando le esclamazioni e le espressioni esterrefatte dei girovaghi.

Dabih, che la sua intuizione fosse corretta!

Respirando freneticamente schiacciò tra le dita una di quelle perle vermiglie, e poi una seconda e una terza. Macchie scarlatte imbrattavano la sua mano quando qualcuno la afferrò di spalle, tentando di allontanarla, dicendole qualcosa che non udì. La giovane protestò, scalciò, serrò con forza la bacca nella sua mano fino a farla scoppiare. Per tutta Mag Mell, doveva aver ragione, doveva! Non poteva...

Kala si pietrificò di colpo, il cuore che con un sussulto sprofondava nel petto. Con occhi sgranati osservava il succo di quell'ultima bacca colare dal suo palmo tremante, il suo rosso vivace che al contatto con l'aria stava rapidamente diventando di un cupo bluastro.

Aghaid. Stelle di Minhar.

«Timo!» gridò Kala, liberandosi dalla presa del girovago e precipitandosi verso la vecchia, immobile tra le braccia di Aròn. «Ho bisogno del timo! E del tarassacco, e del...»

I Lacci dell'Araldo  [Il Libro di Alethia, vol. I]Where stories live. Discover now