Capitolo 37 - Chi sei davvero (2/2) [Revisionato]

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«Che delizioso quadretto!»

Brycen alzò lo sguardo per incrociare quello di Karamilla, che li fissava con le labbra sottili allungate in un sorriso malevolo. Sevre, suo fratello minore, la reggeva per un braccio di malavoglia; aveva un'espressione annoiata e stanca, ma gli occhi dorati si illuminarono alla vista di Edvokin. Tentò di divincolarsi, ma Karamilla strinse la presa attorno al suo braccio e lo tirò a sé.

«È davvero piacevole vedere che andate così tanto d'accordo tra voi» trillò, avanzando in passi lenti. «Che caro cugino sei, Brycen: preferisci la compagnia di mio fratello persino a quella di Donzella Chloe. Ho forse disturbato? Interrompo qualcosa?»

Brycen roteò gli occhi, svuotando l'ennesimo bicchiere. Edvokin riempì di nuovo il suo per imitarlo, poi si issò dal divano in una risata beffarda.

«Oh, mia adorata sorella, sublime visione su Halka! Beyled ha benedetto ogni donna con bellezza, ingegno e grazia, ma è Karamilla l'inconfutabile prova...» Edvokin afferrò la mano libera di sua sorella, inchinandosi per portare le nocche alla fronte. «... che finanche le divinità commettono degli errori.»

Sevre scoppiò a ridere, un rapido sbuffo ilare che tentò di soffocare con la mano. Brycen serrò le labbra per trattenersi a sua volta, ma la sua espressione dovette tradirlo: Karamilla fulminò anche lui con lo sguardo, ritirando la mano stizzita.

«Beyled misericordiosa, voi due insieme siete insopportabili!»

«Così mi offendi, sorella. Mi impegno quotidianamente per risultare insopportabile anche da solo.» Edvokin afferrò la bottiglia, facendola oscillare in lenti movimenti del polso. Alzò le spalle, poi bevve direttamente dal collo. «Ti inviterei a unirti a noi, ma non ne ho affatto voglia. Temo di non essere ancora sufficientemente ubriaco per sopportare la tua presenza.»

«E tuttavia lo sei abbastanza per proferire scempiaggini» ribatté Karamilla. «Non prendere esempio da questi due scellerati, Sevre. Non sanno come portare il giusto rispetto a una donna. Guarda come si sono ridotti: uno ha dovuto accompagnarsi a una jiyana, l'altro è ancora scapolo a trent'anni compiuti.»

«Non certo perché ho carenza di opzioni» disse Edvokin.

Brycen soffiò un sospiro pesante. Il modo in cui si era rigirata quel jiyana sulla lingua, come fosse un'offesa, era sufficiente a fargli ribollire il sangue. Si pentì di non avere altro liquore da ingoiare insieme al suo risentimento; l'alcol gli alleggeriva la mente, ma era ancora troppo lucido per sopportare una diatriba. La giornata era iniziata così bene, non aveva intenzione di concluderla con la sua pazienza ridotta a brandelli per l'ennesima volta.

«Siamo solo un po' allegri per via dell'alcol» disse, sforzandosi di allungare un sorriso che potesse rabbonire sua cugina. «Ci stavamo intrattenendo con chiacchiere e nalewka, forse abbiamo esagerato.»

Karamilla però schioccò le labbra, affilando lo sguardo. «Non è mio interesse sapere come speravi di intrattenerti qui da solo con mio fratello, distesi così vicini sul divano.»

«Karamilla, per cortesia: non tenere simili discorsi di fronte a dei bambini.»

Zenaida le scoccò un'occhiata severa mentre avanzava. Sevre aveva già quindici anni, ma non si azzardò a correggerla: drizzò le spalle quando lei gli passò accanto, fissandola con soggezione. Era così alta che persino Karamilla dovette sollevare il mento, un fragile stelo d'erba al suo cospetto.

«Però durante i pasti non vi premurate di tacere, pur con noi bambini presenti» la rimbeccò Egvenya, la voce nasale e squillante. I boccoli castani, ereditati dal lato Toralov, erano raccolti solo a metà: non aveva ancora compiuto quattordici anni, perciò non era costretta ad acconciarli.

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