INDAGINE.

213 10 0
                                    

Uscita da lì, non dissi una parola a Rey, volevo solo tornare a casa.
Mi aveva mentito, Marco non voleva rimanere chiuso in quell'ammasso di pietre e sbarre.

Circa due settimane dopo, mi arriva una telefonata da un numero sconosciuto, sul secondo cellulare che uso per lavoro.
"Sii chi è ?"
"Summer, sono Marco..."
Sorrido.
"Marco, dimmi."
Stava chiamando dal telefono pubblico del carcere.
"Hanno chiesto da chi volessi farmi interrogare, vorrei venissi qui, oggi pomeriggio."
Io? Ma non avevo scoperto nulla, perché proprio io?
"Certo, sarò da te alle 15.00."
"Grazie."
E poi riagganciò.

Gli avevano concesso una chiamata, perché proprio me?!

Dopo essermi lavata e preparata più professionalmente possibile, andai al carcere per l'interrogazione.
Questa volta senza Rey.

Firmai i soliti moduli per l'accesso a parlare al carcerato.
Il ragazzo mulatto non c'era, al suo posto, un uomo robusto con la barba grigia, bloccava il passaggio.
Aprii la porta e disse:"Cella numero 37, secondo piano."
Devo andare da lui?
Da sola?
Annuii.
Entrai e lui chiuse la porta alle mie spalle.
Era un lunghissimo corridoio, con luci soffuse, non erano tutte piene le celle.
In fondo vidi una scala di metallo.
'Sto arrivando.'
Mentre mi avviavo per arrivare da Marco, osservavo l'interno delle celle.
Lettini scomodi, pavimento freddo, e un gabinetto appeso al muro.
Questo era il carcere di passaggio, chi doveva essere trattenuto per anni, o per sempre, si sarebbe trasferito nel carcere principale, dove c'era mensa, giardino, celle più grandi e attività lavorative da far fare ai detenuti, con la classica divisa da carcerato.
Di solito qui si fermavano fino alla fine delle procedure, o massimo 48h, se nessuno aveva prove contro il soggetto.
L'unico a non poter andarsene era Marco.

"Disturbo?"
Chiedo, mentre lo vedo seduto sul lettino a guardarsi i polsi.
"Summer!"
Non ho mai visto nessuno così felice di vedermi.
Si avvicina alle sbarre.
"Devo interrogarti qui?"
Chiedo.
"Si, perché da ora sei anche il mio avvocato, potremmo avere conversazioni private."
Sorrido.
"Non ho il titolo da avvocato."
"Mi sottovaluti signorina, ho le conoscenze giuste, e per me, da ora, sei un avvocato."
Mi sarei cacciata in qualche guaio. Ma non era più questione di essere promossa, volevo davvero farlo uscire di lì.
Quali tipo di conoscenze?
Arrivò una delle guardie, e mi aprì la cella.
Devo entrare?
Feci due passi avanti e lui la richiuse subito dopo.
È davvero una brutta sensazione, qui dentro mi mancal'aria.

"Accomodati."
Dice indicandomi il lettino.
Lui si mise difronte a me, appoggiato al muro.
Qualche anno fa mi sarei esaltata di essere sullo stesso letto di Marco Mengoni.
"Perché mi vuoi come avvocato?"
Chiesi.
Lui si guarda in torno, per paura di essere sentito.
La guardia era di spalle, ma troppo vicina per poter parlare liberamente.
Presi i fogli bianchi dalla borsa e gli diedi una penna in mano.
"Avanti."
Dissi indicandogli il pezzo di carta.
'Tutti quelli che arrivano, sono corrotti da altre persone, vogliono incastrarmi'.
Forse è solo paranoico.
'Chi sono?'
Scrissi sotto.
'Non posso dirtelo, non è importante. Tu sei l'unica che è qui per tirarmi fuori.'
"Come mai hai aggradito il primo investigatore?!"
Chiesi.
In realtà non mi importava, ma, la guardia si sarebbe insospettita con tutto quel silenzio.
"Continuava a chiamarmi assassino, nonostante gli avessi detto il contrario. È stata una reazione impulsiva."
Mentre lui parlava io scrivevo, e viceversa.
Potevamo comunicare solo così.
'Non sei solo un cantante, vero?'
Scrissi.
"Mi hanno detto che hai trovato tu, il corpo della vittima, hai chiamato tu la polizia?"
'Ho un hobby, forse troppo rischioso, lo faccio per aiutare le persone.'
Rimasi confusa nel leggere quelle parole.
"Si. Ho chiamato io la polizia, perché avrei dovuto farlo, se fossi stato io l'assassino?! Mi sarei sbarazzato del cadavere se fossi il colpevole."
'Fai parte di qualche setta? Mafia? Come aiuti le persone?'
"Come faceva ad avere le chiavi della stanza quella ragazza!? Perché avrebbero dovuto assassinarla con 14 colpi all'addome? La conoscevi?"
'Una specie di setta, chiamala come vuoi, sono un infiltrato per far arrestare il capo di una mafia in città. Non posso spiegarti su un foglio.'
Sorrido, sembrava troppo assurdo per essere vero. Se fossero solo menzogne ?
"No, era una mia fan, voleva lasciarmi un cartellone in camera, ma l'hanno uccisa. Forse volevano solo incastrarmi, molte persone non mi sopportano; ma sono solo insulti sui social, non penso arriverebbero a tanto."
'Richiederò una conversazione privata.'
"Per oggi è tutto."
Dico.
"Per favore, resta. Non sopporto questo silenzio."
"Resterei ma, non posso... Ti lascio questi fogli bianchi, così puoi disegnare, o scrivere una canzone, per passare il tempo."
Gli dissi.
La guardia si girò ad osservarmi.
Non potrei lasciare niente al detenuto, nemmeno una semplice penna, ma non disse niente.
Uscii dalla cella e Marco mi salutò con la mano.

La guardia decise di accompagnarmi all'uscita, ma prima di aprire la porta mi disse:" Non avere problemi a parlare quando ci sono io, tira fuori il ragazzo, non merita di stare in un posto di merda come questo."
Gli sorrisi.
Sapevo cosa dovevo fare.

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Where stories live. Discover now