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5 Anni Dopo


Passo. Passo. Un altro ancora.
Più ne fece, più credette che i suoi piedi negli anfibi stessero andando a rallentatore. La strada era vuota, il marciapiede era sporco di resti di spazzatura e foglie morte.
Passo. Passo. Passo.
Michelle Jones si guardò intorno. Le solite auto abbandonate, alcune schiantate contro i negozi. Le persone che le guidavano non c'erano più da anni.
C'era silenzio. Degno della città fantasma che New York era diventata. Erano stati anni difficili; con la decimazione mondiale le persone avevano avuto difficoltà a trovare lavoro e si erano dovuti trasferire. Chi in cerca di opportunità, chi sconsolato e privo di famiglia. Non vedeva Clint Barton da tre anni.
Passo. Passo. Passo.
Si era diplomata, era cresciuta diventando una donna di ventidue anni e aveva imparato con pazienza a trattenere i poteri da Magissa. Abitava con Captain America, la sola famiglia che gli era rimasta. Era un buon amico. Lei gli raccontava di Peter, dei loro anni di amicizia, per dargli sollievo e lui raccontava di Tony, di come si sarebbe immaginato il loro matrimonio e la loro luna di miele, e delle sue avventure in incognito con Sam e Bucky nel corso degli anni.
Questo era peggio di Ultron, della faida tra Steve e Tony per il Soldato d'Inverno. Gli Avengers erano finiti, una leggenda che sarebbe rimasta tale senza risvolti.
Non vi erano segni di ribalta all'orizzonte. Asgard era crollata, tutti i suoi abitanti erano finiti sulla Terra a nord guidati da una Valchiria di fiducia, e Wakanda aveva perso molte risorse senza il suo re.
Loro avevano avuto sostegno dallo spazio grazie all'arrivo di Rocket, un procione che aveva perso le persone che amava a causa di Thanos proprio come loro, e a quello di Carol Denvers, una vecchia amica di Nick Fury chiamata Captain Marvel, giunta sul loro pianeta perché prima di scomparire il capo dello S.H.I.E.L.D. aveva dato l'allarme.

Per il resto, Loki era svanito nel nulla. Lo stesso Amaranta e Mysterio, nessun segno di loro dalla morte di Venom. A volte si domandava se il loro aiuto non sarebbe stato prezioso per lei. I suoi sogni non erano diminuiti nel tempo, tutt'altro. Aveva visto buona parte della vita di Anya, ma nessun indizio su dove poteva trovarsi attualmente Thanos o le gemme.
Che cosa fare? Che fare?
Passo. Passo... un momento.
M.J. si riprese dai suoi pensieri e rigirò su sé stessa. Era finita dentro un quartiere malfamato, più precisamente tra i resti di quella che una volta doveva essere una discarica o un rifugio. Sopra di lei vi era un tetto enorme, come c'era finita lì?

Cercò una porta, ma vi erano solo finestre che parevano lontane miglia. Si mosse con cautela tra i detriti di metallo, le mancava solo un'infezione anche se da quando aveva la magia di Anya non si era più ammalata.
-Ehilà?- chiamò, la sua voce riecheggiò nell'aria. -C'è nessuno?-
Un freddo inquietante le invase le ossa, non le piaceva affatto. No, non poteva essere arrivata là solo camminando. Che si fosse involontariamente teletrasportata?
Stava pensando, anzi desiderando, di trovare una soluzione a tutto quello. Pregava tra sé e sé che una soluzione ci fosse.
Voltò la testa da ogni parte, ci doveva pur essere un'uscita. Per poco non inciampò quando il piede dietro le si incastrò in un tessuto bianco impolverato. Lo prese e lo esaminò: era una maglietta, una canotta dei Nirvana e vi erano tracce di sangue secco.
Aspetta, io questa l'ho già vista. La indossava...
-Quinn.- esalò incredula.
Quinn Gwen Stacy Kenny, la ragazza del suo migliore amico. La ragazza morta del ragazzo che lei amava e incinta. Che ci faceva una sua veste lì?
Un rumore la mise in allerta, però fu troppo tardi. Il pavimento sotto di lei si incrinò e si ruppe, facendola cadere al piano di sotto. Urlò tenendo stretta la canotta nel pugno, perse l'equilibrio finendo di schiena e scivolò sul piano inclinato. Evitò per miracolo i resti di struttura metallica caduti dal soffitto, tuttavia non riuscì a fermare quella scivolata che la stava portando verso il basso a una velocità pericolosa.
Si parò il viso e gli occhiali con le braccia e attese lo schianto. Il suo corpo sbatté contro qualcosa, facendole prendere il volo e schiantare contro del vetro che si ruppe. Giunta a terra con dei ruzzoloni, riprese fiato e tossì. Tastò il terreno, terreno che si sgretolava tra le sue mani e perpendicolare, e socchiuse gli occhi per la forte luce del sole.
Dolorante ma senza un graffio si mise in piedi. Di fronte a lei vi era quello che una volta doveva essere un folto campo di grano. Ora non c'era niente, non riusciva nemmeno a vedere se c'erano case o una fattoria. Solo terreno non concimato.
Dove diavolo sono finita?
Prendendo dei grossi respiri, tornò a scrutare il congegno dal quale era stata sputata fuori con violenza... e si accorse dell'immensità dell'affare. Era grande, più di quanto pensasse, doveva essere più alto di qualsiasi grattacielo visto da lei a Manhattan. Non molto lontano da lei, poteva scorgere che aveva dei cerchioni che lo aiutavano a volare.
Con cautela, si avvicinò dall'apertura della finestra provocata da lei. L'interno dov'era stata prima era buio, però riuscì a vedere un simbolo su un muro in un angolo aguzzando la vista. Un'aquila bianca con sopra una scritta graffiata, erano leggibili solo una E e una D.
Lo S.H.I.E.L.D., comprese, era l'elivelivolo dello S.H.I.E.L.D.
Porca vacca.
Sì, ora ricordava. Nei suoi ultimi giorni, Quinn Kenny aveva vissuto lì. Era in quel posto che Doctor Octopus l'aveva rapita e uccisa. O almeno era questo che le avevano detto quando era tornata.
No, decisamente non ci poteva essere arrivata a piedi.
Lasciò andare la maglietta di Quinn e usò tutte le sue forze per arrampicarsi sul piano obliquo e tornare in cima senza scivoloni. Giunta a buon punto, saltò sul muro e scalò fino ad arrivare a dov'era al punto di partenza. Di nuovo su una superficie dritta, cercò qualcosa che potesse esserle utile per capire in che Stato fosse.

Assieme a Nick Fury e Maria Hill, anche metà dei collaboratori e spie dello S.H.I.E.L.D. era andato perso. Dovevano essere stati in volo quando c'era stato lo schiocco di Thanos, avevano perso il controllo non essendoci nessuno alla guida e l'elivelivolo era precipitato.
Perciò doveva essere lì da cinque anni.
Le sorse un'intuizione. Si trovava là per un motivo. Magari, mentre pensava a come cercare una soluzione o migliorare la loro situazione, i poteri della Magissa Bianca dovevano averla ascoltata. Forse Fury aveva un piano di riserva dopo l'attacco a New York nel 2012, a parte Captain Marvel.
Prese a svuotare veri cassetti e scrivanie, tentò di rianimare i computer che c'erano senza vittoria. Corse in giro cercando l'ufficio di Fury, poteva avere dei documenti o delle informazioni messe per iscritto.
Era lo S.H.I.E.L.D., sapevano tutto! Chissà, per quanto ne sapeva potevano aver parlato con Doctor Strange o Anya in passato e aveva svelato qualcosa, dato degli indizi su come trovare le gemme.
Dai sogni aveva capito poco sulle gemme. Le Magisse ne erano figlie, erano state create per proteggerle e potevano usarle poco per volta. Erano ciò che le aveva fatte nascere e potevano anche distruggerle se usate tutte insieme da una delle due o da ambedue.
Lei aveva le illusioni, come Anya, dalla gemma della Realtà e Amaranta poteva mostrare solo la verità, il passato e il futuro a causa della gemma del Tempo.
Ringhiò e colpì una porta con i pugni, furiosa. Niente, non c'era niente da nessuna parte. Nessun colloquio con stregoni e streghe, nessun documento sulle gemme o un rapporto su Thanos. Ma allora perché era finita là?
Si rassegnò, tanto valeva chiamare Steve e farsi rintracciare per tornare a casa.
Oh!
Scattò su col capo, un presentimento le aveva risvegliato i sensi. C'era qualcuno.
-Ehi?- fece ancora e percorse con passo felpato il corridoio. Era riuscita a trovare l'interruttore per la luce, ma le lampadine accese erano poche.
Svoltò l'angolo ombroso e si congelò: una figura della sua altezza e a pochi metri da lei se ne stava ferma a fissarla. Non capiva chi fosse, ma le fu chiaro quando gli occhi indagatori si illuminarono con una sfumatura viola.
-Amaranta.- sussurrò. Prima che potesse chiederle cosa stava succedendo, lei corse via. -Maledizione!- imprecò e le andò dietro.
Andando a sbattere e con la luce a intermittenza, non riuscì a sentire i passi veloci della strega. Pareva stesse fluttuando. -Amaranta, aspetta!-
Fu costretta a scendere svariate scale e a saltare per non cadere nel vuoto, sperò soltanto che quella rincorsa avesse uno scopo.
-Ho delle domande! Mi hai portata tu qui, vero? Dimmi perché!-
La Magissa Nera fece cadere un mobile nel corridoio stretto dove si era rifugiata e M.J. lo scavalcò a fatica. -Amaranta, dov'è Thanos? Dove sono le gemme?-
Ancora senza risposta, corse a perdifiato e scostò la tenda spostata prima dalla strega. Arrestò la corsa, l'aveva persa di vista ed era finita in un magazzino impolverato e buio. Sfinita, camminò tra gli scaffali colmi di scartoffie e l'umidità per terra; le era parso di vedere persino un topo.
-Amaranta? Sei qui? Amaranta?- allungò il collo per vederla tra i mobili, inutilmente. Tutto questo non aveva senso, perché stava agendo in quel modo?
Fermò la sua camminata, aveva sentito qualcosa. Un suono strano, gracchiante, come qualcuno che respirava pesantemente. Lentamente, sbirciò giù: la pozza d'acqua ai suoi piedi stava tremando con una cadenza precisa, quasi venisse pestata. Pian piano, anche il resto del pavimento prese a vibrare. A tremare.
-Oh, no...- sospirò udendo un ruggito alle sue spalle e scappò, sapendo che era l'unica cosa che potesse fare.

Si allungò verso dove era arrivata, cercando di uscire da quel magazzino il più svelto possibile e sentendo la creatura alle sue spalle avvicinarsi. Con suo orrore inciampò e andò a terra, faccia a faccia con un Hulk imbestialito che le ruggì in pieno volto.



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-Kitta

The Hero's SecretWhere stories live. Discover now