74 - Te l'avevo vietato

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Viola estrasse le chiavi dalla tasca e cercò quella che s'infilava nella serratura della botola, per poi guardare verso l'entrata

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Viola estrasse le chiavi dalla tasca e cercò quella che s'infilava nella serratura della botola, per poi guardare verso l'entrata. Doveva scappare da lì prima che Germana si accorgesse della sua assenza, ma il timore aveva lasciato il posto a una grande curiosità. Mille scenari si formavano nella sua mente. Perché costruire un passaggio segreto sotto la serra? Baldo lo sapeva? Cosa nascondevano lui e Germana?

Fece scattare il meccanismo e restò imbambolata. Era sicura di volerlo scoprire? Non poteva tirarsi indietro, ma una strana sensazione le suggeriva di allontanarsi da quel luogo pregno di mistero. Il cuore pulsava così forte che il suono le arrivava persino ai timpani. Se lì sotto fosse nascosto qualcosa di importante e qualcuno avesse saputo che lei l'aveva scoperto, sarebbe finita nei guai.

Si mangiò un'unghia, le gambe tremanti distese per terra. Si voltò un'ultima volta verso l'ingresso della serra e scosse la testa con vigore. Doveva smettere di pensare, altrimenti la mente l'avrebbe portata a formulare ipotesi sempre più terribili. Germana non era una criminale né tantomeno Baldo. Se la serra era il luogo preferito del marito, lì sotto aveva custodito alcuni beni preziosi. Una sorta di cassaforte sotterranea, un caveau lontano da occhi indiscreti. Si aggrappava a quel pensiero perché era l'unico che non la faceva rabbrividire.

Contò fino a tre e sollevò l'apertura quadrata. Per lo sforzo le nocche impallidirono e, terminata l'operazione, inspirò ed espirò più volte per la fame d'aria.

Si sventolò una mano all'altezza del viso e guardò nella botola: una scaletta d'acciaio sprofondava nella terra e non vedeva la fine. Prese una torcia appesa al muro vicino a un tavolo di gerbere e illuminò i pioli. La scala terminava a circa tre metri di profondità e conduceva verso un corridoio inghiottito dall'ombra.

Infilò la pila nei pantaloni e iniziò a scendere; le sudavano le dita e tremavano i muscoli. La pulsazione accelerata rendeva tutt'uno i battiti del cuore e i pensieri martellanti.

La discesa era graduale: le gambe sussultavano a ogni movimento e i capelli ramati si appiccicavano sulla fronte sudata. Continuava a scendere un gradino dopo l'altro con la paura di scivolare e cadere: se avesse battuto la testa da quell'altezza, si sarebbe fatta male e nessuno avrebbe potuto soccorrerla. Proprio quando cominciava a maledirsi per l'idea di addentrarsi nella botola, toccò terra con un piede.

"Dio, grazie!" esclamò sollevata, per poi spostarsi i capelli dal viso e tossicchiare per la polvere. Non era religiosa, ma le fu spontaneo rivolgere quel ringraziamento all'unica entità che avrebbe potuto proteggerla se ci avesse creduto.

Prese la torcia e illuminò il corridoio: due scie scure sul pavimento s'interrompevano davanti a un portone. Indietreggiò spaventata e guardò verso la scaletta. L'istinto di tornare indietro le corrodeva il cervello, ma i piedi si mossero da soli calpestando quelle stesse tracce.

Viola mise una mano sul portone e sentì una scossa pizzicarle la pelle. Si massaggiò le dita, terrorizzata, e si voltò verso l'ingresso della botola. Era un segno: doveva uscire da lì, cancellare quello che gli occhi avevano visto... e ciò che il naso stava annusando. Inspirò dalle narici e si rese conto dell'odore acre e pungente che proveniva dal portone. Voleva andarsene, ma la curiosità di scoprire cosa provocasse una puzza così intensa simile a pesce marcio la portò a spingere il pesante battente in acciaio.

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