Prologo

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Peter Parker odiava la sua vita. Era tutto un scuola-casa-compiti. Nessuna pausa, nessuna via di mezzo, e questo lo faceva impazzire. Era troppo chiedere un qualche svago? Almeno la patente? Dio, non sia mai, sua zia lo avrebbe ucciso ancora prima di mettersi la cintura.
Per questo pensava a mille imprecazioni diverse quando spegneva la sveglia del suo cellulare. Si alzò pigramente e fece un verso di dolore, portandosi una mano sul retro del collo. Assurdo, tutte le mattine sentiva sempre uno strano pizzicore in quel punto. Be', doveva essere il cambio di temperatura dalle sue coperte calde all'aria fresca di Aprile.
Si vestì velocemente e andò in cucina con lo zaino sulle spalle. Camminò a passo svelto per non farsi vedere da sua zia May, la quale al momento era girata di spalle e tutta presa dai fornelli. Peccato, però, che il cigolio della porta di casa si sentisse benissimo e che lei non fosse sorda.
-Peter?-
Il ragazzo si congelò sul posto e si girò di novanta gradi verso la donna. -Sì?-
-Non è un po' presto per andare a scuola? Saresti in anticipo, il che per te è un evento più unico che raro.- parlò senza voltarsi e pulendo un piatto.
-Ah, ecco... faccio prima un salto in biblioteca. Sai, devo ultimare una tesina.-
-Prima devi fare colazione.- insistette May, stringendo la spugna e lucidando i bicchieri. Peter lanciò uno sguardo veloce all'orologio appeso sopra la finestra: aveva solo sette minuti.
-Ehm, non ho fame, ci vediamo nel pomeriggio!- parlò di fretta, uscendo dall'appartamento e May si imbestialì: -Come? Non hai fame?- gli andò dietro e gli parlò mentre aspettava l' ascensore. -Non provare a saltare i pasti! E come sarebbe a dire "pomeriggio"? Ti voglio subito qui dopo la scuola, non fare come l' ultima volta!-
-Sì, sì, ciao May!- la liquidò e premette il pulsante per il primo piano. -Peter Benjamin Parker!- strillò la donna mentre le porte di metallo si chiudevano. Il sedicenne poggiò la schiena all' ascensore che stava calando, buttò indietro la testa e sospirò. Sapeva che May meritava un trattamento migliore, ma sentiva che lei gli nascondeva qualcosa, qualcosa di importante che riguardava i suoi genitori, e che non glielo voleva dire.
Uscì dal palazzo di casa sua, tirò su il cappuccio della felpa e prese fuori dal suo zaino lo skateboard, il quale aveva omesso di dire a May il possedimento. Vi salì sopra, diede la spinta col piede dietro e partì, la musica sparata al massimo volume nelle orecchie grazie alle sue cuffie. Guardò l' orario sul cellulare: due minuti. Bene, ce la poteva anche fare.
Si fermò dietro l' angolo di un bar e guardò con attenzione l' entrata, vedendo uscire un uomo sudato che andava a buttare dall'altra parte della strada la sua spazzatura.
Appena in tempo, non c'è che dire.
Veloce come un fulmine entrò nel bar, si sporse oltre il balcone a vetro e rubò un croissant alla crema e cioccolato. Salì velocemente sullo skate e schizzò via. Successivamente, mangiò la sua colazione per strada e si diresse, malvolentieri, verso la Midtown High School. Erano anni che rubava il cibo in quel bar prima di andare a scuola e, come sempre, quell' idiota del barista buttava la spazzatura al solito orario. Peter non aveva mai capito se avesse scoperto dei furti o meno.
Saltò sopra un rampa di scale con lo skate, fregandosene se si fosse fatto male, e arrivò all' entrata del liceo scientifico. Aveva preso la strada più lunga così da potersi divertire di più, ma aveva fatto tardi.
-Parker, in ritardo.- gli comunicò il suo insegnante della prima ora una volta che fu entrato in classe. -Come sempre.- fece notare Flash Thompson, un suo coetaneo che gli rompeva le scatole sin dalle elementari. Peter, infastidito, si avvicinò al suo volto. -Cuciti la bocca, Thompson.-
-Ah, vuoi morire, "Pecora" Parker?-
-Solito posto, solita ora.-
-Parker, Thompson, smettetela subito! Peter, siediti vicino a Michelle, lontano da Flash.- li sgridò l' insegnante e Peter sbuffò, sedendosi vicino alla sua amica e prendendo fuori il portatile dallo zaino. -Sfigato.- lo salutò quest'ultima, -M.J.- rispose lui e si abbassò il cappuccio.
