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Peter era seduto all' incontrario su una sedia e col collo piegato, le braccia poggiate sullo schienale. Dall'altra parte del vetro, assieme a lui, la dottoressa Helen Cho gli stava togliendo il microchip dopo undici anni.
Bruce le aveva lasciato l' infermeria e tutto il necessario per procedere e adesso Tony li stava guardando con un vuoto negli occhi. Lui poteva vedere loro e loro non potevano vedere lui. Il miliardario salì le scale per tornare al piano di sopra, dove i suoi amici attendevano come lui che quel piccolo intervento finisse.
-Non vorrei dire "te l' avevo detto"...- iniziò lo scienziato, -... anzi no, voglio dirtelo e te lo dico: te l' avevo detto.-
-Tutti noi te l' avevamo detto.- fece serio e arrabbiato come gli altri Steve, seduto sul divano con la testa bassa e le braccia incrociate.
-Vi dispiacerebbe smetterla? Già ho i nervi a fior di pelle perché sotto di noi c'è una lama di dieci centimetri molto vicina al collo di mio figlio, se poi vi ci mettete anche voi...- Stark sospirò e si mosse a scatti, era agitato e preoccupato. -Se quella strega mi ricapita tra le mani...-
-Sul serio?- Happy aprì bocca per la prima volta da quando erano tornati e si alzò dalla poltrona. -Ce l' hai con lei per aver spifferato quasi tutto e non con te stesso perché adesso Peter ti odia di nuovo? Vedi cosa succede a non dire subito la verità?-
-Ovvio che sono furioso per la mia stupidità, Hap, però c'è ancora il fatto che quella ragazza sia ancora là fuori, lei e la sua banda mistica di Suicide Squad, e adesso che Peter è senza chip io non posso proteggerlo costantemente!-
-Sa cavarsela, Tones, è Spider-Man.-
-È un ragazzino!- urlò contro il suo migliore amico, -Non può farcela, non è ancora pronto per una battaglia del genere.-
-Lo abbiamo allenato noi, ha del potenziale.- Natasha difende il figlioccio come meglio può, gli occhi puntati in quelli scuri di lui. -Ti ricordi quando si è liberato da quelle macerie da solo? Ce l' ha fatta perché gli hai detto che credi in lui. Gli serve solo fiducia.-
Il resto degli Avengers annuì, concorde.
Tony strinse le meningi. Non ce la faceva, proprio non ci riusciva a vedere quel ragazzo come un quasi adulto o qualcuno che non aveva bisogno di lui. Era ancora il suo bambino, quel bimbetto di tre anni al quale rimboccava le coperte dopo avergli raccontato una storia di lui e la sua squadra.
Aveva visto e provato di persona quanto Toomes e Octavius fossero forti e sapeva di per certo che Venom non era una creatura da sottovalutare. No, Peter non se la sarebbe mai cavata da solo.
Senza dare spiegazioni, andò nel suo laboratorio.
Dopo quindici minuti di silenzio e ansia, Helen Cho salì le scale seguita dal giovane; aveva un cerotto dove prima c'era il chip. -Tranquilli, tutto è andato per il meglio, gliel' ho tolto completamente. Sono rimasta sorpresa dalla vostra telefonata, sono dovuta venire via direttamente dalla Romania, ma sono certa ne sia valsa la pena.-
-Grazie, Helen.- Captain America si fece avanti e le strinse calorosamente la mano.
-E di che? Te lo dovevo.- sorrise lei, riferendosi a quando, anni fa, le salvò la vita.
Detto ciò, salutò in generale e si diresse verso il tetto per prendere il quinjet che l' aveva portata fin lì. Lo stesso che aveva riportato a casa tutti loro dopo quella loro breve vacanza. Avevano mangiato durante il viaggio e Peter non aveva aperto bocca per tutto il tempo.
Quest' ultimo non mostrò alcun sentimento nel guardare i suoi "tutori". -Immagino che lo sapevate tutti, eh? Avete idea di quanto mi senta violato? E per il resto? Come farò a guardare M.J. in faccia? Dobbiamo andare al ballo insieme questo venerdì, maledizione!-
-Se ti può consolare, lei lo sapeva già.- lo avvertì Clint, grattandosi tra i capelli.
