L'INIZIO.

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Passò circa una settimana, prima di riuscire ad ottenere il permesso per interrogare Marco Mengoni.
Sinceramente, non pensavo ci sarei mai riuscita ad avvicinarmi così a lui.
Dovetti firmare tante liberatorie per privacy.
Nemmeno sotto tortura, avrei dovuto parlare di Marco.

Misi la mia 'divisa', pantaloni nera, una camicia bianca e una lunga giacca scura estiva.
Come al solito; legai i capelli, ma questa volta, la coda era perfetta.

'Sono giù, muoviti.'
Mi scrive Rey.
Prendo la borsa piena di documenti e fogli bianchi, poi raggiungo Rey in auto.
"Prima regola, lascia parlare me, tu devi aprire la
bocca solo quando stai interrogando Marco. Devi essere dalla sua parte, quindi cerca di non esagerare con il tono di voce, non metterlo troppo sotto pressione."
Rimango perplessa.
"È un probabile assassino, e non devo essere 'dura' nei suoi riguardi?"
Chiedo.
"Capirai il motivo per cui ti ho detto questo, solo una volta che avrai Marco di fronte. Sarete soli nella stanza, solo io, che sono il tuo supervisore e il difensore di Marco, potremmo guardavi dalla stanza dietro lo specchio.
Tutto chiaro?"
Annuisco.
Non era la prima volta che interrogavo qualcuno, ma era la prima volta che interrogavo qualcuno di così importante per la gente.
"Summer, non devi dire niente di Marco, ho paura di cosa potrebbe succedere, devi tenere per te, tutto ciò che dice."
Annuisco di nuovo.
Sapevo che una persona accusata di omicidio era da trattare coi guanti, potevano andare storte mille cose, e non gli era concesso, di vedere conoscenti o parenti fin che non era in tribunale per il verdetto.
"Ora in breve ti racconto, cosa Marco ha rilasciato il primo giorno di carcere.
È stato ritrovato il corpo di una ragazza, Anna, dentro la sua camera di Hotel a Torino.
Marco ha detto che quando è tornato, aveva notato che la serratura era stata scassinata.
Anna aveva in mano, la chiave della stanza, quindi non è stata lei a scassinarla, quindi è arrivato qualcun altro, Marco ha trovato il corpo circa dopo 1 ora che era stata uccisa.
Alla reception nessuno ha visto che..."
Alzo la mano.
"Scusa Rey, ma prima voglio sentire Marco, e dopo la tua, o quando lo interrogherò mi verrano in mente solo domande riguardo quello che mi dici, e non riuscirò a trovare domande magari più, utili nulla mia testa."
Lui sorride.
"Ottimo, concordo. Ma non dire a nessuno che hai rifiutato di ascoltare la storia rilasciata da lui.
Allora entriamo."
Dice parcheggiando fuori dal carcere.

Mette i brividi.
È così, silenzioso.
La struttura è circondata da filo spinato e telecamera di alta sorveglianza.
"Ma non avrebbero dovuto tenerlo fermo per solo 48h? Perché è ancora qui se non hanno scoperto nulla?"
Chiedo.
"Perché qualcosa abbiamo, ma, in realtà; Marco non vuole uscire fin che non abbiamo le prove che lui sia innocente al 100%. Penso per mostrare alla gente comune, che lui non è un assassino."
Capisco...
"Da quante persone è stato interrogato?"
Chiedo.
"Da tre persone, e ha sempre rilasciato la stessa versione esatta."

Due poliziotti ci aprono la porta principale.
C'è odore di chiuso e di sudore qua dentro.
"Metti due firme qua."
Così faccio.
Poi un grosso uomo mulatto, ci accompagna alla stanza dell'interrogazione.
"Pensavo ci fossero più persone."
Sussurro.
"Summer, lui non vuole nessuno qua, solo chi interroga e chi deve ascoltare."
Eravamo in totale 5, dentro quella stanza senza finestre.
Era tutta grigio topo, e dallo specchio di vedeva il tavolo dove mi sarei dovuta mettere.
"Io sono Charlie."
Dice un ragazzo porgendoci la mano.
"Sono il secondo investigatore, pare che lavoreremo
insieme."
Aveva capelli scuri e occhi azzurri, se non fossi qui, gli avrei chiesto una cena.
Ma dov'era il "protettore" di Marco?
Poi si presentò Hank, un uomo sulla cinquantina, che ascoltava e supervisionava la tecnologia raggruppata lì dentro.
Il ragazzo mulatto uscì dalla stanza.
Siamo in 4.

