49 - Una promessa è una promessa

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Viola inspirò ed espirò

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Viola inspirò ed espirò. "Da tempo ho smesso di andare dalla psicologa – scusa anche per aver pensato che poteste avere una relazione alle mie spalle – e voglio ricominciare. Ma non da lei..." Si toccò i capelli ramati, che sembravano più rossi del solito. "Ho capito... di aver bisogno di un aiuto ulteriore. Uno psichiatra."

Il padre si sistemò meglio sulla sedia. "U-uno psichiatra? Perché?"

La ragazza si massaggiò un braccio. "Perché non è facile. Fulvio è stato il primo ragazzo con cui sono uscita da quando Corrado mi aveva lasciata, poco dopo la scomparsa di mamma, e ho legato tantissimo con lui. Ero possessiva nei suoi confronti e mi arrabbiavo per ogni minima cosa. Credo... che la morte di mamma e il modo in cui trattavo Fulvio siano legati. Come se... avessi paura della solitudine e volessi fare di tutto per stare con lui." Deglutì. "Ho paura che possa ricapitare e ho bisogno di un aiuto per andare alla radice di questo problema..." Prese la forchettina per iniziare a mangiare la fetta di torta. "Capirai anche tu che non è normale tentare di uccidere chi sostieni di amare solo perché ha avuto delle mancanze. Le cose non si risolvono così."

Il padre annuì. "Hai ragione... menomale che Fulvio non ha sporto denuncia."

"Non l'ha fatto perché mi amava – e mi ama – e voleva proteggermi. Ma adesso devo andare in fondo a questa storia, capire cos'ho di sbagliato", lo sguardo fisso sul piattino.

Gustavo scosse la testa. "Viola, no." Si alzò e spostò la sedia vicino a lei, per poi risedersi. "Stellina mia, ascoltami." La ragazza spostò gli occhi lucidi sul padre e lui le accarezzò una guancia. "Non hai nulla di sbagliato."

Lei gli sfiorò dolcemente quella stessa mano con cui le stava toccando il viso. "Non ci credi nemmeno tu."

Gustavo le diede un bacio sulla spalla. "È la verità. Non nego che mi ha fatto male quando mi hai accusato di cose non vere. La pistola, per esempio. Quel pomeriggio l'ho lasciata in cassaforte non perché ero andato a incontrare la psicologa, ma perché ero rimasto in ufficio per occuparmi di alcuni documenti." Si toccò il petto. "Ero così distrutto quando hai messo in dubbio la mia autorità che non ho capito più nulla." Le accarezzò i capelli, la voce incrinata. "Se solo tua mamma fosse qui... Lei sì che saprebbe darti tutto l'affetto di cui hai bisogno. Anch'io ho sbagliato." Si umettò le labbra secche. "Non avrei dovuto farti credere che Fulvio fosse in carcere, ma non sapevo come allontanarti da lui."

"Il problema qui non è Fulvio, sono io. Io e la mia fragilità, le mie insicurezze." Gli mise un braccio attorno al collo. "Voglio cambiare, papà, voglio renderti fiero di me."

Lui le rivolse un dolce sorriso. "Lo sono già."

A lei scappò una lieve risata. "Come puoi essere fiero di una quasi assassina?"

Lui continuò ad accarezzarle una guancia. "Tu sei altro e in queste settimane me lo stai dimostrando." Indicò la tavola. "Non m'interessa avere una perfetta cuoca o una figlia modello, io voglio te. Voglio Viola, con pregi e difetti." Le toccò le spalle. "Non sarai mai sola. Io sarò..." Si fermò per il magone che gli avvolgeva la gola. Era sicuro di star arrossendo. "Io sarò al tuo fianco, sempre." Dagli occhi verdi di Viola fuggirono delle lacrime. La ragazza si accoccolò su una spalla del padre e lui continuò ad accarezzarle le guance umide. "Potrai contare su di me per qualsiasi cosa."

I Segreti dell'AlbaWhere stories live. Discover now