UN CUORE ROTTO

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Il fuoco continuava a divampare.
"Non puoi lasciarmi qui!"
Dissi cercando di urlare.
Ma uscii solo un sussurro spezzato.
Eppure avrei voluto gridare tutto quello che sentivo in quel momento.
Non può andarsene.
Il calore delle fiamme mi scottava il viso.
Sudavo e la vista era sempre meno chiara.
Provai a parlare di nuovo, ma tossii per tutto il fumo che avevo inalato.
Continuavo a farmi domande a cui non avrei mai udito risposta.
Sarei morta qui, perché il suo amore non era abbastanza grande.
Sentii la voce di Charlie arrivare dalla porta, non riuscivo a vederlo per via del fumo.
"Avrebbe potuto salvarti, sono sicuro che tu lo avresti fatto, nonostante questa droga. Forse avrei dovuto legare lui a quella sedia. Mi dispiace Summer."
Prima che potessi dire qualcosa, la porta si richiuse sbattendo.
Avrei voluto urlare, pregarlo di non lasciarmi morire, non così. Non dopo tutto quello che ho fatto.
Cercai di concentrare tutta la mia energia in un unico punto, strinsi i pugni e tirai fuori il grido migliore che potessi fare, squarciando le fiamme con un forte "aiuto".
Sentii la stanchezza aggrapparsi al mio corpo, la speranza ormai era svanita. Ero sola, o qualcuno mi stava guardando dallo specchio mentre lasciavo la vita?
Non aveva più importanza niente in quel momento.
L'istinto di sopravvivere era ormai svanito.
Sono rassegnata.
Meglio lasciarsi andare.
Le palpebre erano pesanti, per via del poco ossigeno, mi sentii assonnata.
Ero già arrivata a guardare in faccia la morte, ma sentivo che adesso la stavo prendendo per mano.
Non ho detto addio a nessuno, ma nella mia testa feci una lista di tutte le persone a cui volevo bene. Non sono molte.
'Mi dispiace mamma.'
E mentre immaginavo i loro volti, il mio pensiero cercava di ingrandire l'immaginazione, non avevo il controllo di quello che pensavo, come quando ti stai per addormentare.
È il momento di lasciarsi andare.
Appoggiai la testa sul pavimento, e sentii la pelle scottarmi, ma non provavo nessun dolore.
Appena lasciai le palpebre chiudersi, vidi Marco, ero ancora consapevole del fatto che era solo nella mia testa, stavo morendo.
"Non sei reale."
Gli dissi mentre lui era seduto su di una panchina in mezzo ad un prato completamente verde.
"Si che lo sono, posso esserlo."
Rispose.
"Mi hai lasciata morire!"
Lo accusai.
"Non è colpa mia."
Disse dispiaciuto.
"Non sei reale, non lo sei, sto solo sognando."
Dissi per convincermene.
"Ne sei certa? Eppure sono proprio qui."
"Forse sei reale..."
Dissi arrendendomi.
Mi avvicinai a lui lentamente, un passo alla volta, mi sedetti sulla panchina.
Guardai la sua mano appoggiata sulla gamba.
"Vieni Summer."
Disse lui.
Lentamente alzai la mano e l'appoggiai sopra la sua.
Ma appena la toccai, sentii il fiato spezzarsi e subito riaprii gli occhi.
"Summer grazie a dio! Ti senti bene?!"
Guardai Samanta in piedi davanti a me.
Cominciai a tossire, più forte che potevo.
La testa mi girava.
'Sono morta?'
Pensai.
"Forza alzati, andiamo."
Disse prendendomi la mano.
Mi guardai attorno, eravamo nel garage.
"Marco?"
Chiesi prima che potessi preoccuparmi di me stessa.
"Marco sta bene, forza!"
Raccolsi tutte le mie forze, e con l'aiuto di Samanta mi alzai.
Appoggiai il mio braccio intorno alle sue spalle, per aiutarmi a sorreggermi.
Mi girava la testa e mi sentivo disorientata.
Non tossico più ma, sentivo mancarmi l'aria.
Un po' camminando e un po' trascinandomi, uscimmo dal garage.
Appena arrivammo nel prato poco prima dell'inizio del bosco, Samanta decise di aumentare il passo.
"Perché sei tornata a prendermi? Perché stiamo andando via?"
Chiesi, ricordandomi che lei avrebbe sacrificato anche se stessa, pur di portare Marco con iniettato il siero, alla sua organizzazione.
"Non è il momento di parlare questo."
Risponde lei con il fiato corto.
"No, dimmelo ti prego. Marco mi ha lasciata lì e..."
"Marco non è in sè."
Disse interrompendomi.
"Devo sapere che tu sei tornata per me."
Lei alza gli occhi al cielo.
"Mi sembra palese no?"
Era troppo orgogliosa per dirmi la verità senza fare giri di parole. Ma capii, e la ringraziai.
Appena arrivati nel bosco, mi appoggiai ad un albero, dovevo respirare, dovevo riposare.
"Forza non è il momento del pisolino."
—-
Spalancai gli occhi, quando vidi Samanta sputare sangue appena terminata quella frase.
Lei si portò le mani allo stomaco.
Un flusso di sangue quasi nero, le sgorgava dal foro che un proiettile aveva causato.
Grazie al mio lavoro sapevo riconoscere, che era stato un cecchino, per la precisione e la forza con cui ha trapassato il corpo di Samanta.
Rimasi paralizzata.
'Cecchini.'
Erano alle finestre.
"Samanta starai bene, sali sulla jeep."
Le dissi.
Ma lei cadde in ginocchio.
Io mi misi accanto a lei, e senza pensarci due volte. Appoggiai le mie mani sulla ferita per rallentare L' emorragia.
"Andatevene da qui."
Disse lei, le sue parole non erano state chiare, il sangue si stava espandendo nei polmoni.
Stava affogando nel suo stesso sangue.
"No, non ti lascio qui."
Le dissi, mentre sentivo le lacrime rigarmi il viso.
Lei appoggio la mano sulla mia guancia e la accarezzo, lasciandomi una striscia rossa sul volto.
Poi, la sua espressione fu assente, i suoi muscoli si fecero molli e cadde con la testa in avanti.
La sorressi dal petto, è morta in ginocchio, come facevano i guerrieri.
Ma lei era molto più di questo.
Le tirai indietro la schiena e la lasciai lí, sdraiata vicino ad un albero.
Mi guardai le mani piene di sangue.
È morta per salvarmi.
"Non avresti dovuto tornare indietro."
Dissi tra un singhiozzo e l'altro.
Sentii un altro sparo, colpire due alberi davanti a me.
'Piangerò la sua morte quando la guerra sara finita'
Dissi stringendo i pugni.
Salii sulla jeep, e dallo specchietto retrovisore vidi Marco sul sedile posteriore, con le mani legate e una benda alla bocca.
"È tutta colpa tua!"
Mi portai le mani alla bocca appena feci uscire quella frase.
No, non era quello che pensavo.
Accesi l'auto, e partii, lasciandomi la sede alle spalle.
Avevo la sensazione che qualcuno ci fosse alle calcagna ma, non c'era nessuno, era solo il senso di vuoto e malessere che mi portavo addosso. Quell'ansia di essere uccisa da un momento all altro.
Appena imboccai la strada principale.
La direzione ovviamente era tornare a casa mia, anche se la pura di trovare lì Charlie mi bloccava.
Come aveva fatto Samanta a prendere Marco, portarlo sulla Jeep e tornare a prendere me, senza essere vista o uccisa. Non aveva nemmeno segni lotta...
Era tutto così strano e surreale.
Guardai Marco dallo specchietto.
Insomma, un siero, una droga che cambia la gente.
Sembra tutto un film.
Non posso credere che questa sia la mia vita.

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora