SEGNALI.

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Andammo a piedi fino al bar, era letteralmente attaccato alla palestra.
Sembravano tutti così amici, mi sentivo così fuori luogo.
Persino Marco parlava con loro come se li conoscesse da una vita...
Forse era così.
Ci accomodammo ad un tavolo all'aperto, era rotondo, almeno potevamo guardarci tutti negli occhi, cosa che avrei preferito evitare x
Ordinai solo una bottiglietta d'acqua, non volevo bere niente di pesante o gasato dopo aver fatto 'allenamento.'
Marco invece si prese una birra, era seduto accanto a me, mentre di fronte avevo Rayan.
"Da quanto vi conoscete?"
Chiese Tia.
"Non da molto in realtà."
Rispose frettoloso Marco.
"Giravano voci che vi frequentavate, pensavo non si potesse fare fra colleghi."
Dice Nancy.
"Si può, e comunque non sono affari tuoi."
Risponde Rayan.
"Perdonala, mia sorella è insopportabile."
SORELLA? Non si assomigliavano per niente.
Lei perfetta e castana.
Lui biondo con boccoli ribelli.
"Non ci frequentavamo, siamo solo amici."
Deglutii a fatica la mia acqua, mentre Marco aveva appena iniziato a bere la birra.
"Sembri simpatica, dovresti uscire con noi qualche volta."
Esordisce Johnny.
"Mi farebbe piacere."
Avrei potuto avere degli amici... Che avrei probabilmente deluso prima o poi.
"...Forse."
Aggiunsi alla fine.
Mi guardarono un po' storto.
"Se non vuoi uscire con loro, potresti uscire una sera da sola con me."
Disse sorridendo Finley.
Non sopportavo quei baffi così folti.
"Devi sempre provarci con tutte."
Si lamenta Betty.
"È il tuo ex, non lo direi ad alta voce."
Risponde Nancy.
Iniziai a fare conversazione. Iniziai ad inquadrarli un po' tutti.
Avevano tante storie da raccontare.
Marco sorrideva a qualche battuta, ma non si apriva mai, quel sorriso che mi faceva perdere la testa.
"Come mai siete così amici? Sembrate molto in sintonia."
Chiede curiosa Betty, mentre scostava una ciocca di capelli rossi dal viso.
"Non siamo in sintonia, da quando siamo amici litighiamo praticamente ogni giorno."
Risponde Marco.
Mi morsi il labbro.
Sono davvero così insopportabile?
"Che tatto."
Dice Nancy.
"A lei non importa quello che dico, non preoccuparti, non si offende."
Le risponde, Marco.
Forzai un sorriso.
Stava cercando di ferirmi?
Lo pensava davvero?
"Forse è a te che non importa come posso rimanerci quando dici certe cose."
Ribatto, continuando a sorridere.
Lui fece spallucce.
Si ammutolirono tutti per qualche secondo.
"Summer, lasciami il numero, una sera di queste possiamo vederci tutti insieme."
Dice mentre mi porge il suo telefono.
Scrivo il mio contatto.
"Perfetto."
Conclude lui.
"Noi dobbiamo proprio andare adesso."
Dice Marco alzandosi in piedi.
"Summer non può rimanere?"
Chiede Tia.
"Lasciacela ancora un po', la riportiamo noi a casa."
Dice Johnny.
Marco mi guarda per pochi secondi.
Come se dovesse fare una scelta troppo difficile.
"Che vuoi fare?"
Mi chiese.
"Se vuoi che venga, non c'è problema."
Rispondo io.
"Tu hai insistito, puoi anche rimanere qui se vuoi."
Li guardai tutti, e loro fissavano me.
Non volevo lasciarli così, ma dopo tutte le cose che sono successe, ero sempre preoccupata per Marco.
"Summer, decidi per favore, o faccio tardi."
Mi mette fretta lui.
"D'accordo vengo."
Dico rassegnata ai miei sentimenti e paure.
Li salutai tutti con un bacio sulla guancia.
Non vedevo l'ora di domani per incontrarli di nuovo alla lezione di autodifesa.

[...]

Restammo in silenzio per quei quindici minuti di strada, non sapevo cosa dire, mi aveva trattata in modo strano ed ero un po' offesa con lui.
Entrammo nel ristorante e ci sedemmo nell'angolo del posto, dove la luce era più soffusa.
"Non hai paura ti riconosca?"
Chiesi.
"No, non mi ha mai visto alla sede."
Feci spallucce.
"Ma sei Marco Men-"
"Sono Marco, punto."
Dice lui prima che potessi finire di parlare.
"Stai bene?"
Chiesi appoggiandogli la mano sul braccio.
"Arrivano."
Disse alzando il menù per coprirsi il volto.
Erano due uomini sulla quarantina.
"Quello tatuato è dei nostri."
Dice.
Loro si misero due tavoli avanti a noi, per fortuna Marco era girato di schiena, almeno non lo avrebbero visto in faccia.
"Come facciamo a sentire?"
Chiesi.
Lui tirò fuori due auricolari dalla tasca.
"Ero d'accordo con il cameriere, sapevo li avrebbe Messi li, quindi, ho attaccato un microfono sotto il tavolo."
Sorrido.
"Astuto."

Ordinammo due pizze, mentre loro parlavano di famiglia, soldi e donne.
Non erano ancora arrivati a toccare quel discorso che Marco aspettava tanto.
Mentre stavo mandando giù un boccone di pizza, lui si mette dritto con la schiena e mi guarda dritta negli occhi.
"Che succede?"
Sembrava terrorizzato.
"È armato."
Disse sotto voce.
"Guarda la scarpa."
Così feci, e notai una pistola nascosta sotto il pantalone.
"Fará qualche stupidata?"
Chiesi preoccupata.
"Non credo, forse è solo per precauzione."
Mi tranquillizza lui.
"Cerchiamo di non fare stronzate, almeno questa volta."
Dico, e Marco mi guarda un po' stranito.
"Pensavo ti piacesse il pericolo, dove ci sono guai, c'è Summer."
Faccio spallucce.
Sono stufa.
"Hai intenzione di trattarmi così fin che avrò vita?"
Chiesi.
"Trattarti come?"
Fa il vago.
"Pensi non ci sia rimasta male per come hai parlato al bar?"
Gli feci notare io.
"Non è il momento Summer."
Già, non è mai il momento.
Marco continuava a guadare il suo piatto, ma io ogni tanto osservavo alle sue spalle i due uomini.
Dagli auricolari sentimmo che si salutarono.
"Non hanno detto niente, perché se ne vanno?"
Dice Marco nel panico.
"Perché si salutano dentro?"
Chiesi io.
L'uomo di Charlie esce dal ristorante.
Mentre vedo il 'nostro' avvicinarsi prendendo con se una sedia.
"Perché fai quella faccia?"
Chiede Marco notando il mio terrore.
"Sta venendo qui."
Dissi io.

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora