15 - Chiamalo

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Corrado s'irrigidì, Fulvio lo squadrava da capo a piedi

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Corrado s'irrigidì, Fulvio lo squadrava da capo a piedi.

Il ragazzo si sistemò gli occhiali arancioni, imbarazzato. "L'hai... l'hai ridotta tu così?"

Lei, liberatasi dalla presa dell'amico, si tirò giù la manica della maglia e nascose le braccia dietro la schiena. Si spostò vicino alla portafinestra e abbassò lo sguardo, impaurita.

Fulvio fece un passo in avanti. "A cosa ti riferisci?"

Corrado appoggiò una mano sullo schienale della sedia usata prima. "A-al suo braccio. Prima ho visto dei lividi, sei... sei stato tu?" Non sapeva come comportarsi: se quel ragazzo avesse risposto in modo affermativo, non avrebbe mai avuto il coraggio di imporsi su di lui e dimostrargli tutto il suo odio. Se invece avesse risposto negativamente...

"Lividi?" chiese Fulvio, poi si rivolse a Viola: "Gli hai mostrato i tuoi lividi?"

"Non è questo che conta" s'intromise Corrado guardando il pavimento. Sapeva che se avesse alzato lo sguardo, quegli occhi castani e strabici l'avrebbero intimorito. "Ma come se li è procurati. Non hai nulla da dire?"

Fulvio finse di non sentire le parole di Corrado e continuò a rivolgersi a Viola: "Quindi gliel'hai detto? Gli hai spiegato a cosa sono dovuti davvero quei lividi?"

Il tono aspro con cui aveva parlato non piacque a Corrado, che alzò di poco la voce: "Ehi, mi ascolti? Parla con me, ci sono anch'io qui!"

Fulvio lo superò con una spallata e si avvicinò a Viola. "Hai avuto questo coraggio?"

La giovane continuò a guardare il pavimento, le braccia ancora dietro la schiena. "Certo che gliel'ho detto." Alzò il mento. "Ma lui non mi crede."

"Certo che no, è una follia!" s'intromise Corrado. "Una caduta non potrebbe mai provocare quei lividi. Non sono un medico, ma..."

"Quindi non solo menti a me, ma anche a lui?" sbottò Fulvio avvicinandosi minacciosamente a lei.

Corrado aggrottò la fronte, perplesso, e gli toccò un braccio. "Noi due dobbiamo parlare, ci sono troppe cose che non mi convincono."

Fulvio si voltò e guardò l'amico della ragazza come se fosse un suo alleato. Gli mise una mano sulla spalla e commentò: "Hai ragione, ci faremo spiegare cosa le è successo. Tengo a lei e vederla in questo stato è... frustrante."

Corrado si allontanò sentendo la mano di quel potenziale aggressore sul suo esile corpo. "Non capisco niente. L'hai picchiata o no?"

"Picchiata?" domandò l'interlocutore toccandosi il petto e inclinando le spalle in avanti. "Non ho fatto nulla, non sarei mai capace di picchiare qualcuno senza un motivo valido. Men che meno lei. Anzi, sono preoccupato quanto te. Cosa ti ha detto?"

Corrado si spostò verso l'ingresso della cucina, pensieroso. "Che è caduta mentre lavorava al bar. Ed è una pessima scusa!"

Fulvio portò due dita alle labbra, riflessivo. Poi si voltò verso Viola e continuò a parlare con lui: "È la stessa cosa che ha detto a me."

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