Capitolo 26

68 10 7
                                    

Settimana della memoria
Libro del giorno: La scacchiera di Auschwitz

Alla fine l'ho fatto: ho preso coraggio, mi sono voltato, e mi sono avvicinato alle macerie della casa, camminando in modo tale che nessuno potesse vedermi.

Sotto a questi occhi giovani è passato di tutto: Ebrei in fila con le loro sedie in attesa di essere mandati nel ghetto, gioielli prelevati con forme vessatorie, abusi, violenze.

Ma mai, e dico mai ho vissuto un'esperienza più struggente di questa.

È in momenti come questo che ammiro Sheina per il coraggio che ha avuto, per la determinazione con cui si è allontanata arbitrariamente da questo mondo in putrefazione: è un qualche cosa che va oltre la logica umana, contro la decenza, i sani principi e i valori che stanno lasciando un vuoto incolmabile.

Vi chiederete a cosa mi stia riferendo, e, benché non voglia rivivere certi momenti, devo affrontare gli spettri del passato, se voglio vivere il futuro, nonostante non si riveli molto promettente.

E allora mi ritrovo a pensare, a chiudermi in me stesso come mai ho fatto prima d'ora, a sentire la gola secca e un tremore insistente alle mani.

La paura e il disgusto mi assalgono, disgusto verso una guerra che coinvolge civili e gli ulteriori crimini perpetrati da questi soldati che, oramai, più che marionette sembrano mine antiuomo.

Disgusto verso la mia condizione di Ebreo privilegiato, che, pur soffrendo, ha a disposizione ingenti possibilità per vivere, verso la mia impotenza davanti a simili orrori.

Ho visto la casa che mi ha ospitato per anni ridotta a un cumulo di sporcizia, soldati che, nonostante i danni dell'esplosione, si sono precipitati sul luogo del delitto, corpi deturpati spostati come bambole rotte.

E quel che mi rende ancor più distrutto è il fatto che quelle stesse bambole fossero i miei vecchi fratelli di sventure e fortune, i miei amici, gli orfanelli con cui ho condiviso giorni di allegria.

C'era Ben, che si dimenava per delle rovine cascate sul suo addome, la cui pena è stata sospesa da un colpo secco alla tempia, preciso, impeccabile.

C'era Zeev, spostato con facilità dalle SS, buttato chissà dove: tutta la sua infanzia distrutta da una mina.

C'era Zehava, il caro, vecchio Zehava, trovato dopo interminabili minuti con un volto irriconoscibile.

Ho visto Aaron: presumibilmente si era allontanato dalla casa per fare un giro nel bosco, essendo stato colpito di striscio.

Ciò nonostante, ha perso momentaneamente i sensi.

Quando pensavo che tutto fosse perduto, lui ha aperto gli occhi, mi ha visto, si è messo a sedere faticosamente, tenenendosi sui gomiti, mi ha sorriso, e si è accasciato con un rivolo di sangue sulla nuca.

Io sono riuscito a nascondermi per grazia divina: resta il fatto che avrei preferito condividere insieme a loro, oltre a tutte le esperienze vissute, anche gli ultimi momenti della mia esistenza.

Siamo stati una comunità, e in quanto tale è sempre stato nostro dovere condividere e sostenerci.

Nella neve candida, chiazze di sangue hanno reso la scena del crimine ancor più terrificante: quello che era stato versato era il sangue di una bambina che, con il suo cappottino scarlatto e la sua bambola di pezza, stava cercando di mettersi in salvo.

Gli altri sono rimasti orrendamente sepolti sotto le macerie.

In tutto questo, Alexander è sparito.

Ti sei messo in salvo?

Sei riuscito a fuggire prima che la tua comunità fosse massacrata?

Dovunque tu sia, ti auguro di stare bene.

Io, qui, alla ricerca di un altro angelo sceso in terra quale sei stato te, ti stringo forte al mio petto.

Chi sono? Sono il solito Uri scapestrato, alla ricerca di un rifugio che non sia stato intaccato dalla sporcizia di questo mondo.

Fine prima parte

In mezzo al sospiro del ventoWhere stories live. Discover now