Capitolo 5

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Ancora chiuso nella stanza del rifugio continuo a immergere la testa tra i bellissimi testi di cui dispongo, alcuni nuovi, intatti, altri ingiallitisi con il tempo, impolverati, abbandonati al loro destino.

Ho sempre apprezzato gli scrittori contemporanei, ma i libri vecchi rimangono un grande patrimonio culturale, inestimabili.

Sicuramente quelli che mi affascinano di più sono i poemi omerici, pieni di miti, misteri, personaggi mitologici e affascinanti storie.

Quando ero piccolo, non appena mio padre mi aveva presentato il fantastico mondo della scrittura avevo provato l'irrefrenabile desiderio di diventare filologo, di interpretare e ricostruire il progetto iniziale di Omero prima che, tramite una serie indefinita di aedi, questi lo trasformassero a loro piacimento, modificandone l'intreccio.

Grazie al Cielo ho ricevuto un'istruzione adeguata a tale incarico, il che sicuramente è un privilegio in una società tanto conformista e arretrata quale è la mia.

Purtroppo, la macchina da guerra nazista ha messo fine alle mie ambizioni, costringendomi ad un destino prestabilito.

Forse la mia tendenza alla filologia è legata ad alcuni aspetti della mia vita, al desiderio di risaltarne la forma originale, all'opposizione contro una qualsiasi modifica non approvata.

Continuo a viaggiare tra le varie storie che occupano la scrivania, soffermandomi sul libro di mio padre che mi ha tanto commosso.

Il suo inno alla gioia, al patriottismo e all'uguaglianza tra popoli è stato coperto dalle promesse dei nazisti.
"Non preoccupatevi, è andato al ghetto", dicevano, eppure in quel ghetto, di mio padre, non ce n'era nemmeno un'impronta sbiadita.

Ricordo la delusione che ho provato quando, aprendo la porta con la cieca convinzione di trovarlo con qualche gioco di legno in mano, ho visto solo due sedie ribaltate, un letto logoro e varie macchie di umidità sul soffitto.

Curioso inoltre come la casa, o meglio, lo "sgabuzzino", fosse vuoto: evidentemente Scilla e Cariddi, spinti dalla fame, avevano mangiato tutti i gioielli e gli altri oggetti preziosi di famiglia...

Non ho nessuno su cui riporre la mia fiducia, ormai.

Mio padre è sparito da settimane, e sembra non si voglia far trovare.

Mia madre, tanto oppressa dalla scomparsa misteriosa del marito, ha mostrato tutta la sua codardia, permettendo che i nazisti facessero in casa sua quello che volevano.

Alexander, dopo avermi accolto come un figlio, mi ha chiuso in questa stanza come un carcerato.

E quanto alla mia fede, preferisco non toccare questo tasto.

Da una parte sono contento di essere stato portato qui dentro: sarò al sicuro dalle maschere e dalla viltà della gente.

Spero solo di non dover ricredermi sul mio apparente coraggio: l'Uri di un tempo sarebbe riuscito a imporre i propri diritti in quanto essere umano, a rendersi indipendente, a riunire la sua famiglia, a costo di riassembrarne i cocci come in un puzzle.

Il ragazzo che sono diventato corre invece contro il suo destino, cerca di scriverlo, ma non ha il coraggio di far sentire la propria voce.

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