Capitolo 47 - Famiglia [Revisionato]

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Tra gli alberi del giardino c'era un pioppo che si stagliava solitario al limitare del bosco, nel cuore di una piccola radura in cui Brycen amava rifugiarsi sin da quand'era bambino. Leggeva all'ombra delle sue fronde, offriva lunghi monologhi alle sue foglie vibranti, si acquattava contro il suo tronco quand'era di pessimo umore. Alcune volte sembrava che il pioppo volesse tenere a distanza gli altri alberi, altre che fossero stati loro a emarginarlo lì, e Brycen riusciva a comprendere entrambe le cose.

Quello avrebbe dovuto essere il suo posto, ma né Mari né Edvokin avevano mai rispettato la sua volontà di restare da solo. Lo cercavano, lo seguivano, si rifiutavano di lasciare il suo fianco. C'erano giorni in cui la loro ostinazione lo infastidiva, perché non c'era modo di far comprendere a quei due la sua necessità di isolarsi, ma c'erano occasioni in cui Brycen si recava al pioppo con la sola speranza che uno dei due lo raggiungesse, che lo trovassero anche quando non aveva il coraggio di chiederlo.

E loro lo facevano, sempre.

Brycen sentì i muscoli distendersi quando li vide, Edvokin con la schiena poggiata contro il tronco e Mari a camminargli attorno nervosa, agitando la lanterna con incastonata una Pietra di Sihir così luminosa da rischiarare l'intera radura. Sua sorella soffocò un urlo quando si accorse di lui, e subito gli corse incontro per gettarsi tra le sue braccia.

«Sia lodata Beyled, ero così in pensiero! Temevo non saresti mai venuto!»

Brycen la strinse a sé per il tempo di un lungo respiro prima di lasciarla andare, ma sembrò comunque troppo poco. Lei era ancora tesa, con un sorriso forzato sulle labbra, e lui sentiva l'agitazione correre sottopelle. Si sforzò di tenere i suoi pensieri sul binario di priorità che la sua parte razionale aveva tracciato, ma sentiva sferragliare le ruote sotto la spinta della miriade di domande che si agitavano per venir fuori.

«Invero un sollievo che tu sia ancora prevedibile come quand'eravamo fanciulli.» Edvokin lo affiancò, cingendogli le spalle in una presa salda che gli drizzò il busto. «Mi definirei lieto di vedervi ancora liberi e in salute, ma a voler essere sinceri non ne ho mai dubitato. Cercare un Dotai che può sparire e andarsene chissà dove? Beh, buona fortuna. Quasi mi dispiace per le guardie, dubito che ricevano uno stipendio adeguato per fronteggiare una simile situazione.»

«Qualcuna di loro è rimasta alla magione?» domandò Chloe.

«Una all'ingresso principale, l'altra nella camera di Brycen.» Mari ruotò la Pietra di Sihir nel castone e la luce si affievolì un poco, così da illuminare solo le loro figure. «Hanno chiesto che ci fosse un domestico a sorvegliare anche la tua camera e gli altri ingressi almeno fino a domani.»

«Sarebbe stato un po' sospetto recuperare il tuo cappotto, perciò dovrai accontentarti di quello di Mari. Sempre meglio che patire il freddo.» Edvokin le porse un fagotto di lana e pelliccia che Chloe indossò alla svelta, abbottonandolo fino al collo.

Brycen le aveva già offerto la sua giacca, ma erano in pieno autunno, al limitare dei boschi, e il sole era già tramontato da ore. Non sarebbe stata sufficiente a proteggerla dal gelo serale, ancor meno durante una fuga a cavallo notturna tra le montagne. Come aveva potuto pensare di poter partire senza recuperare nulla? Quel piano era così ridicolo che si vergognava persino di averlo formulato.

«Suppongo non vi sorprenderà sapere che la vostra rocambolesca fuga ha suscitato parecchio scompiglio non solo tra le guardie, ma anche all'interno della famiglia» disse Edvokin. «Mi riservo il racconto completo per quando ce ne sarà occasione, per il momento ritengo di poter riassumere il tutto con due aggiornamenti. Uno è tremendo, sebbene fosse prevedibile, mentre l'altro è una piacevole sorpresa.»

Brycen sospirò. «D'accordo, ascoltiamo la pessima notizia.»

«Non ho mai detto che avresti potuto scegliere l'ordine» sghignazzò Edvokin.

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