Mi accomodai sulla sedia in legno, togliendo borsa e cappotto, lasciando i documenti del minimo che dovevo sapere sull'accusa a Marco.

Dopo interminabili minuti, sentii la porta aprirsi, e vidi Marco entrare.
Perché aveva le manette? Non mi sembra il caso di lasciargliele ai polsi.
Guardai subito verso lo specchio, ma non potevo vedere Rey, però sapevo che lui mi stava guardando.
Non aveva la tenuta da carcerato, perché in effetti, non lo è.
Aveva una maglietta a maniche corte nera e una tuta grigia.
Marco si mise subito seduto di fronte a me, e la prima cosa che fece, fu guardare la telecamera nell'angolo sinistro.
"Ciao Marco. Io sono Summer."
Lui mi sorrise.
Rimasi spiazzata.
Nessuno sorrideva in questa situazione.
"Queste procedure mi mandano fuori di testa."
Dice lui.
"Perché ?"
Chiesi.
"Mi sembra di dire cose sbagliate anche quando sono giuste, hanno sempre quello sguardo serio, come se stessi dicendo cazzate."
Guardai di nuovo verso lo specchio.
"È la prima volta che qualcuno mi dice 'ciao', qui dentro."
Mi scappa un sorriso.
'Merda, devi stare seria.'
"Marco, sai perché sei qui?"
Odio fare questa domanda, certo che lo sa, lo sanno sempre.
"Si..."
Si prese una pausa.
"Lo so."
I suoi occhi scuri divennero subito lucidi.
Erano fissi suoi miei occhi chiari.
'Per quale dannato motivo ha le manette?!.'
"Scusami un attimo."
Dico mentre esco dalla stanza.
"Rey, cazzo, toglili le manette."
"Summer torna di la."
Impunto i piedi.
"Dammi le chiavi. Rey."
Hank allunga la mano verso di me e, mi passa delle piccole chiavi.
"Non sei la sua psicologa."
Dice Rey mentre mi chiudo la porta alle spalle.

"Dammi le mani, su."
Dico a Marco.
Mi avvicinai a lui e tolsi quei pezzi gelidi dai polsi.
Erano così strette che aveva la pelle quasi viola per i lividi.
"Ti avranno già fatto un sacco di domande, riguardo al caso."
Dico sedendomi.
"Io voglio sapere, perché ti hanno messo le manette?"
Abbassa lo sguardo.
"Ho... Aggredito il primo investigatore arrivato qui."
'Devi essere dalla sua parte'
Rey aveva paura che mi colpisse?
Stronzate.
"Marco..."
Lui non smetteva di fissarsi i polsi.
"Marco guardami."
Dissi con tono pacato.
Lui alzò gli occhi sui miei.
"Io ti tirerò fuori di qui, con le prove in mano, che sei innocente. Ma non puoi stare chiuso in questa cella."
Era strano. Non sembrava felice di stare lì, eppure non voleva andarsene.
"Pensi che io voglia stare chiuso qui?"
Guardai verso lo specchio.
Maledetto Rey.
"È quello che mi è stato detto."
"Allora ti hanno detto una stronzata. Più passano i giorni, più loro trovano prove contro di me, se potessi dire le cose come stanno, forse sarei fuori adesso."
Sono confusa.
"Perché non puoi dirlo?"
Chiedo.
"Summer, non sono quello che tutti pensano, o meglio, non sono solo quello. Non ho intenzione di tornare a cantare uscito da qui."
Non capisco...
"Cosa penserà la gente ora? Le persone che mi seguono? Non ho mai fatto male ad una mosca e, ora sono in carcere... Li ho delusi tutti."
Sento la porta dietro di me aprirsi.
"Tempo scaduto, andiamo."
Dice il ragazzo mulatto con accanto una guardia.
Marco si alza e tirato dalle braccia lo riportano nella sua cella.
In teoria, non c'è una scadenza durante una interrogazione ma, sembrava volessero farlo smettere di parlare.
Rimango seduta lì, con il freddo e il silenzio di quella stanza vuota.

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Where stories live. Discover now