Capitolo 34 - Casa dolce casa (1/2) [Revisionato]

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Kholod risultava insignificante dopo aver visitato Skeld. Non era dissimile dalle altre cittadine dell'entroterra di Zima arroccate tra i monti Vyrst, con grandi casolari di pietra dipinta che scalavano i pendii innevati, ma i colori erano sbiaditi rispetto alle vibranti sfumature della capitale.

O forse era solo la sua impressione. Tutto a Kholod sembrava spento agli occhi di Brycen, immerso in un denso fumo grigio dal sapore agrodolce. Oltre la carrozza poteva osservare le strade che avevano caratterizzato la sua infanzia in compagnia di Edvokin, Mari e Bethelie, la biblioteca che era solito visitare di nascosto, il dipanarsi delle pianure innevate su cui lasciava correre Karsel a briglia sciolta. Ma erano le stesse strade in cui Vladimir e i suoi amici mostravano il loro odio con insulti e percosse, la biblioteca che affiancava la scuola in cui non aveva mai potuto studiare, le pianure in cui era costretto a rifugiarsi quando l'oppressione sembrava fargli esplodere il petto.

Non sarebbe mai riuscito a provare nostalgia per la sua terra. Non provava nemmeno rancore: persino quelle emozioni erano sfocate e smorte, appassite insieme alle foglie d'autunno, come se la vita che ricordava fosse appartenuta a qualcun altro.

La magione Metsiz sorgeva nel settimo anello, la zona più alta ed esterna di Kholod, dominando la periferia insieme alle altre famiglie influenti della città. Circondata da giardini sempreverdi, si componeva di una grande pianta centrale a cui si accostavano sezioni di varie dimensioni che creavano un perimetro irregolare, frutto della necessità di ampliare gli spazi per le nuove generazioni. L'ultima modifica era stata volontà della sua trisnonna Alyoska, che aveva fatto edificare un terzo piano di pietra turchese a contrastare il solido rosso scuro della costruzione originale.

«Dèi, ma è stupenda!» Chloe sospirò di meraviglia, sporgendosi dal finestrino. «Quanti hai detto che siete, in casa? Venticinque?»

«Ventisei. Mia cugina Zenaida ha dato alla luce il suo secondogenito quest'estate.»

Chloe arricciò le labbra in una smorfia pensosa. «Un altro maschio?» Brycen annuì. «Sarete presto ventisette, allora.»

Brycen annuì di nuovo. Solo le donne potevano ereditare la proprietà delle Cave: gli uomini avevano diritto a una percentuale dei guadagni da parte della madre e delle sorelle, ma non potevano assicurare stabilità economica alla famiglia. Se Zenaida fosse morta senza figlie femmine le sue quote sarebbero state suddivise tra le sue sorelle, e i suoi figli non avrebbero più riscosso alcun introito.

In assenza di eredi, molte madri si assicuravano di spingere in fretta i figli verso matrimoni vantaggiosi che potessero mantenerli, magari con le loro cugine, ma partorire una femmina era il principale obiettivo di molte donne dell'alta società. Quand'era bambino, Brycen ricordava di aver ascoltato la storia della prozia Anja, che aveva perso la ragione dopo il sesto figlio maschio. Nessuno sapeva dire che fine avesse fatto o dove fosse la sua prole: tutti parlavano di lei come se le sue disgrazie non fossero altro che un divertente aneddoto, una derisione che Brycen trovava straniante già allora.

La famiglia era uno dei valori cardine della cultura zimea, ma soggetta ai mutevoli canoni dell'incoerenza. A vivere sotto lo stesso tetto era solo il ramo materno, mentre gli uomini abbandonavano la propria dimora dopo il matrimonio: perdevano il proprio cognome per adottare quello della moglie e non erano più considerati parenti dalla famiglia d'origine, che mantenessero o meno buoni rapporti. Non erano solo i figli della prozia Anja: Brycen non ricordava l'ultima volta che aveva visitato i suoi zii paterni o i cugini che si erano sposati, e i loro nomi non venivano mai menzionati nelle questioni familiari.

Quelli come Brycen, che decidevano di trasferirsi per un motivo diverso dal matrimonio, non erano molti. Obblighi di lavoro e viaggi di piacere erano tollerati, ma qualunque altra ragione era considerata un un tradimento verso la famiglia. Brycen era certo che i suoi parenti l'avrebbero ripudiato se non fosse stato per sua madre, che aveva giustificato il suo trasferimento a Sayfa con la necessità di cure specifiche per la misteriosa malattia che si portava dietro sin da bambino.

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