Non prestò molta attenzione alla lezione, più che altro era rimasto affascinato dai disegni "dark humor" di Michelle Jones. -Smettila di fissarmi, Parker, mi metti i brividi.- parlò la ragazza sottovoce, continuando a disegnare e senza degnargli di uno sguardo. Peter si sistemò meglio sulla sedia, nervoso. -Non guardavo te, guardavo le tue opere.-
-Non sono "opere". Io le chiamerei "espressioni astratte dell' animo umano su carta in chiave offensiva".-
-Sì, più o meno la stessa cosa.- borbottò e copiò lo schema a stella sulla lavagna nel quaderno. -Hai più sentito Ned?-
-No. E tu?-
Peter scosse la testa senza farsi vedere. -No, ci siamo persi dopo il suo trasloco. Si sta facendo degli amici se non calcola più il suo migliore amico.-
-Ehi, non dire così. Lo sai che quel trasloco ha fatto litigare di brutto i suoi, starà avendo dei problemi di famiglia. Piuttosto, la tua ragazza come sta? Anche lei non la senti più?-
-Liz non era e non è la mia ragazza. Siamo usciti qualche volta, poi anche lei se n'è andata.-
M.J. fece una risatina di scherno. -Già, ma lei ha solo cambiato scuola, non è mica andata nel Wisconsin. Dovresti farti delle nuove amicizie anche tu, sei sempre solo e arrabbiato.-
-Non ho bisogno di nuove amicizie, ho te.-
La ragazza assottigliò gli occhi e un ciuffo di capelli scuri le cadde dalla coda di cavallo. -Oh, dovrei commuovermi?- domandò retorica, anche se in cuor suo aveva sentito un forte calore. Peter sbuffò e prese appunti. Stettero in silenzio per qualche minuto, poi fu M.J. a riprendere la parola: -Non hai dormito neanche stanotte, vero?-
Peter la guardò confuso e lei fece cenno alla sua faccia. -Hai delle occhiaie orribili.-
-Ah, sì... no, non ho dormito quasi nulla.-
-Il solito incubo?-
-Il solito dannatissimo incubo, per l' amor del cielo! Ma che problemi ho?! Non rispondere.- l' avvertì non appena si accorse che lei stava aprendo bocca.
-Dovresti dare ascolto a May e andare da uno psicologo.-
-Da quando faccio quello che mi dice May? E poi, secondo te, uno psicologo potrebbe spiegarmi per quale motivo sogno tutte le notti due occhi verdi brillanti su un enorme macchina a forma di avvoltoio e con sottofondo l' urlo di una donna che grida il mio nome?-
Michelle corrugò la fronte e guardò il suo amico. -Aspetta, hai detto "macchina a forma di avvoltoio"?-
-Sì, perché?-
-Mi ricorda qualcosa... comunque, hai mai pensato che l' urlo della donna poteva essere di tua madre?-
Peter sgranò gli occhi. -Mia madre? No, impossibile. Mia zia mi disse che con mia madre non ebbi alcun tipo di rapporto. Mi prese solamente in braccio dopo la mia nascita e poi lei e papà sono morti.-
-Allora di chi è la voce che senti?-
-Non ne ho idea.-
-Sei proprio sicuro che non fosse lei? Peter, non sai neanche come sono morti, non sai che lavori facevano, nessuno in città sa niente di loro. Non ti sembra strano?-
-M.J., certo che mi sembra strano. Ma cosa posso fare? May non mi dice mai nulla, non so dove sono finiti i loro effetti personali e in casa non c'è alcun album di famiglia dove ci sono io assieme a loro. Non so nemmeno che facce avessero...- finì tristemente e mise via il portatile al suono della campanella.
Lui e M.J. uscirono dall'aula e la ragazza parlò curiosa: -Vogliamo parlare dei tuoi poteri dei quali non sai, proprio come con i tuoi genitori, assolutamente niente?-
-Non sono "poteri", sono solo sensi ultra sviluppati.-
-La super forza e i super riflessi? Oh, certo, solo sensi sviluppati più degli altri.- fece sarcastica e aprirono insieme i loro armadietti, uno di fianco all'altro. -A sei anni eri in grado di sollevare una tavola apparecchiata e a tredici hai fermato un camion con una sola mano, salvandomi la vita. Se questi non sono poteri...-
-M.J., che cosa stai cercando di dirmi?- le domandò innervosito e voltandosi verso di lei. La ragazza lo guardò in viso. -Sto dicendo che tutta la tua esistenza è un completo mistero, Peter Parker. I tuoi genitori erano due individui senza faccia che nessuno aveva mai visto e sono morti all' improvviso, senza un perché. Sei cresciuto con tua zia, la quale ti mente o non ti dice niente sulle tue vere origini, sei nato con dei poteri straordinari che si sono rafforzati nel corso degli anni e sogni tutte le notti sempre la stessa cosa. Tu davvero non pensi che ci sia un collegamento in tutto questo?-
Peter deglutì e respirò pesantemente. Ovvio che sentiva una connessione, persino la sua memoria la sentiva... eppure non si ricordava nulla. -Provare a cercare le risposte sul mio passato non mi ridarà i miei genitori, Michelle. Ora, se non ti dispiace, ho un appuntamento con Flash.- la salutò con un gesto della mano, le diede le spalle e andò fuori da scuola, accompagnato dall'urlo di M.J.: -Lo sai che sono contro la violenza!-

Nel frattempo, nella torre degli Avengers e nel salone, un uomo stava guardando con timore un pallino rosso sull'ologramma di una mappa, che suonava e brillava. Passò una mano sullo schermo e controllò, in tutto l' insieme, i battiti cardiaci, la pressione, la temperatura corporea e il sistema nervoso di Peter Parker. Vide un cambiamento drastico in tutto, fece una smorfia di delusione e capì: -Il ragazzo sta facendo a botte.- sbuffò, -Di nuovo.-
-Signore? C'è Steve Rogers all'ingresso, chiede di poter entrare.-
-Acconsenti l' accesso, Jarvis.-
-Subito, signore.- l' intelligenza artificiale fece come ordinato e in tre minuti Iron Man e Captain America furono nella stessa stanza. Steve Rogers puntò gli occhi azzurri nella stessa direzione di quelli di Tony ancora prima di parlare e guardò severamente l' uomo. -Da quanto tempo sei fermo in quella posizione?-
-Si è svegliato prima, il chip mi ha avvisato non appena ha messo un piede fuori dal letto. Ha rubato un croissant da Jim's, di nuovo, ed è arrivato in ritardo, di nuovo.-
-Sei incorreggibile.- scosse la testa il biondo e serrò la mascella, -Ci siamo accorti entrambi che i suoi sensi stanno migliorando di giorno in giorno, prima o poi capterà il microchip, andrà da un medico, se lo farà togliere, lo esaminerà, scoprirà tutto e verrà qui per ucciderti.-
-Mi commuove sapere quanta stima hai della mia autodifesa.- fece sarcastico e sorseggiò il suo caffè, -E comunque è impossibile. Quel chip è stato costruito per fare in modo che venga scambiato per uno strato di pelle. È talmente sottile che neanche tu lo vedresti, Rogers.-
-Divertente.- sorrise in modo finto, poi tornò a farsi serio: -Detto tra noi, dovresti smetterla con questa storia. Hai fatto andare via Pepper con questo tuo segreto e sono certo che, se non farai qualcosa al più presto, perderai anche Peter prima ancora di averlo avuto.-
Tony Stark voltò il capo con velocità verso di lui e lo fulminò con lo sguardo. -Non lo dire neanche per scherzo, Steven.-
-È la verità e tu lo sai! Sono tuo amico, Tony, non voglio che perdi la testa per questa storia.-
Il bruno fece un verso di scherno. -"Amici"...-
-Lo sai cosa voglio dire.-
-Certo che lo so, Rogers. Però non riguarda me e te, è una questione tra me e Peter.-
-E Peter lo sa?- domandò retorico, alzando entrambe le sopracciglia. -Sa chi sei veramente per lui? Sa cosa gli hai fatto? Perché non vai a parlargli? Perché non lo affronti?- l' unica risposta che ottenne fu il silenzio. -Te lo dico io il perché: sei un codardo, Stark. Quel ragazzo merita di sapere, merita la verità, è un diritto che tu gli hai tolto e che gli stai tutt'ora portando via!-
-Io e May eravamo d'accordo, non volevamo e non vogliamo che Peter soffra. Nessuno di noi due aprirà bocca, il ragazzo non può sapere.-
-Sta soffrendo adesso, Tony! E tu sei in parte responsabile di quel dolore. Lui è in pericolo, è gravemente in pericolo e questo ti porterà a incontrarlo. E allora cosa farai?- si avvicinò di qualche passo a lui e lo fissò negli occhi, -Fingerai di essere chi non sei? Gli dirai tutto? Io so quanto ci tieni a lui, ma così fai solo del male a tutti e due.- disse glaciale e si diresse verso l' uscita, era inutile farlo ragionare.
Tony fece un verso di disappunto, come a cacciare via le parole dell' uomo. Dopo qualche secondo, tirò fuori il telefono e premette qualche tasto.
-Tony?-
-Ciao, May.-
Al solo sentire il suo tono di voce, la donna capì: -Quanto è grave?-
-Un occhio nero e un livido sullo zigomo.-
May Parker sospirò esausta. -Va bene, vado già dal preside. Grazie.-
-Figurati.-
-Tony?- lo richiamò lei e Stark mosse la mano sullo schermo digitale che restava nell'aria. Riuscì a vedere con gli occhi di Peter che stava aggredendo selvaggiamente il suo solito bulletto, il quale poi lo spinse a terra. -Sì?-
-L' ha detto. Ha detto il tuo nome, stanotte.-
Il cuore di Tony Stark si strinse da solo, come se fosse stato stretto in pugno, e sospirò. -Tranquilla, sono andato nella sua memoria; non si ricorda di me. Non si ricorda di niente.-
-Ma fa ancora quell' incubo?-
Tony guardò affranto Peter che veniva sgridato da un supplente e che veniva trascinato in presidenza. -Sì, sempre. Sogna ancora l' Avvoltoio.-

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-Kitta♡

The Hero's SecretWhere stories live. Discover now