IO&LUI

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Avevamo ancora un'ora emmezza di viaggio davanti e io, iniziavo a sentire le palpebre pesanti.
Guardavo la strada dal finestrino, era così facile dimenticarsi di qualcosa che avevo appena visto, magari fosse così anche coi ricordi più brutti.
Nel riflesso del vetro, riuscivo a vedere Marco, che ogni tanto si voltava a guardarmi, e io, senza che mi vedesse sorridevo.
Pensavo di poter proteggere Marco, grazie al mio lavoro ma, non potevo liberarlo dai suoi incubi, e io non potevo liberami dai miei.
"Ti da fastidio se fumo?"
Chiese preoccupandosi.
"Fai pure."
Risposi sorridendo.
Abbassò di poco il finestrino e prese il posacenere dell'auto.
"Allora il tuo colore preferito?"
Chiese.
"Il rosa. Lo so, è un po' banale."
"Non è banale, è bello il rosa."
Risi.
"Mi prendi in giro?"
"Non lo farei mai!"
Esordì ironico.
"Come si chiama tua mamma invece?"
"Katia. Ho un bel rapporto con lei."
Ammisi.
"Tuo papà?"
Chiese subito dopo.
Abbassai lo sguardo.
"Non lo so."
"Scusami, non volevo..."
Lo interruppi.
"Non importa, perché dovrei stare male per qualcuno che nemmeno conosco?!"
Marco mi strinse la mano, per poi riportarla subito sul cambio delle marce.
Mia mamma non ha mai parlato di mio padre, e io non ebbi mai il coraggio di chiederle di lui.
Fino ai vent'anni è stata una mancanza sofferta. Soprattutto quando ero più piccola, vedevo questi padri, venire a prendere le mie compagne, loro correvano e li abbracciavano forte, era il loro eroe, il loro principe, però mia madre è stata anche quello, anche un padre, un guerriero, devo tutto a lei, anche se spesso me ne dimentico di tutti i sacrifici che ha fatto, solo per vedermi sorridere.
"Perché hai deciso di dirmi quelle cose?"
Chiesi sospetta.
Insomma, avevamo litigato e, non avevo percepito nessun segnale che potesse farmi capire di piacergli.
"Perché l'unica cosa che sapevo, era che sei bellissima e sono grato per quello che hai fatto, per il coraggio che hai avuto, ma quando ho visto Leonardo in casa tua, ho capito che andava oltre quello. Mi sentivo minacciato dalla sua presenza."
Le parole mi si bloccarono in gola, non sapevo che dire.
"Concluderemo la faccenda di Charlie, poi, potrò iniziare a corteggiarti."
Disse ridendo.
"Ma allora perché dirmelo adesso?"
Chiesi impaziente.
"Se tu fossi tornata con Leo, prima di sapere quello che provo, non me lo sarei mai perdonato e, sarei rimasto sempre con il dubbio che magari, avendolo detto, poteva andare diversamente. Quindi ho preferito non aspettare."
Disse mentre nervoso sistemava lo specchietto retrovisore.
"Non mi hai nemmeno chiesto quello che provo io."
Risposi.
Marco non sembrava concentrato su quello che stavo dicendo, continuava a guardare nello specchietto che aveva appena sistemato.
"Il fatto che tu non mi abbia dato una risposta negativa, mi fa già capire. E poi, forse nemmeno tu sai quello che provi."
Conclude distratto.
"Che stai guardando?"
Chiesi.
"Scusa, sono un po' paranoico. Quella jeep è uguale a quella di Ruby, e l'ultima volta l'aveva presa Charlie."
Confessò.
"Sarà solo una coincidenza."
Dissi per rassicurarlo, ma non ci credevo nemmeno io.
"Si, hai ragione."
Rispose mentre tornava a guardare dritto davanti a sé.
"A proposito di Charlie e Ruby..."
Iniziai, prendendo coraggio.
"Sono andata a fare visita a Thomas..."
Lasciai in sospeso la frase, sapevo mi avrebbe rimproverata.
"Sei pazza? Avrà già chiamato Charlie, non pensi che ti odi già abbastanza? Se già prima eri nei guai, adesso sei ad un passo per..."
Si fermò quando notò che avevo gli occhi puntati sulle mie mani, consapevole del guaio in cui ero.
"Summer, scusa se ho alzato la voce. Sono solo preoccupato per te."
Feci spallucce.
"Voglio prendere Charlie, ma non voglio coinvolgerti, ora ho un complice, si chiama Evan."
Rimase confuso.
"Evan?"
Domando più a se stesso che a me.
"Una ragazza, capelli ramati, lunghi e tatuaggio sul dito, ha parlato di me, mentre era in corso un attentato omicidio, non per mano di Evan, lui é solo il messaggero, ma abbiamo fatto amicizia e vuole aiutarmi."
Dissi per spiegare in breve la situazione.
"Non puoi fidarti."
Esordì.
"Mi sta aiutando e non fa domande, non gli ho detto delle organizzazioni, nemmeno di te. Questa mattina sono andata con lui al carcere."
Marco sbuffò.
"Dovresti chiamarmi subito, quando ti vengono queste idee."
Incrociai le braccia.
"No, tu devi pensare alla tua musica, sarai coinvolto solo il minimo, da ora."
"E me lo stai ordinando tu?
Chiese da sbruffone.
"Si, non voglio che ti deconcentri, alle procedure meno pesanti sarai coinvolto anche tu, per ora sono io, con Evan."
Marco scosse la testa lentamente.
"Vorrei essere io il tuo complice, ne ho il diritto, dato che sono coinvolto."
Alzai gli occhi al cielo.
"No, io sono la tua aiutante ma tu non sei il mio, domani mattina infatti parleremo insieme a Derek, visto che l'ho conosciuto durante l'indagine del tuo caso. Tu fai tutto all'oscuro di tutti, io no, pensa se qualcuno ti vedesse entrare in un carcere? E se venissi arrestata per Ruby, tu ci andresti di mezzo."
Marco si morse il labbro nervoso.
"Non verrai arrestata, Summer.
Quel ragazzo è stato gentile almeno?"
Annuii.
"Dovrei essere io a proteggere te, visto che sono IO quello che fa parte dell'Order."
Disse con un tono minaccioso.
Scoppiai a ridere per la sua serietà.
"Forse cambierò idea più avanti"

[...]

Finalmente arrivammo all'Hotel.
"Hanno tenuto aperto oltre l'orario, solo per noi?"
Chiesi.
"A volte è utile piacere alle nipoti delle persone importanti. Hanno voluto un video dedicato alla ragazzina."
Sorrisi.
"Perfetto, anche io merito questa importanza."
Lui si mise a ridere.
"Ecco perché ho prenotato per due."

Dopo aver ritirato le chiavi:
Entrammo in ascensore per arrivare al dodicesimo piano. Era davvero stretto e io odio essere chiusa in spazzi piccoli.
L'hotel era di un bej sbiadito con decorazioni in rosso, dato l'arredanento, deve essere di vecchia epoca.
"Quanta roba te porti oh?!"
Disse Marco facendo uscire il ragazzo romano.
"Scusa? Qui dentro c'è solo l'essenziale. Sei tu ad essere ingombrante."
Lui scoppiò a ridere, alzando le mani.
"Mi arrendo."
Restammo stretti in quell'ascensore per due minuti, il tempo che ci portasse al dodicesimo piano.
Mi sentivo così imbarazzata a stargli così vicino dopo quello di cui avevamo parlato, che non pensai alla mia paura degli spazzi stretti.

SARÒ IL TUO GUERRIERO. || MARCO MENGONI. Where stories live. Discover now