67 - È follia pura

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La testa di Perla era appoggiata al finestrino, gli occhi sul parco che l'auto di Guglielmo costeggiava

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La testa di Perla era appoggiata al finestrino, gli occhi sul parco che l'auto di Guglielmo costeggiava. Dall'uscita dall'università gli aveva parlato a monosillabi. Non riusciva a incrociare i suoi occhi, ad abbracciarlo, a baciarlo. Ogni volta che gli sfiorava le dita si sentiva in colpa per ciò che gli nascondeva. L'esame con il professore l'aveva scombussolata più del previsto: non smetteva di pensare a come fosse possibile che le parole di uno sconosciuto avessero scavato un solco nel suo cuore, lì dove nemmeno Ingrid e Corrado le avevano fatto crescere il senso di colpa. In quei mesi si era sentita male varie volte per ciò che taceva a sua madre e a Guglielmo, ma non aveva mai percepito un dolore così acuto.

Si rigirò tra le dita un braccialetto che la mamma le aveva regalato: era il suo antistress, ma sembrava non funzionare. Da quando aveva deciso di non rivelare né a lei né a Guglielmo del tradimento con Riccardo si era sempre sentita una vittima degli eventi: una povera fanciulla che aveva agito con leggerezza ed era impotente di fronte a uno sbaglio più grande di lei, perciò aveva deciso di tacere per non ingigantire tutto. Ora, invece, le sembrava di essere la strega delle fiabe, disposta a ogni cosa per tornaconto personale. Cominciava a pensare che l'amore per i figli e il desiderio di dar loro una vita serena non giustificassero tutte le menzogne. Poteva fingere di potercela fare, di rialzarsi dopo ogni momento di cedimento, ma giocare con la vita dei suoi cari era scorretto. Le maschere indossate e gli espedienti per nascondere erano solo un palliativo. Presto o tardi la verità sarebbe esplosa come un brufolo sulla faccia e non avrebbe potuto limitare i danni. Quella catena di bugie si doveva fermare, prima che la strozzasse facendola diventare ciò che non voleva: un'egoista che agiva per convenienza, una sciocca che credeva di essere furba.

Si mordicchiò un'unghia, preoccupata. L'esame era andato male perché non aveva tenuto separati vita privata e studio, e non poteva continuare così. Doveva raccontare la verità a entrambi, solo così avrebbe potuto essere più leggera e liberarsi di Germana. Il patto stipulato con lei pendeva sulla sua testa come una spada di Damocle e per invalidarlo doveva essere sincera con sua mamma: niente segreti, niente armi di ricatto.

Tirò un sospiro di sollievo e notò che Guglielmo aveva parcheggiato l'auto vicino a un murales, rappresentante un pagliaccio che faceva una linguaccia.

Girò il capo, pensando che persino lui si stava prendendo gioco di lei, e il suo ragazzo le accarezzò i capelli. "Ehi... sei ancora triste per l'esame?"

Perla annuì, poco convinta. "Certo... come lo dirò a mia madre? Mi ammazzerà quando lo saprà."

"Addirittura... Conosco ragazzi del Politecnico che sono stati bocciati quattro volte. E poi non l'ho mai vista arrabbiata."

Perla giocherellò con il laccio della borsa a tracolla. "Sgrida sempre Mirko... Dovresti vedere la sua faccia quando lui vuole preparare dolci e troviamo farina dappertutto, tranne dove dovrebbe stare."

Guglielmo le baciò una spalla. "Gli vuole bene. E sono certo che ne voglia anche a te... Tu gliene vuoi?"

"Per oggi ho risposto a troppe domande psicologiche." Afferrò la borsa a tracolla. "Grazie per avermi accompagnata, a presto."

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