Capitolo 31

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La permanenza nell'ospedale procede con assoluta regolarità.

Sto passando giornate monotone nell'ospedale, ma, in compenso, ho un letto caldo e qualcosa da mangiare e da bere.

Temevo che un'infermiera o lo stesso fratello di Anja, come da protocollo, potessero sottopormi ai loro controlli di routine, ma, per grazia di Dio, quella ragazza deve essere riuscita a trovare un espediente per allontanarli.

Essendo circondato da una tendina che mi oscura la vista quasi non riesco a percepire lo scorrere del tempo, e l'alternarsi tra luce e buio.

Ultimamente ho iniziato ad avere degli incubi, forse per il senso di solitudine, o per le circostanze.

La strage nel rifugio è stato un evento che mi ha lasciato una ferita profondissima nel cuore, che niente e nessuno riuscirà a curare.

L'unico contatto con gli esseri viventi che ho è con Anja: lei passa tre volte al giorno per darmi del cibo e, molto spesso, si siede sul letto, parlando e ascoltando.

Quella ragazza è un tornado che non si placa: trascorre gran parte delle sue giornate in questo edificio, apprendendo nuove nozioni dal fratello e tentando di rendersi utile, e l'unica fonte di distrazione è rappresentata dalle conversazioni deprimenti e liberatorie che intrattengo con lei.

In quest'ultimo periodo ho avuto modo di scoprire qualcosa di più su di lei: i genitori, gente semplice, vivono in periferia, lontano dal caos cittadino e dagli edifici pericolanti, nonostante lei non mi abbia nascosto di essere preoccupata per la precarietà di quell'abitazione, vista la posizione e i tempi che corrono.

Lei arriva puntualmente ogni mattina in bicicletta, e non c'è giorno in cui decida di rimanere a casa, per concedersi del meritato riposo, mentre il fratello usufruisce del convitto della struttura ospedaliera.

Lui sembra un ragazzo per bene; ciò nonostante, voglio evitare di avere problemi o "contrattempi", pertanto, di comune accordo con la sorella, ho deciso di non metterlo al corrente della situazione.

Io cerco di sembrare più allegro, e di ricompensarla con infinita gratitudine, eppure mi faccio costantemente sopraffare dal mio dolore.

Non passa giorno in cui non parli della morte dei miei cari compagni, delle immagini devastanti che mi sono trovato davanti e del fatto che non riesca ancora a capacitarmi della loro scomparsa.

Se ho pianto? Sì, e anche troppo.

Dopo essere rimasto per tanto tempo sdraiato su questo letto d'ospedale come un vegetale ho dato segni di vita.

Anja è stata l'unica ad aver assistito alla mia evoluzione: per tanto, troppo tempo sono stato brusco, e ho a malapena toccato cibo.

Ma i giorni passano, e con questi rielaborare il dolore non sembra più un'impresa così ardua, pertanto ho riassemblato i cocci della mia vita e ho iniziato a liberarmi con lei, a scrivere storie con la carta che mi ha gentilmente portato e a svuotare il piatto colmo di cibo del suo contenuto.

Il mangiare non è dei migliori, ma mi accontento, pensando soprattutto a quando, dopo essere uscito dal ghetto, ho vagato come un cane randagio per giorni e giorni, o a quando, portando Alexander nel centro della città con Aaron per fargli medicare la ferita alla spalla, ho pensato di poter arrivare a toccare il fondo per le energie che venivano via via meno e la scarsità di risorse.

Ripenso spesso al nostro salvatore, al coraggio che ha avuto a creare una comitiva di fuggiaschi ebrei e al modo in cui Dio lo ha castigato.

Confido nel fatto che, non avendo individuato il suo corpo tra le macerie, si sia messo in salvo.

Oh, caro Alexander, quale maleficio si è abbattuto sulle nostre vite?

Ho bisogno di quella guida spirituale che sei sempre stato per me, che mi ha salvato dalla morte, che mi ha mandato sulla retta via e ha forgiato il mio carattere.

Le tue parole risuonano e vivono nel soffio del vento.

Vivi nei miei rari sorrisi.

Vivi nei libri che leggo, e nel profumo delle pagine.

Vivi nel mio cuore, insieme a questa ragazza che mi sta insegnando a voler bene e a volermi bene.

In mezzo al sospiro del ventoWhere stories live. Discover now