PROCESSO

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Passai quei giorni in totale isolamento, potevo parlare con me stessa senza aver paura di essere giudicata.
Ho riflettuto, ho pensato e accettato il mio momentaneo destino.
Avrei avuto sicuramente ripercussioni sul mio distintivo da detective, ma insomma, la mia pausa con il mio lavoro era durato abbastanza, inutile dirsi bugie, il mio licenziamento sarebbe durato in eterno.
Ho perso me stessa.
Ho perso tutto ciò per cui mi sono sempre impegnata.

"Come risponde all'accusa dell'omicidio di Samanta?"
Chiese il giudice con il martelletto in mano.
"Non sono colpevole vostro onore. Non sono stata io a sparare."
Risposi.
Accanto a me sedavano Marco e l'avvocato.
Nell'altra cattedra c'era una donna e un avvocato, in difesa di chi mi aveva accusata.
"Abbiamo le prove che lei ha usato l'arma che l'ha uccisa."
Continua lui.
"Impossibile, io sono una detective e l'unica arma che posso utilizzare per difesa, è una pistola di base, ero presente sulla scena, e quello era un foro da cecchino."
Confessai.
Dovevo solo essere sincera, insomma, io sono innocente.
Non sapevo nulla di come avevano strutturato l storia, di dove avevano detto fosse stata uccisa, e del perché. Sicuramente non potevano parlare dell'Order e dell'Onda.
Andammo avanti con una serie di domande, sia da parte del giudice sia da parte dei difensori della persona che mi aveva accusata.
Ovviamente come previsto, mi condannarono ad anni da definirsi in prigione.
L'omicidio non era ancora sicuro, quindi, non ero ancora giudicata come assassina, ma invece che lasciarmi in libertà vigilata, hanno deciso di rinchiudermi fin che non decideranno la mia pena.

Ringraziai tutti i presenti, e uscii da quella stanza fredda.
"Sei andata bene!"
Dice Marco.
L'avvocato non si era degnato nemmeno di salutarmi, poi, capii il perché.
"Leonardo?"
Dissi incredula vedendolo entrare.
"Summer!"
Mi abbraccia forte.
"Sono qui per salvarti, come ho già fatto."
Il mio ex fidanzato era venuto qui solo per me? Wow.
"Marco che piacere rivederti."
Disse tendendogli la mano.
"Vorrei poter dire lo stesso."
Rispose lui stringendogliela.
Sorrisi a quel momento imbarazzante.
"Non passerai più di due settimane lì dentro, non preoccuparti, ci sono io adesso."
Dice accarezzandomi il braccio.
Marco mi prese la mano e mi trascinò via.
"Lo hai chiamato tu?"
Chiese.
"Cosa? No, certo che no."
Dissi.
"Come lo ha saputo?."
Feci spallucce.
"Hai già chiamato mia madre per caso?"
Lui annuii e capimmo chi era il colpevole.
"Non essere geloso Marco, ricordi? Eravamo rimasti in buoni rapporti con lui."
Mi rispose con uno sbuffo.
"L'importante è che ti tiri fuori di qui!"
Esordisce lui.
"Cosa dicevi? C'è una cosa che devi confessarmi no?"
Dissi ricordandogli quel momento.
"Sapevo che avrebbero ucciso Samanta ma, in quel momento non mi importava."
Disse tutto d'un fiato.
"Woah, pensavo ci avresti messo più tempo a dirlo."
Lui abbassa lo sguardo.
"Non mi spiego come sia riuscita a portare fuori sia me che te senza morire."
Dico io.
"Questo non lo so, forse loro volevano che io me ne andassi, ma uccidendo lei."
Cercai qualsiasi possibile spiegazione, ma non ne trovai nemmeno una, probabilmente l'unica a saperlo è la stessa che è morta.

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora