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Peter era rannicchiato sul suo letto, le braccia sulle ginocchia e la faccia nascosta su esse. Continuava a piangere e a tirarsi delicatamente il braccialetto elettronico. Si era fatto male più volte i primi venti minuti in cui aveva tentato di toglierselo e aveva capito che non c'era niente da fare.
Solo Stark poteva levarglielo.
Che cosa odiosa.
Non ne poteva più, santo cielo. Desiderava sparire. Sua madre non lo voleva? Bene! Chi... chi aveva bisogno di una madre? Di un genitore? O di una famiglia? Non lui, di certo non lui.
Chi se ne fotte.
Qualcuno bussò alla sua porta.
-Andate via.-
Di nuovo, bussarono.
Ringhiò e andò ad aprire. -Volete lasciarmi in pa...?!- non concluse la frase perché non c'era nessuno. Confuso, guardò per il corridoio e vide solo una lunga fila di... domino.
Che?
Col piede, fece cadere il primo che a sua volta fece cascare tutti gli altri. Quando arrivò all' ultimo, colpì una pallina rimbalzante che cadde giù per le scale. Troppo curioso, il ragazzo seguì il tragitto. -Ragazzi?- chiamò, non ricevendo risposta.
Era stato da solo nella sua stanza per cinque ore, che avevano fatto in tutto quel tempo?
Constatò di essere da solo nel grande salone e, sceso l' ultimo gradino, colse la pallina. Quando alzò lo sguardo, vide un' altra fila indiana. Questa, però, era composta da caramelle. Le stesse che lui e Tony avevano mangiato insieme molte sere prima.
La scia colorata e zuccherata portava all' ascensore.
Sospirando e per niente in vena dell' ennesimo giochetto, andò a cliccare il pulsante di chiamata. Le porte si aprirono subito, all' interno un' altra caramella. -Cos' è, uno scherzo?- domandò quasi a sé stesso, -Jarvis, che sta succedendo?-
Nessuna risposta.
-Grandioso...- salì a bordo e su uno dei tasti dei piani vi era stato scritto, con tanto di pezzo di carta con scotch, "spingimi". -Molto divertente.- commentò sarcastico e obbedì.
Non aveva idea di che piano fosse quello, era uno tra quelli vietati da Stark. Non sapeva cosa aspettarsi.
Arrivato a destinazione, rimase a bocca aperta. Quel cretino miliardario aveva una sala cinema e non gliel'aveva mai mostrata!
Che infame.
E poi, perché era lì?
Le poltrone in pelle nera erano disposte in fila orizzontale nei vari grandi gradini e lo schermo era illuminato con tanto di conto alla rovescia. Cedendo al voler capire cosa stesse per accadere, Peter si andò a sedere tra i primi posti. Arrivato allo "zero", sullo schermo si presentò una foto di lui da bambino a sei anni; in sottofondo la melodia di una chitarra.
Eh? Ma che cosa...?
Un' altra foto, lui a dieci anni e tra le braccia di Ben e May. Se lo ricordava quel giorno, erano a Coney Island.
-"Amare può far male. Amare può far male, a volte...".-
Un colpo acuto colpì il torace del ragazzo. Conosceva quella canzone e tutte le dannate volte che la sentiva lo faceva ammorbidire.
Nuova immagine, sconosciuta: sé stesso dentro a un' incubatrice, aveva pochi giorni. Si sporse sulla poltrona, che gli era successo alla nascita?
Dagli altoparlanti provenne una profonda voce che conosceva bene: -Da dove comincio?-
-"Ma è l' unica cosa che so".-
Un video; lui che costruiva qualcosa coi Lego, aiutato da Ned e M.J., tutto guardato dal suo punto di vista. Avevano tredici anni.
-Sinceramente non so cosa si dice in questi casi. Ma so che dire "scusa" non basta.-
Il funerale di zio Ben, May che dormiva con lui pur di consolarlo.
-"Quando diventa difficile, sai che può essere difficile a volte. È l' unica cosa che ci fa sentire vivi".-
Peter si spinse contro lo schienale e morsicò l' unghia del pollice per non piangere. Davvero quel chip aveva ripreso tutto quello? Tutta la sua vita?
-Sai già che conoscevo i tuoi genitori. Ciò che non sai è il regalo che mi hanno fatto.-
Lui che spegneva le candeline al suo ottavo compleanno, circondato dai suoi amici.
-"Teniamo questo amore in una fotografia. Abbiamo fatto questi ricordi per noi stessi".-
-Chiamami "possessivo" per averti tenuto sotto controllo. Chiamami "pazzo" per non aver rispettato la tua privacy. Chiamami "vigliacco" per non averti mai fatto visita. Ma la verità... è che io ero sempre lì. A non perdermi un solo istante di te.-
Peter sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta; la nuova foto rappresentava Tony Stark che teneva in braccio un neonato di pochi mesi - lui! - e si trovavano alla torre degli Avengers.
Cosa cazzo...?!
-"Dove i nostri occhi non si stanno mai chiudendo, i nostri cuori non sono mai spezzati, il tempo è per sempre bloccato ancora...".-
-Ero lì quando sei nato, Peter. Ti ho fatto nascere io.-
Cosa?
-"Quindi puoi tenermi nella tasca dei tuoi jeans strappati...".-
Lui a due anni, Tony lo teneva sopra la testa come a farlo volare e gli faceva una smorfia. Al suo fianco, Steve sorrideva.
-"Stringendomi forte fino a quando i nostri occhi non si incontrano".-
Non credeva ai propri occhi, tantissime foto di lui con gli Avengers - Stark in particolare - ma non poteva avere più di un anno.
Che ci faceva con loro?
-Stavi rischiando di morire in quell'incidente, dove avevi appena perso tua madre. Eri indifeso, piccolo e innocente... non potevo lasciarti andare.-
-"Non sarai mai solo... aspettami per tornare a casa".-
Ciò che vide fu impressionante: svariate immagini e video di lui nel corso degli anni, momenti che aveva dimenticato e che lo fecero commuovere. Persino le riprese del suo spettacolo in "Billy Elliott" lo fecero ridere.
-Ero una persona orribile, molto più di adesso. Neanche il mio amore per Pepper o il mio lavoro mi fecero andare avanti. Ma poi sei arrivato tu e hai messo tutto a posto.-
-"Amare può guarire. Amare può riparare la tua anima. Ed è l' unica cosa che so".-
Ben gli correva dietro sulla spiaggia, lo prendeva e lo abbracciava. Il Peter di nove anni rideva come un matto a causa del suo solletico.
-"Teniamo questo amore in una fotografia. Abbiamo fatto questi ricordi per noi stessi. Dove i nostri occhi non si stanno mai chiudendo, i nostri cuori non sono mai spezzati, il tempo è per sempre bloccato ancora...".-
-Sono un uomo di scienza, eppure non so ancora spiegarmi come agiscano certe funzioni del cuore. Tipo del perché, tutte le volte che ti vedevo, i miei battiti acceleravano. Del perché sentissi il bisogno impellente di proteggerti dal mondo intero e di renderti felice per tutta la vita, a discapito delle conseguenze.-
Il suo primo backflip nella palestra della Midtown High, la sua prima gara di Decathlon...
-Sapevo solamente che ti consideravo mio.-
-"Quindi puoi tenermi nella tasca dei tuoi jeans strappati... Stringendomi forte fino a quando i nostri occhi non si incontrano".-
Ipnotizzato da tutto quello, il sedicenne iniziò a commuoversi. Si era scordato di quanto fosse stato felice in tutti quegli anni.
Lui che provava delle scarpe facendo shopping con M.J., May che lo copriva di panna montata mentre cucinavano, Clint e Bruce che gli facevano le linguacce per farlo ridere.
-Sentivo che avrei dato la mia vita per te. Non eri più solo il figlio di un amico, eri molto di più. Anche se l'avessi voluto, non ce l' avrei mai fatta a staccarmi da te. Il mio cuore ti ha scelto, Peter. E non potrei esserne più felice.-
-"Non sarai mai solo...".-
Tony che provava impacciatamente a farlo mangiare, che si bagnava nel fargli il bagnetto, che lo teneva stretto a sé per farlo addormentare. E lo osservava. Lo guardava, fissava, ammirava con occhi colmi d' amore.
Tony...
-È stata un' esplosione cosmica dentro di me la prima volta che mi hai sorriso e ho pianto ai tuoi primi passi, alla tua prima parola, al tuo primo compleanno... Anche se non potevi vedermi, io c' ero. Facevo sempre in modo di esserci.-
-"E se mi ferisci, va tutto bene, piccolo, solo le parole sanguinano".-
Arrossì nel vedere un sé stesso di undici anni giocare col modellino di Iron Man. Lo stesso modellino che aveva buttato nella spazzatura tornato dalla Thailandia.
-Sono un idiota, lo puoi confermare tu come può tanta altra gente. D'altra parte, non sono senza cuore. Come lo so? Perché mi sono innamorato di un bambino in fasce, che mi ha preso subito il dito non appena l' ho preso in braccio, quasi mi avesse riconosciuto.-
-"Dentro queste pagine mi stringi soltanto e non ti farò mai andare via...".-
Lui e Michelle in bicicletta, a ballare e in una sala giochi.
-Perché ti conosco così bene? Perché, dopo i tuoi genitori, la responsabilità di tenerti era mia. I tuoi poteri, Pete... te li ho dati io. Ti ho messo io il siero, non Richard.-
Come?
-"Aspettami per tornare a casa".-
-Loro non volevano farti diventare quello che sei adesso e io non volevo perderti. Dopo mio figlio... non volevo assistere alla morte di un altro bambino. Un bambino al quale tenevo e tengo. Perciò, se vuoi incolpare qualcuno, incolpa me. Incolpami di non essere stato abbastanza forte da lasciarti andare, di non aver potuto sopportare l' idea che tu non potessi vivere. Ma non mi pento di averlo fatto, perché non sei un mostro come ti ostini a pensare.-
-"Aspettami per tornare a casa".-
Lui il primo giorno di scuola, a ridere nel parco con i suoi amici e in piscina. Tutti i suoi giorni migliori e quelli peggiori, visti dai suoi occhi o da una fotocamera.
Perché il suo battito gli era entrato nelle orecchie? Come mai sentiva così caldo?
Oddio...
-"Aspettami per tornare a casa".-
-Sei la cosa più bella della mia vita. Sei la mia fenice che mi ha permesso di rinascere, sei la mia casa, sei la mia Terra. La tua risata, mi fa impazzire. Tu sorridimi sempre, Peter, continua a sorridermi. E tutto il mondo, tutti i miei problemi, continueranno a svanire.-
-"Aspettami per tornare a casa".-
-Sei un ragazzo meraviglioso, Peter. Chiunque sarebbe onorato e felice di averti come figlio. Io sono fiero di averti visto crescere, di conoscerti e di amarti con ogni fibra di me.-
Peter sorrise. Non seppe come mai, sorrise. Non ne aveva motivo, eppure sorrise. Sorrise e pianse.
-"Puoi tenermi nella collana che comprasti quando avevi sedici anni".-
-Ti abbiamo tenuto con noi per un po' quando avevi pochi mesi e non siamo mai stati più uniti. Ci hai resi una famiglia. E so bene che il cuore di tutti si è spezzato quando ti abbiamo dato ai tuoi zii, comunque andava fatto. Riaverti qui... è una gioia. Un dono che non sprecheremo, se ce lo lascerai fare.-
Lui, Ben, May e M.J. su uno slittino tra le montagne; era Natale ed erano insieme in vacanza. I pomeriggi davanti al camino, con la cioccolata calda e le storie di Ben di quando era arruolato.