Parker sgranò gli occhi. -Fantastico...-
-Pete? Sappi che nessuno di noi ti ha spiato più di tanto in questi anni. L'unico che guardava quasi sempre tutte le tue giornate era Tony.- e questa frase da Sam gli fece guadagnare una gomitata sia da Natasha che da Bucky. -Ok, scusate.-
-Oh, è un incubo... Lo sapete che posso denunciarlo per pedofilia? Per violazione della privacy?-
-Peter, ascolta.- Bruce alzò le mani in segno di innocenza e gli si avvicinò, -Tony ha sbagliato, è vero, ma non aveva cattive intenzioni.-
-Ma davvero? Allora spiegatemi, ditemi perché l' ha fatto.-
-Dovresti parlarne direttamente con...-
-Non ci parlo con lui!- lo interruppe, alzando la voce. -Fin' ora ho scoperto solo cose brutte, cose che tutti voi mi avete nascosto. Pensavo che mi voleste bene, credevo di essere desiderato, e invece siete tutti uguali, siete come la mia mamma che neanche mi voleva!- ruggì, facendosi venire le lacrime agli occhi.
Era stanco, era al limite delle forze, mai come adesso la voglia di scappare da loro era salita a questi livelli.
Rhodey gli mise una mano sulla spalla. -Noi ti vogliamo bene, Peter, più di quanto credi.-
Il sedicenne se lo scrollò di dosso con forza. -Bugiardo, non è vero! Se così fosse, non mi avreste mentito. Ditemi perché mi ha messo quello stupido chip e basta, ho il diritto di saperlo!-
-Non è nostro compito dirtelo, Peter. Parla con Tony, lui ti dirà tutto.- parlò Thor, aggiungendo mentalmente un "almeno si spera".
L' adolescente fece per ribattere, ma perse le parole quando percepì alle sue spalle una presenza. Stark camminò con passo controllato, fino a trovarsi di fronte al figlio. Lo guardò nelle pupille colme di delusione e tradimento. -Ti ha tolto il chip?-
-Sì.- disse secco, fronteggiandolo con caparbietà. Non aveva paura di un suo scatto d' ira, non ne aveva alcun motivo. Era lui quello in torto e lo sapeva.
Tony annuì e si morse il labbro. -Immagino che chiedere scusa non basti, vero?-
-No.-
-E spiegarti il perché l' ho fatto aiuterebbe?-
-Probabile.-
Sospirò. -E se ti dicessi che la ragione per cui ho agito così è più pesante di quanto può sembrare e che ho bisogno di tempo per capire come dirti la verità?-
-Non m' importa. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, Stark. Fanculo la polizia e i servizi sociali, mi sono rotto. Voglio andarmene e intendo farlo. Ora vado in camera mia, preparo le valige e chi si è visto si è visto. Chiaro?- fu coinciso, la voce non gli tremò. Era determinato ad andare avanti. Era la sua vita e quell' uomo doveva capire che non poteva controllarlo. Sarebbe andato da M.J., caso mai.
Le persone li guardarono con sospetto. Capivano la voglia del loro nipotino di volersene andare dopo quell' affronto, tuttavia era pur sempre in pericolo e di abbandonarlo non ne avevano proprio voglia. Tutti rimasero in attesa di una risposta da parte di Iron Man. Una risposta che di sicuro sarebbe stata esagerata, negativa e...
-D'accordo.-
Eh?
Peter arcuò un sopracciglio. -Come? In che senso "d'accordo"?-
-Vuoi andartene? Fallo, non ti fermerò.-
Tutto qui?
No, troppo facile.
-Mi prende in giro?- chiese, facendo un passo indietro. Era troppo accondiscendente.
-Se hai l' età per guidare, allora ce l' hai pure per decidere della tua vita.- fece e gli porse la mano, -Buona fortuna, Parker.-
Ok, troppo strano.
Nessuno capì le intenzioni dell' uomo, forse aveva deciso di lasciarlo in pace per un po'. Guardando a turno sia la faccia che la mano destra di Stark, gli porse la propria e gliela strinse. Il tempo della stretta che Tony ne approfittò, mettendogli al polso un braccialetto blu elettrico e facendolo scattare tipo serratura.
-Ehi!- protestò Peter, allontandosi in fretta e guardando quello strano gioiello. Che fosse elettronico era palese, brillava leggermente ed era grande quanto un bracciale, però non gli dava fastidio. -Che cosa...?-
-Dato che non ho più il chip per rintracciarti, quello prenderà il suo posto. Non mi permetterà di farti fare, vedere o sentire le tue cose, ma è munito di microchip e tanto mi basta. Lo posso togliere solo io, ha memorizzato solo il mio tocco. Quindi mi chiedo, che senso ha andarsene ora? Tanto saprei comunque dove ti sei rintanato. Va' dove ti pare, ragnetto, ti troverò sempre.-
-Tony!- la voce di Steve era colma di disprezzo e stupore. Veramente era arrivato a compiere un tale gesto?
-Mi fai schifo!- lo spintonò con lacrime di rabbia ceca agli occhi e corse al piano di sopra, rinchiudendosi.
-Stark?- lo chiamò Natasha, -Non sono una donna da parole forti, ma stai iniziando seriamente a farmi rodere il culo.-
-Uuh, ora è arrabbiata.- Sam si esprì in una smorfia dolorante.
-Si può sapere cosa cavolo volevi fare? Perché? Perché continui a spingerlo verso un odio che sai che in realtà non prova? Non gli hai chiesto nemmeno scusa, non gli hai spiegato niente, ti sei limitato a mettergli un nuovo paio di manette!- la russa lo attaccò verbalmente, andandogli addosso e senza trattenere uno spintone. -Dove hai la testa? Sei una persona intelligente e sveglia, sei tanto bravo coi tuoi giocattolini, ma con gli esseri umani fai cagare, Tony! Ora risolvi tutto questo casino o hai la mia parola che ti stronco con solo le sedie di questa cucina!-
-Mi aggrego alla minaccia.- borbottò Clint, Thor vicino a lui annuì.
Lui lasciò andare l' aria in eccesso. Sì, sapeva di aver fatto una mossa falsa e che aveva solo divampato le fiamme del ragazzo. Doveva fare qualcosa.
E aveva già un' idea.

Tony non riesce ad alzare la testa, lo sguardo rimane incatenato al pavimento. Vuole entrare, ma sa che non può.
Come lo spiegherebbe?
Finalmente, May esce dalla stanza. -Come sta?-
La donna è affaticata, in lutto e sull' orlo del pianto. -Come vuoi che stia? Non offenderti, ma... Ben era... Dio, era il padre che gli stava vicino. Mio marito...- singhiozza e si lascia abbracciare.
Il cuore dell' uomo batte, batte forte e furioso. È colpa. È dolore. -Vorrei... vorrei aver fatto di più.-
-Hai fatto tutto quello che hai potuto. Me l' hai riportato vivo.- si asciuga le lacrime e gli sorride triste, -Io... ho bisogno di stare da sola per un po'. Vado a prendere una boccata d' aria, puoi... puoi controllarlo, per me?-
-Certo che posso. Vai.- le stringe le mani per darle forza e sicurezza. Lei annuisce e si dirige verso l' esterno.
Tony torna con la schiena sul freddo muro bianco. Fa caldo, molto caldo, e per tutto l' ospedale thailandese si sentono le urla.
Urla di dolore, di ferite, di morte.
E Stark può solo ringraziare che fra quelle grida disperate non ci sono quelle di suo figlio.
I suoi amici sono andati in giro per il paese ad aiutare la gente, dopo che ha ribadito più volte di potercela fare da solo con May, e adesso lei è stata obbligata dal senso del dovere di dire al nipote della morte di Ben Parker.
Che poi non sono nemmeno suoi zii per davvero, dopo tutto... ma non importa; lo hanno amato e lo amano. Questo conta.
Spinto dal desiderio di fare qualcosa, di essere utile, entra nella stanza. Il ragazzino stringe il cuscino come ad abbracciarlo, piange forte e viene scosso ad ogni singhiozzo. È bendato sia sul petto che sulla testa, per via del lungo intervento a cui si è sottoposto, e anche se pare stremato sta usando tutto sé stesso per scaricare il suo male in quel pianto.
Non ci mette molto ad accorgersi della sua presenza: -Lei che ci fa qui?-
Il padre deglutisce un groppo in gola, vederlo ridotto in quello stato gli fa male quasi fisicamente. -Mi dispiace per tuo zio, ragazzino. Ho tentato di...-
-Se ne vada!- urla di colpo il dodicenne, -Vada via! È stato lei, me l' ha portato via!- grida come riesce e gli lancia contro la scatola di fazzoletti che è sul comodino.
Tony la evita per un soffio.
-Sparisca! L' ha ucciso, l' ha lasciato a morire!- continua e tira tutto quello che gli capita sotto mano.
Con destrezza, Stark arriva fino a lui e riesce a bloccargli le mani. Di conseguenza, stando attento, lo prende in braccio.
-No, no, mi lasci! Questa è tutta colpa sua, doveva salvare lui! Potevo farcela da solo, lui no!- strepita, dandogli dei pugni sulle spalle e sulla schiena.
Sedendosi sul letto e col bambino a cavalcioni, lo circonda con un braccio e l' altro lo accarezza alla testa con la mano. Le dita giocano con le ciocche per calmarlo.
Il più piccolo, a pezzi e ferito, nasconde il viso contro il suo collo. -È colpa sua... è tutta colpa sua... Lei lo ha ucciso... è colpa sua...- balbetta e stringe la sua maglietta.
I cuori di entrambi battono a ritmi impetuosi e Tony trattiene le lacrime che cercano di scappare. Baciandolo sul capo, lo culla per far rilassare entrambi.
È colpa sua. È sempre colpa sua.
Tutta quella storia è colpa sua.
Mia.
-Lo so, piccolo... lo so.-

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-Kitta♡

The Hero's SecretWhere stories live. Discover now