Capitolo 33

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È un paradosso, ne sono consapevole, ma le giornate, qui, in questa angusta stanza d'ospedale, passano velocemente.

Ho perso da tempo il conto delle giornate, e, d'altro canto, oramai ho una concezione del tempo decisamente confusa, eppure il suono dei carrelli che passano oltre la tenda suona come il rintocco delle campane che scandiscono i vari momenti.

È una permanenza piacevole, quella nella struttura, specialmente se hai una ragazza al tuo fianco che, intrepida e coraggiosa, ti presenta furtivamente un nuovo amico.

Sono uscito poche volte dalla stanza, e sto cercando disperatamente un nuovo hobby che possa tenermi occupato in questa struttura.

Girare per i corridoi senza passare inosservato è difficile, specie se hai nei dintorni nugoli di soldati feriti che non aspettano nient'altro che ritornare alla loro vecchia e "nobilissima" mansione, eppure in qualche modo si riesce sempre.

È possibile, ad esempio, essere trasportati in barella da una parte all'altra: è un'azione estrema, ma il comfort e la protezione sono assicurati.

Anja ha deciso di ricorrere a questa soluzione un po' di tempo fa, quando, visto il mio morale ancora sotto i piedi e il modo in cui avevo da ridire per la noia, spinta dalla frustrazione ha reclinato lo schienale e mi ha portato fuori dalla piccola stanza.

Il contatto con la luce che entrava dalle finestre è stato un pugno per i miei occhi abituati alla bassa luminosità di quella stanzetta, ma è stato un attimo: poco tempo dopo, ero già in un'altra stanza, abbandonato da Anja vicino ad un ragazzo massiccio che, sconvolto, si è voltato appena e mi ha salutato con un gesto insicuro della mano.

"Tranquillo, lui è il nuovo I.E.S.A." gli ha spiegato la piccola dottoressa, richiudendo la tenda.

Dopo secondi di silenzio, ho scoperto che la sigla sta per "Intruso Ebreo Segretamente Accolto": un altro bel modo per etichettare noi giudei.

Ho scoperto che si chiama Yaacov, ha poco più di vent'anni ed è stato ricoverato per una colluttazione con un nazista avvenuta mesi fa: Anja, vista la scena, che si è consumata sulla strada che è tutt'oggi solita seguire per andare all'ospedale, lo ha medicato sul posto, e lo ha portato dentro con l'aiuto di un'infermiera, nascondendo rigorosamente la giacca che il ragazzo portava.

La nostra prima conversazione si è basata esclusivamente su Anja, sul suo coraggio, sulla sua simpatia e sul modo in cui sa essere gentile senza passare per una sprovveduta o una ragazza volubile.

Non siamo scesi nei particolari sulle nostre vite, ma, dalle ferite che riporta, posso dedurre che quella non sia stata l'unica serie di scazzottate di cui è stato protagonista.

Se c'è una cosa su cui si è sbilanciato, però, è sul suo stato d'animo: si sente benedetto e pieno di gratitudine, ma non mi ha negato di provare timore per se stesso e per Anja, considerando che i soldati, con ogni probabilità, passeranno in rassegna anche questo piano.

Mentre rifletto sul nostro incontro inusuale sono sul letto, come sempre, con le gambe incrociate e una benda sulla fronte: essendo un ragazzo fin troppo dinamico, questa notte sono caduto dal letto, e ho sbattuto violentemente la testa.

La medicazione, per lo meno, potrà essere un buon modo per ingannare le infermiere.

Il modo in cui mi muovo in maniera convulsa mi fa ripensare a Zeev, a quel piccolo e ingenuo bambino che io e Aaron abbiamo salvato quando aveva perso tutto ciò che di più caro gli era rimasto al mondo.

In quel momento ero certo che portarlo nel rifugio fosse la scelta più sensata, eppure non posso reprimere il pensiero che quella mossa lo abbia portato ad una morte prematura: con ogni probabilità, se non lo avessi tenuto con me, astuto com'era avrebbe trovato una soluzione più congeniale, e non sarebbe caduto sotto la violenza mortale dei bombardamenti e le macerie voluminose.

Anja ha tentato di farmi da terapeuta: d'altro canto, oltre ad avermi presentato un nuovo, possibile amico, mi è stata accanto nei momenti più difficili e deboli, mi ha dato consigli e ha cercato di cancellare dalla mia mente tutto ciò che di brutto c'è nel mondo.

Sento il carrello passare come ogni singola giornata.

Dalla tenda, come previsto, entra la mia bellissima dottoressa.

«Felice 21 marzo, mio caro amico. Ti ho portato dei fiori per diffondere anche in questa stanza il profumo della primavera!» esclama con vigore Anja, poggiando sul piccolo comodino un vaso con dei fiori bianchi freschi.

«Ti ringrazio per il pensiero gentile» le dico, sdraiandomi dalla parte opposta.

«Hey Uri, cosa succede? Ti ho detto che quando dei brutti pensieri tornano ad occupare la tua mente, tu devi dirmelo immediatamente, così che io possa aiutarti» mi ricorda la ragazza.

«Solite cose. Pensavo ad un bambino del rifugio, Zeev, che ho trovato per strada quando Alexander era ricoverato qui. Qualche bestia gli aveva portato via la famiglia, e io l'ho accolto, come se fosse un compito che era di mia competenza, nella nostra casa. L'ho solo condotto verso la morte» le spiego, girandomi verso di lei.

«Sono sicura che quel bambino abbia apprezzato il tempo trascorso con voi. Sei sempre così negativo, Uri: tu vedi solo gli aspetti peggiori della vita tua e degli altri, con troppi se e ma. E allora usiamo il tuo metodo: cosa sarebbe successo se, invece, avessi lasciato un bambino da solo, in città? Sarebbe sopravvissuto abbastanza da poter vedere la neve cadere, la pioggia scendere e il sole tramontare? O quella stessa bestia che ha sterminato la sua famiglia avrebbe completato l'opera senza battere ciglio?»

Il suo discorso è comprensibilissimo, ma preferisco rimanere fermo sui miei passi.

Lei capisce il mio atteggiamento, e risponde: «perfetto. Prima che i tuoi pensieri poco veritieri ti conducano all'orlo della follia, però, vorrei presentarti una persona. È una signora che ha partorito ieri sera. È venuta nell'ospedale con delle insopportabili doglie, e le infermiere, pur avendo capito il pericolo che avrebbero corso dando aiuto ad un'ebrea, hanno preferito far nascere un'altra ingenua vita. Uscirà domani, quando si sarà completamente ripresa, onde evitare ulteriori pericoli per lei e per la creatura.»

Anja mi invita ad alzarmi, dato che pochi metri separano le nostre stanze.

Mentre cammino, non posso non pensare a quanto l'acqua corrente e un profumo decente mi manchino.

Anja sposta la tenda, facendomi spazio per farmi entrare.

Dentro la stanza, le lacrime si accumulano per la commozione e la sorpresa.

«Malka!» esclamo, correndo verso il suo letto.

In mezzo al sospiro del ventoWhere stories live. Discover now