-Ci faremo male altre volte. Litigheremo ancora, questo è sicuro. Ma sappi che non mi arrenderò mai con te. Perché per me tu conti. Perché ti voglio bene e sei tutto di me.-
-"Accanto al tuo battito del cuore, dove dovrei essere".-
Lui che saluta l' obbiettivo e fa l'occhiolino, tirando fuori la lingua.
-Ti tirerò su, ti aiuterò a rialzarti e a camminare ogni volta. Mi lascerò ferire da te e tornerò sempre strisciando ai tuoi piedi. Perché non riesco a starti lontano e questa è la pura verità.-
-"Tienilo nel profondo della tua anima".-
La canzone continuò, ad ogni frase un nuovo panorama da ammirare. Vari giorni andati perduti nella sua mente quando viveva nei periodi più oscuri.
-Perché mi tieni in pugno, sono totalmente condizionato da te. Perché sei forte, sei tutto ciò che ho sempre desiderato. Sei quell' amore che ho sempre cercato. Un amore a vita. E vivendoti da sedici anni, non mi viene da chiamarti Spider-Man, Peter, ragazzino o ragnetto...-
-"Sentendoti sussurrare al telefono...".-
Lui che rideva a pieni polmoni con M.J. e i suoi zii mentre guardano un film in salotto, lui che disegnava da piccolo e i suoi disegni, lui che abbracciava Ben e May.
Una porta vicino allo schermo si aprì e ne uscì Tony, con un microfono in mano. -... ti chiamo "figlio".-
-"... aspettami per tornare a casa".-
Peter si leccò le labbra secche mentre lo schermo diventava nero e le luci si accendevano. Stark sospirò e camminò verso di lui, -Faccio schifo come tutore, lo ammetto, e ce la sto mettendo tutta per non deluderti. È faticoso, ma non mi arrendo. Non lo farò mai. Perdonami per averti mentito, credevo di proteggerti e ho sbagliato.-
-Quindi adesso che si fa? Lo so che non mi toglierà il bracciale...-
-No, non posso. La mia relazione con te è molto importante per me e voglio salvarla. Puoi fidarti di me ancora una volta, Pete? Ti prego.-
Deglutì e provò a fermare i tremori alle mani. -Posso provarci.- ammise, quel filmato lo aveva steso.
Tony sorrise grato e si inginocchiò di fronte a lui per mettersi alla sua altezza. -Grazie, Petey-pie. Stai bene?-
-Sì, sono solo un po'... scombussolato, ecco.-
-Colpa mia?-
-In parte.-
-Ah, ho capito, sei nervoso per il ballo di domani?- lo stuzzicò, riuscendo a farlo sorridere leggermente.
-Non ho mai imparato i balli da sala, sono sempre stato più per il pop. E non so proprio come si balla con una ragazza.-
L' uomo gli accarezzò una coscia dolcemente. -Vuoi parlare di quello che ti ho appena detto o...?-
-Sono stanco, Mr. Stark. Mi basta sapere che non è stato mio padre a... insomma, ha capito. E posso comprendere perché l' ha fatto. Possiamo parlarne un' altra volta?-
Annuì. -Va bene. Per quanto riguarda domani, ci penso io. Va' a metterti un vestito elegante, stasera ti porto a cena fuori e ti faccio conoscere qualche mio amico dello spettacolo.-
-E i paparazzi?-
-Ci penserà Happy. Su, muoviti.- lo spedì gentilmente verso l'ascensore e, prima che potesse seguirlo, il ragazzo lo richiamò. -Sì?-
-Ehm... per quanto mi riguarda... sono felice che mi veda come un figlio. Perché io... sto iniziando a vederla... a vederla come un padre, diciamo.-
Gli sorrise con amore e, con passo svelto, gli stampò un bacio in fronte. -Non hai idea di quanto questa cosa mi renda felice.-
E prima o poi troverò il coraggio di dirti tutto quanto, su di noi e sulla tua famiglia.

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-Kitta♡

The Hero's SecretWhere stories live. Discover now