THOMAS

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Avevo scoperto qualcosa su Thomas, era stato arrestato con prove schiaccianti di violenza sessuale, mi stupii sapere che Ruby fosse la sua ragazza, mi sembrava una tipa tosta, ma la vittima di Thomas non era lei, bensì, una ragazza minorenne.
Marco riuscì ad incastrarlo...
Ero riuscita a trovare la cartella privata del caso, per fortuna avevo ancora accesso a queste tipo di cose.
La ragazza fu violentata, e dopo averla dopata, la gettò in acqua, era una notte d'estate e non faceva troppo freddo, ma lei non aveva la forza di rimanere a galla.
Trovarono tracce di un secondo colpevole, ecco perché forse Thomas, non aveva ancora avuto l'ergastolo.
"Eccoci."
Dice aprendomi la porta della stanza dell'interrogatorio.
Dentro c'era un altro uomo che si occupava della registrazione.
Firmai dei fogli e poi entrai nella seconda stanza, dove subito arrivò Thomas.
Questa volta non c'era nessuno che poteva aiutarmi, dall'altra parte del vetro.
"Buongiorno."
Dissi mentre ci accomodavamo sulle sedie in legno.
C'era solo un tavolo a dividerci.
Aveva le manette, un cerchio al polso e uno attaccato alla sbarra a bordo tavolo in metallo.
"Cosa volete ancora da me?"
Thomas non assomigliava per niente a Charlie, aveva  capelli lunghi mori e occhi quasi neri, deve essere più grande di qualche anno, potevo vedere il tempo passato sulla pelle del suo viso. Aveva una barba lunga che continuava a toccarsi con la mano libera.
"Ho letto la sua cartella, mi sono accorta che il caso è stato chiuso prima di scoprire il complice nell'atto. Come mai?"
Chiesi.
"Io che ne so, non me ne importa un cazzo."
Disse con voce profonda.
Guardai verso il vetro.
Mi alzai ed entrai nella prima stanza.
"Non voglio che venga registrato niente di quello che sto per dire, questa interrogazione è privata."
Il signore fece spallucce.
"Sono obbligato a prendere atto di ogni..."
Mi avvicinai a lui interrompendolo.
"Esca."
Dissi indicando la porta.
"Come vuole."
Non so chi fosse, ma a quanto pare; nemmeno a lui importava dell'uomo seduto dall'altra parte del vetro spesso.
"Senti brutta feccia, io so tutto della tua organizzazione di eroi esaltati, siete dei malati! Dimmi chi c'era con te."
Thomas sgranò gli occhi.
"Sei nell'Order?"
Chiese preoccupato.
"Molto peggio, Thomas. Potrei farti arrivare all'ergastolo, e l'unica cosa che potrai fare sarà aspettare di morire tra queste mura!"
Dissi aggressiva, ma con il tono di voce molto basso.
"Fanculo! Come conosci le organizzazioni?"
"Sono io a fare domande qui, e se non vuoi prolungare la tua pena qua dentro, ti conviene parlare, o il tuo compagno di cella potrebbe essere Charlie."
Solo guardandolo potevo percepire la sua agitazione.
"Come conosci mio fratello?"
Chiese.
"Ancora domande?!"
Mi alzai e mi avvicinai al suo orecchio.
"Quando vorrai parlare, chiedi di Summer. Mi dispiace per la tua ragazza, ma è morta, è giusto che tu lo sappia."
Dissi quelle parole lentamente e con un ghigno, dovevo risultare davvero cinica, se volevo ottenere qualcosa. Non potevo dirgli di essere stata io, non potevo dirgli che lei era sempre nei miei incubi.
Lui sbattè il pugno sul tavolo.
"Stai mentendo!"
Mi ringhiò contro.
"Quando ti concederanno una telefonata, ti consiglio di chiamare me."
Uscii, lasciandolo solo, in quella stanza fredda piena di segreti e domande.
Appena uscii l'uomo che prima era nella stanza registrazione, mi accompagnò alla porta, e sapevo avrei dovuto affrontare domande.

"Ho visto dalle telecamere che Thomas si è innervosito tanto, oltre tutto, la prossima volta che vuole rimanere sola con lui, richieda la seduta privata."
Disse il baffuto che mi aveva accompagnata dentro, con cui avevo parlato al telefono.
"Ha ragione, mi scusi, la prossima volta farò così."
Risposi, sicura che ci sarebbe stato un secondo appuntamento.
L'unica paura che avevo, era quella che invece di chiamare me, avrebbe prima avvisato Charlie.

Uscii e salii sulla mito grigia di Evan.
"Allora ? Come è andata?"
Chiese mentre ci direzionavamo verso casa.
"Proprio come speravo andasse, ora non mi resta che aspettare."
"Sei forte Summer."
Lo guardai con gratitudine.
"Grazie!"
Risposi.
Se solo sapesse quando in realtà io sia debole.

[...]

Stavo preparando il borsone per andare a Torino, quando Marco mi avvisa di essere sotto il mio palazzo.
"Lincon, la signora Frer si prenderà cura di te, intanto, le ciotole sai dove sono. Ci vediamo presto."
Dissi al mio gatto nero, prima di uscire.
'Prima o poi mi risponderà.' Pensai stupidamente, come se Lincon potesse davvero parlare.
Mi metto comoda sul sedile e allaccio la cintura.
"Ciao Marco."
Dissi imbarazzata.
"Summer."
Rispose lui, facendo un cenno con la testa.
"Perché andiamo a Torino?"
Chiesi curiosa.
"È dove è successo l'omicidio di quella ragazza... O meglio, suicidio, devo parlare con Derek domani mattina."
Mi informò.
Derek era il ragazzo con cui avevo parlato, quando ancora indagavo sul caso di Marco.
Il ragazzo con il tatuaggio sul collo.
"Perché dobbiamo stare lì un'altra notte allora?"
Chiesi.
Lui sorrise.
"Smettila di indagare su quello che voglio fare, mi rovinerai la sorpresa."
Spalancai gli occhi.
'Sorpresa? Per me?'
"Va bene, taccio."
Dissi sorridendo.

"Marco, mi dispiace per l'altra sera, non penso quelle cose..."
Dissi rompendo il silenzio.
"Nemmeno io le penso. Ero solo, nervoso."
Incarnai le sopracciglia.
"Per Charlie?!"
Chiesi.
"Non solo."
Confessò lui.
"Sputa il rospo, dai."
Cercai di convincerlo.
"Perché era a casa tua?"
Chiese, riferendosi palesemente al mio ex ragazzo.
Sentii un sorrisino spingere per uscire ma, non potevo mostrargli che, questo suo pensiero di gelosia per me, era così importante.
"Voleva invitarmi a cena, ma non mi importa, per me è un capitolo chiuso."
Lo rassicurai io.
"Ieri ho conosciuto una ragazza, un'amica di mia cugina Claudia."
Strinsi i pugni senza rendermene conto.
"Forse era così carina con me, solo perché sono conosciuto. È molto bella."
"Vuoi anche descrivermela, già che ci sei..."
Dissi incrociando le braccia.
Lui sorrise.
"Ma non eri tu."
Conclude lui.
Lo guardai, mentre lui era concentrato sulla strada.
Il cielo ormai era buio e facevo fatica a vedere l'espressione dei suoi occhi.
"Così ho deciso di parlare di te alla mia manager, Marta e a Claudia, chiedendo pietà, e due giorni liberi, volevo passarli con te."
Non sapevo cosa dire, nella sua voce c'era insicurezza, come se avesse paura di un mio rifiuto.
"Vorrei potermi concentrare di più, sulla costruzione del nostro rapporto, ma non faccio altro che perdermi tra la paura e la musica."
Feci spallucce.
"Mi sta bene essere seconda alla musica, ma non a Charlie."
Lui sorrise.
"Non so nemmeno come si chiama tua madre, qual'è il tuo colore preferito, che musica ascolti, so solo che il tuo gatto si chiama Lincon e hai un debole per il caffè."
Era così dolce, lui, questo momento, che per un attimo mi scordai di tutte le cose che dovevo dirgli, di Thomas e di Evan.
Eravamo solo noi con le nostre insicurezze.
"È più di quello che chiunque sa su di me."
Io non avevo nessuno a cui confidare i miei segreti o le mie passioni, nessuno sapeva niente.
Lui si morse il labbro nervoso.
"Leonardo lo sa, però."
Trattenni una risata.
"Lui sa solo il nome di mia madre, di me, non sa nemmeno il compleanno."
Io e Leo, non eravamo mai stati una coppia unita, per noi lasciarsi era routine, nemmeno io, sapevo questi dettagli di lui, sapevo solo com'era il suo modo di fare, e non mi piaceva.
Marco mi prese la mano, e l'appoggio sul cambio, tenendo la sua mano sopra la mia.
Sentii le guance scottare.
Il cuore batteva come se avessi appena fatto una maratona.
È questo che si prova, quando si sentono dei sentimenti per qualcuno?
Non riuscivo a smettere di guardare la sua mano, così grande in confronto alla mia, come se potesse distruggermi stringendola solo un po'.
Ma sapevo che lui era lì per proteggermi.

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora