Capitolo 11 - Così ho trovato la mia fede [Revisionato]

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Chloe si alzò sulle punte, sbirciando l'interno dell'abitazione dai piccoli pannelli di vetro della porta d'ingresso. Un tavolo ovale campeggiava al centro di un salone arredato in stile classico, con sedie dallo schienale imbottito, modanature decorative sulle pareti e predominanza di colori chiari – crema per pareti e tappezzeria, legno d'acero per il mobilio. Chloe non era in grado di vedere il resto della stanza che si apriva sulla destra, ma riusciva a scorgere la porta che dava sulla cucina e la ringhiera di colonnini torniti della scalinata che portava al piano superiore.

«Non sembra molto da Brycen» disse, arricciando il naso in una smorfia. «È così... Come dire... Un po'...»

«Banale?» Brycen la affiancò, inserendo la chiave nella toppa per aprire la porta protetta da due mandate. «Ti avevo avvisata riguardo al fatto che non fosse niente di eccezionale.»

Chloe sgusciò sotto il suo braccio teso, precipitandosi nel salone prima ancora che la porta si aprisse del tutto. Il resto della stanza ospitava un'area più ampia, con tendaggi scuri sulle alte finestre. Un immenso tappeto occupava la zona centrale, dove un tavolinetto basso era circondato da una serie di divani foderati. Chloe sorrise nel notare che il più lungo era corredato di sette cuscini, uno per ogni colore dell'arcobaleno.

«Adesso cominciamo a ragionare» disse, afferrando quello viola per stringerlo tra le braccia.

Lasciò vagare lo sguardo oltre le lampade da terra in legno intarsiato, fino a raggiungere il camino che troneggiava sul fondo della sala. La sua presenza in quella casa era tanto superflua che un soffio ilare le sfuggì dalle labbra, ma il suo commento a riguardo le restò incagliato in gola; appesa sopra il focolare, una spessa cornice d'ebano abbracciava il ritratto di tre giovani che attirò la sua attenzione.

«Oh, Dèi! Ma quello sei tu!»

Chloe abbandonò il cuscino e corse verso il dipinto, ammirandolo più da vicino. Un Brycen adolescente sostava in piedi davanti a un pioppo innevato, con indosso un completo rosso e blu dalle tonalità vivide e i capelli raccolti all'indietro. Alla sua destra, con la mano stretta alla sua, una ridente ragazzina sfoggiava un abito giallo canarino su cui spiccavano due trecce viola così lunghe da sfiorarle la vita. Si aggrappava al braccio di un altro ragazzo, che invece portava il viola sulla giacca. Il viso dai tratti marcati era tenuto ben alto, illuminato da un sorriso strafottente, mentre i lunghi capelli verde chiaro ricadevano sulle spalle.

«Lei è Mari, giusto? Ti somiglia moltissimo. Sembra una bambola, è così graziosa!» cinguettò Chloe, puntando il dito verso la tela. «E lui suppongo sia Edvokin. Non mi avevi detto che fosse così affascinante... Quanti anni avevate qui?»

«Edvokin diciotto, io sedici e Mari dodici» disse Brycen, affiancandola. «È l'unico che abbiamo in cui figuriamo tutti e tre insieme, senza gli altri cugini o familiari: hanno entrambi insistito perché lo tenessi io.»

«Hanno avuto un'idea adorabile. Scalda più questo del camino, non trovi?» Chloe poggiò la testa sulla sua spalla, circondandogli la vita con un braccio. «Ho solo una domanda: perché Edvokin ha i capelli sciolti?»

«La tradizione vuole che si tengano sempre legati, soprattutto nelle occasioni formali.»

«Lo so» disse Chloe, sfarfallando le ciglia. «Per questo ho chiesto la motivazione.»

«Quella era la motivazione.»

Chloe liberò uno sbuffo divertito. «Non vedo l'ora di conoscerlo, adoro già sia lui che Mari. C'è altro che hai portato da Zima?»

«Nulla di rilevante, ad eccezione dei libri. Confesso che la libreria sia stata l'unica cosa in cui ho investito tempo e denaro per effettuare delle modifiche, quanto al resto mi sono semplicemente adattato.»

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