45 - Meglio non pensarci

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Appena Diego varcò la soglia, mise le mani nelle tasche e si spostò in un angolo per avere una vista privilegiata: c'erano cappotti, gilet e felpe, ma di Nanà nessuna traccia

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Appena Diego varcò la soglia, mise le mani nelle tasche e si spostò in un angolo per avere una vista privilegiata: c'erano cappotti, gilet e felpe, ma di Nanà nessuna traccia. Avanzò verso un'altra sezione in cui su alcuni mobili bassi erano esposti portafogli e marsupi, scuri come la maggioranza dei capi. Si morse l'interno della guancia, irritato: l'unica cosa bruna che voleva vedere erano le ciocche castano mogano di Nanà, che aveva sognato di accarezzare notti prima.

Mentre esplorava il negozio, pensò a quanto fosse strano che l'avesse colpito tanto. Era rimasto ammaliato dal suo carattere battagliero, distante dal canone di ragazze cui era abituato. Cercava una donna che gli tenesse testa e finalmente l'aveva trovata.

Il locale era stranamente deserto, intorno a sé vedeva vestiti, accessori e manichini. Eppure gli era sembrato di averla notata quando si era affacciato, doveva essere lì da qualche parte.

All'improvviso sentì il cigolio di una porta e due voci che si accavallavano. Le sue mani, ancora nelle tasche, si chiusero a pugno: eccola. Una delle due doveva essere di Nanà, l'avrebbe riconosciuta tra mille: aspra, arrochita, come quella sera.

Tese le orecchie a sventola e seguì quel suono come se indicasse le porte del Paradiso; non appena arrivò vicino al bancone, si nascose dietro a un pannello che mostrava diverse camicie dai motivi fantasiosi. Sembrava che non si fosse accorta di lui, impegnata com'era a sistemare sugli scaffali dei pantaloni presi dal magazzino.

Diego la osservò mentre si piegava confrontando taglie e modelli. La divisa nera pareva così stretta da essere più audace di com'era vestita quella sera in discoteca. La sua attenzione non fu catturata dal sedere tonico, ma dai capelli lunghi fino alle scapole che aveva immaginato di sfiorare pigramente con le dita. Deglutì, per farsi forza. Doveva trovare il coraggio di parlarle, ma non riusciva a smettere di fissarla mentre svolgeva la sua mansione. Era così vicina eppure così lontana, inarrivabile.

Si chiese quale scusa usare per avvicinarsi, ma il suo cervello era in preda all'estasi e ogni proposta sfumava come cenere al vento. Forse doveva semplicemente mettere un piede davanti all'altro, non sarebbe stato difficile.

Uscito allo scoperto, la ragazza si spostò davanti al bancone con dei pantaloni in mano e iniziò a scrivere su un biglietto. Notando distratta la presenza di un cliente, esordì: "Un attimo e sono da lei."

Si concentrò sul fogliettino e lui piegò le labbra carnose in un ampio sorriso. Non era mai rimasto senza parole, quella ragazza aveva la straordinaria capacità di disarmarlo. Forse non ci sarebbe stato bisogno di parlare: avrebbe potuto abbracciarla e baciarla come quella sera.

Nanà spostò i pantaloni su un lato e mentre si avvicinava a lui alzò lo sguardo, assonnata. "Ha bisogno di qualcosa?" Quando si trovò davanti a Diego, sbatté le palpebre per capire se stava sognando.

Lui allargò le braccia, ma si ritrovò un ceffone in faccia e il suono rimbombò tra le mura grigie del negozio.

Diego si portò una mano al volto, le pupille sgranate, e Nanà che lo inceneriva con lo sguardo. "Ci conosciamo?" gli urlò, i denti ingialliti digrignati. "Mi hai scritto Ci conosciamo quando una settimana prima mi avevi baciata!" Il suo tono sembrava più aspro, tagliente come le unghie sulla lavagna.

I Segreti dell'AlbaWhere stories live. Discover now