Capitolo 46 - Era più semplice fingere [Revisionato]

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Chloe si lasciò cadere all'indietro, accasciandosi sul covone di fieno. Sentì i cavalli nitrire nei loro stalli, lamentandosi in sbuffi e scalpiccii di zoccoli, ma la scuderia era troppo distante dalla magione perché qualcuno potesse sentirli.

Chiuse gli occhi, crogiolandosi nell'oscurità di quel silenzio per i brevi istanti che aveva a disposizione. Il tempo di un respiro, scandito dal suono dell'aria che scivolava tra le sue labbra, cercando di prolungare il più possibile quello stato di falsa quiete.

«Dobbiamo andarcene» disse, dandosi la spinta per rimettersi in piedi. «Suppongo che le guardie setacceranno prima la magione, ma dopo verrà il turno della scuderia. Scusami, ho bisogno di concentrazione assoluta per andare più lontano di così.»

Brycen ebbe più difficoltà a rialzarsi. Agitò braccia e gambe, un po' affondando nel covone e un po' scivolando giù, finché non ruzzolò a terra. Avevano fili d'erba essiccata incastrati tra i capelli e appiccicati sui vestiti, così tanti da pizzicare la pelle e inondare le narici con il loro dolce odore terroso. In un'altra occasione Chloe l'avrebbe trovato divertente, ma non le sfuggì neppure una breve risata.

Aggirò il covone per aiutare Brycen ad alzarsi, ma lui non afferrò le sue mani. Restò immobile, con gli occhi vacui puntati al suolo e la mente rivolta chissà dove.

No, Chloe sapeva dove. Brycen ragionava in modo analitico e schematico, la sua prima reazione a una nuova scoperta era confrontarla con quanto sapeva già e scandagliare i suoi ricordi alla ricerca di qualsiasi dettaglio potesse aiutarlo a mettere insieme i punti.

«Quella volta, con l'acrobata Sehr...» mormorò a un tratto. Quanto indietro stava spingendo la sua memoria? «Credevo avessi paura di scoprire di possedere un Naru latente, ma sapevi già di averlo: Maelstrom. Sei la Dotai di Maelstrom.»

Chloe annuì, tormentandosi le dita. Si preparava ad affrontare quell'argomento dal giorno dell'incendio, ma ora come allora le scelte a sua disposizione erano solo due, tacere o mentire, e le odiava entrambe.

«Brycen.» Si inginocchiò al suo fianco, ma lui non la guardava ancora. Era a pochi centimetri da lei eppure non l'aveva mai sentito così distante. Non era neanche certa che l'avesse sentita, forse al momento la situazione attuale non trovava spazio nei suoi pensieri.

«Brycen» lo chiamò di nuovo, accarezzandogli il viso. Lui alzò lo sguardo in un sussulto, come se avesse appena notato la sua presenza. «Non possiamo restare qui. Seguimi, ti assicuro che andrà tutto bene, d'accordo?»

Brycen la fissò per un lungo istante, poi annuì. Chloe lo aiutò a rialzarsi e si affacciò con cautela oltre l'ingresso, assicurandosi che il giardino fosse ancora tranquillo prima di uscire.

La vegetazione si infittiva nel risalire lungo il pendio innevato, arricchendosi di tanti alberi e cespugli che era difficile comprendere dove finissero i territori Metsiz e dove cominciassero i boschi. Dal lato opposto, dietro l'imponente figura della magione, la città di Kholod si estendeva per chilometri in vivide macchie di colore rese intense dalla luce rosata del tramonto. La visuale dall'alto rendeva ancora più evidente la divisione in anelli, con le costruzioni policrome che si facevano più piccole e ravvicinate man mano che si raggiungeva il centro per poi allargarsi di nuovo verso valle. Il Vakenstla cresceva lì da qualche parte, lontano dalle costruzioni cittadine, ma usarlo come Aggancio sarebbe stato rischioso senza la certezza che l'arena da duello fosse vuota.

Meglio affidarsi alla vista. Chloe guardò oltre i confini del settimo anello, dove i campi coltivati lasciavano il posto alle vaste distese pianeggianti. Strinse gli occhi e scelse un punto su cui focalizzarsi, poi attirò il Sihir tra le dita e tirò i fili della realtà finché l'aria non si squarciò in una voragine oscura.

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