Capitolo 49

45 5 4
                                    

È amaro il sentimento che covo in questo momento, mentre mi rigiro piagnucolante tra le lenzuola.

È amara la consapevolezza di aver vissuto così tanti mesi in un castello di carte il cui peso ora si è riversato sulle mie povere spalle.

È amaro sentire di essere stato raggirato in una maniera tanto subdola, così come amaro è il senso di colpa che provo verso Amos, costretto a condividere con me una vita che, forse, sarebbe stata paradossalmente meno dura al fianco di Albert.

È amaro sentire la mia mente elaborare una simile frase.

Ti stai sentendo, Uri? Sei un povero ragazzo folle che non sa più che pesci prendere. È un "odi et amo" con tua madre, con il suo dominatore personale, con Sarah e addirittura con Anja.

E sì, è decisamente amaro realizzare di essere stato raggirato dalla ragazza che ho amato così profondamente, e che mi ha ingannato con false promesse.

Perché sì, ho realizzato di amare Anja.

L'ho capito la scorsa settimana, quando mi ha accompagnato a cercare Amos in quella campagna, pur sapendo che girare a piede libero per la città con un ebreo può rivelarsi impresa ardua e pericolosa.

La osservavo, e non potevo capacitarmi di aver avuto una fortuna così grande: lei era lì, accanto a me, con i suoi capelli biondi, i suoi occhi trasparenti, i suoi movimenti aggraziati e il volto pallido per il freddo.

Io la tenevo stretta a me, tenevo il suo volto premuto sulla mia spalla, con l'altro braccio le cingevo la vita, e tentavo di riscaldarle il corpo e il cuore.

Lei non poteva fare altro che sorridere: lì, in quella stradina sterrata di campagna, nonostante la preoccupazione di essere usciti dal nostro nascondiglio sicuro, e la possibilità che non ci fosse nessun bambino ad accoglierci, lì il suo sorriso bastava a darmi coraggio e voglia di fare.

È lì, in quel momento tutto per noi, che ho realizzato di amarla veramente.

Quello che provo è un amore infantile, covato da troppo tempo per continuare ad essere tenuto nascosto, sincero, puro e vitale.

È proprio per questo che il senso di tradimento si fa ora ancora più ostile e travolgente.

***

Quanto tempo sarà passato dalla mia fuga nella camera da letto? Un paio d'ore? Un intero pomeriggio? O forse un giorno intero?

Sta di fatto che, a interrompere il mio insistente dormiveglia, arriva la voce di Anja dall'altro capo della porta.

Sento prima un rumore continuo, e quasi percepisco il calore della sua schiena che scivola sulla porta.

«Uri, sei sveglio?» mi chiede.

Io non le rispondo. Nonostante la sua voce rotta dai pianti mi strappi il cuore dal petto, il senso di orgoglio mi pervade.

«Uri, io non avevo assolutamente intenzione di ferirti. Ho scoperto da poco cosa avesse fatto mio padre. L'ho realizzato quando ho sentito la voce di Amos per la prima volta. Mio padre aveva degli orari molto flessibili, e alcune volte addirittura non tornava a dormire a casa. I litigi con i miei genitori aumentavano a colpo d'occhio, e mia madre non faceva altro che fare commenti sulla sua amante.
Non mi ha mai parlato nello specifico del suo lavoro: sapevo che era un soldato come tutti, ma a causa della poca confidenza non mi aveva mai parlato della sua esperienza nel ghetto. Partiva la mattina con la sua uniforme linda e pulita, e la sera sfregava le macchioline di sangue sulle braccia con noncuranza.
Mio fratello ha deliberatamente deciso di andarsene di casa: il suo compito era quello di salvare le persone, non di allungare la loro agonia, e non voleva avere niente a che fare con un uomo così.
Io invece ingoiavo. Ho pensato spesso di trasferirmi qui, ma la mancanza di un lavoro stabile e di uno stipendio mi hanno frenata.
È quando Amos ha nominato il suo nome che ho realizzato tutto: i litigi, le frecciatine di mia madre, la sua assenza, il sangue... tutto.
Ti giuro sul mio cuore, Uri, che se solo oserà torcere un altro capello a te, ai tuoi fratelli o a tua madre, io lo bloccherò. Non so come, ma ce la farò» mi dice ostinatamente, singhiozzando.

