18 - Più di quanto pensi

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"Viola! Che bello sentire la tua voce

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"Viola! Che bello sentire la tua voce. Tuo papà mi ha parlato tanto di te."

La ragazza si bloccò. Non si aspettava così tanta confidenza.

"Da-davvero?" gli domandò con lo sguardo basso.

"Sì, ogni tanto mi mostra delle tue foto. A volte è persino logorroico."

Viola fece una smorfia non ben identificabile. Gli occhi iniziarono a bruciare e le braccia a tremare. Davvero il padre parlava di lei? Così tanto da essere considerato logorroico?

Fissò il genitore, seduto sul divano. Da quando la mamma era mancata, i due non avevano mai avuto un bel rapporto. C'era sempre stato rispetto, ma non quella complicità che aveva con la mamma. Da piccola era sempre stata spaventata dalla mole del padre e aveva vissuto con l'ansia che quelle mani grassocce potessero schiaffeggiarla. Mentre coltivava quei pensieri, lui cercava di avvicinarsi a lei come solo un gigante buono poteva fare con un essere così innocente: giorno dopo giorno, regalo dopo regalo.

Viola spostò la mano sulla superficie del tavolo. Ogni dono ricevuto non compensava una mancanza d'amore, ma la paura di non saperla amare nel modo giusto.

"Viola? Ci sei?"

Quelle parole la riportarono alla realtà come se le si fossero stappate le orecchie.

"La sento" rispose spettinando con un gesto nervoso i capelli ramati. "L'ho chiamata per dirle che papà è arrivato a casa e... beh, non sta bene. Ha la febbre e sembra debilitato, non so se domani potrà lavorare."

Il padre si alzò dal divano con gli occhi castani strabuzzati e la figlia si voltò verso la finestra che affacciava su un cortile interno.

"Oh, cavolo, mi dispiace per Gustavo. In ogni caso, domani è il suo giorno libero. Spero che per venerdì si riprenda."

"Già, domani è il suo giorno libero" ripeté lei mettendosi una mano sulla fronte, come se l'avesse appena ricordato. "Scusi, non so dove ho la testa. È che l'ho visto così debilitato che..."

"Non ti preoccupare, ora ti devo lasciare. Salutami il papà."

"Sarà fatto" replicò lei, ma il capo aveva già riattaccato. La ragazza sospirò e si girò verso il padre.

Gustavo, le guance rigate dalle lacrime, mise le mani giunte. "Grazie, Viola. Io non..."

La stava per abbracciare e lei gli passò vicino senza degnarlo d'uno sguardo. "E così parli di me a lavoro."

Il sorriso sul volto del padre si spense. "Sì, non dovrei?"

Lei si sedette su un bracciolo del divano. "Se sei così orgoglioso di me, perché non mi hai mai consolata quando è morta mamma?" Gustavo abbassò il capo e si accomodò su una delle sedie che circondava il tavolo. "Tu mi sentivi. Mi sentivi quando piangevo di notte e non sei mai venuto a vedere come stavo."

I Segreti dell'AlbaWhere stories live. Discover now