69 - So badare a me stessa

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Un'anziana uscì e li salutò con il carrello per la spesa

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Un'anziana uscì e li salutò con il carrello per la spesa. Loro ricambiarono e tornarono a guardarsi in cagnesco, aspettando che si allontanasse. 

Corrado si passò una mano tra i capelli dorati. "Non so in quale gioco perverso eravate immischiati, ma sono contento che sia finito. Tuo padre mi ha detto che vi siete lasciati definitivamente."

"Ci siamo fatti solo del male a vicenda. Io non ero pronta a una relazione dopo la morte di mamma ed ero morbosa e diffidente nei confronti di Fulvio. Lui invece era troppo succube. Voleva salvarmi da me stessa, ma abbiamo fatto un casino." Si strinse nelle braccia. "Ora sono cambiata: vado ogni settimana da una psichiatra, mi ha persino dato delle pasticche per i miei nervi. E c'è il lavoro... la villa di Germana è una reggia, lì regnano il silenzio e la natura. È il posto ideale per me."

Corrado le rivolse un sorriso sincero e si grattò la fronte, mortificato per averla aggredita. Le mise una mano sulla spalla e le accarezzò i capelli. Gli occhi di Viola erano diversi: accesi, vivi, non spenti e vitrei come quando erano in balia di Fulvio. "Sapevo che il problema era lui" commentò Corrado, "ma non capisco perché tu gli abbia sparato. Continui a tergiversare, vorrei un po' di chiarezza." Lei rimase in silenzio e continuò a guardarlo, per implorarlo di non domandarglielo più. Corrado riprese: "Inoltre non capisco perché dovevi andare a lavorare proprio a casa di quella rumenta di Germana. Hai addirittura chiesto a Fulvio di convincere Elettra che ciò che mi aveva raccontato Diego fosse una bugia per screditarti."

"Non puoi capire, lasciami in pace" e tentò di allontanarsi, ma lui la seguì.

"Adesso comprendi perché non voglio più parlarti? Non posso parlare con qualcuno che usa le persone come burattini, vale per Perla e per te." Si toccò il petto. "Anch'io ho mentito a Diego e mi sono sentito una merda. Certo, non era grave quanto quello che nascondete, ma non potevo reggere quel peso. Invece voi... sembra che ci sguazziate. Dici di essere cambiata, ma non cresce un albero nuovo se le radici sono marce."

Viola inclinò il capo. "Smettila di giudicare gli altri con la tua saccenteria." Gli puntò un dito al petto, all'altezza del cuore. "Se sapessi perché ho sparato a Fulvio e da dove originano i miei demoni, mi odieresti a vita... perché non si può perdonare una come me."

Corrado fissò i suoi occhi verdi, lucidi e tremanti, e inglobò con entrambe le mani quel dito, per poi tirare Viola verso di sé. Si abbracciarono, per la prima volta dopo anni. Non si stringevano così da quando lui le aveva confessato di non essere davvero innamorato di lei e che si sentiva attratto dagli uomini. Avevano discusso, avevano urlato, avevano pianto insieme al punto da scambiarsi le lacrime, e poi si erano stretti forti per chiudere un capitolo di vita.

Corrado le massaggiava la schiena, il naso a contatto coi capelli ramati. Non c'era bisogno di parlare: quel contatto chiariva più di mille discorsi. Lui voleva aiutarla, proteggerla da quel dolore, e si sentiva in colpa per non averla difesa da Fulvio, ma al contempo era sollevato che fosse uscita da sola da una spirale che aveva portato soltanto rabbia e odio. Non avrebbero aspettato tre mesi per riparlarsi, potevano ricominciare a frequentarsi e ritrovare la sintonia di un tempo.

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