«Perché io ti amo veramente, Uri. Sono una ragazzina, lo so, e non puoi immaginarti quanta vergogna io provi nel dirtelo, ma ti amo incondizionatamente, ne sono certa. E se vorrai credermi, io sarò qui. In caso contrario, non ti lascerò comunque.
Ora non so se tu stia dormendo, anche se, conoscendoti, starai solo facendo finta: non ti sento respirare profondamente come facevi all'ospedale- ridacchia-. In ogni caso, ti lascio questa lettera. A presto» mi dice.

Vedo un foglietto di carta scivolare sotto la porta, e solo quando la sento parlare nel soggiorno con Sarah lo raccolgo.

Mi riadagio sul letto, rigirandomi la lettera tra le dita, insicuro se leggerla o meno. Dopo tanti "se" e "ma" la poso sul comodino.

Ora io, con la mano tremante e mille emozioni, sento l'esigenza di scrivere.

Prendo un foglio, un libro per sostenermi, e con le risate dei ragazzini che fanno da sottofondo inizio a scrivere.

Cara mamma,
ormai ho perso il conto di tutte le volte in cui ti ho inspiegabilmente indirizzato una lettera con le idee ancora confuse, ma questa volta sono più sicuro che mai di ciò che provo nei tuoi confronti.
Mamma, ti voglio bene. Questa è una giornata particolare: sono nella mia camera, a cercare di capire se io non abbia effettivamente immaginato la realtà attorno a me in maniera diversa.
Sono confuso, amareggiato e stupito, ma soprattutto pentito.
Mamma, non è il trucco a renderti perfetta ai miei occhi, e né tantomeno il volto tumefatto delle altre settimane a toglierti credibilità: te sei perfetta così come sei, con tutta la tua grinta e la tua tenacia.
Ho passato mesi a provare odio nei tuoi confronti. Ai miei occhi, mamma, te eri quella che aveva tradito il marito, quella persona che si era abbandonata alle braccia di un altro, ma solo ora mi rendo conto di quanto in verità tu abbia sofferto.
Torno con la mente al passato, e vedo esattamente il momento in cui quel bastardo è entrato nel ghetto con troppo alcool e furore che gli scorrevano nelle vene. La realtà dei fatti è questa, mamma: te quella sera rientravi con noi a casa, tentando di farci ambientare in quella nuova realtà. Lui barcollava, e ti ha sopraffatto con la sua altezza e la sua robustezza. Ti ha spinto dentro casa, mentre tu tentavi di allontanarlo. Quando hai notato quanto le urla fossero inutili, mi hai guardato, implorandomi di portare con me i miei fratelli. Io impotente ho chiesto aiuto per la strada, ma sembrava che tutti dormissero. Ho portato con me i miei fratellini, abbiamo girato lì intorno, e quando l'ho visto uscire, allora siamo rientrati, e abbiamo cenato come se niente fosse.
Solo ora capisco quanto, tra i due, io sia stato il più codardo. Ti ho abbandonata, ti ho derisa, ti ho umiliata e ti ho portato via i tuoi affetti.
Quanto vorrei aver fatto qualcosa di produttivo. Avrei voluto trovare mio padre, allontanare quell'uomo e vivere fino alla fine della guerra, ma questa sembra non aver fine.
Ti prego di perdonarmi.
Io, dopo tanto tempo, ti mando un forte abbraccio.
                                                                Uri

In mezzo al sospiro del ventoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora