Capitolo 14 - Quello di cui ho bisogno [Revisionato]

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Brycen era così immerso nella lettura che sobbalzò quando sentì bussare alla porta. Aprì lo sportello del suo orologio da taschino, aggrottando la fronte alla vista dell'ora: chi mai poteva fargli visita all'una di notte?

Abbandonò il libro sul tavolino e si alzò dal divano su cui si era accasciato, trascinando i passi verso l'ingresso. Riconobbe la figura di Chloe attraverso i vetri decorativi prima ancora di posare l'occhio sullo spioncino; quando le aprì la porta, lei gli diede a malapena il tempo di prendere fiato prima di gettarsi tra le sue braccia.

«Scusami, lo so che è tardissimo. Morivo dalla voglia di vederti»

«Non preoccuparti, ero ancora sveglio.» Brycen sorrise, chiudendo la porta con una leggera spinta.

Avvolse Chloe per le spalle e le baciò la fronte, sfiorandole la frangetta con la punta del naso. Di solito, quando lo faceva, lei alzava il collo e cercava le sue labbra – quella volta, però, incassò ancora di più la testa e artigliò la stoffa della camicia con le dita.

«Chloe?» Brycen le accarezzò la schiena, sentendola sussultare a quel tocco. Stava... tremando? «Chloe, va tutto bene?»

«Adesso sì» sussurrò, liberando un pesante sospiro. «Adesso sì. È solo che... La serata non è andata come doveva andare.»

«Parli della scrittura?»

Lei restò in silenzio per un istante, poi annuì. «Diciamo che l'ho abbandonata a metà, ma ora è tutto a posto. Dico davvero.»

Chloe allentò la presa e si allontanò abbastanza da incrociare il suo sguardo, ma c'era qualcosa di sbagliato nella sua espressione: il sorriso era più tirato del solito e gli occhi si spostavano in movimenti appena percettibili, incapaci di restare fermi.

«Vuoi parlarmene?»

«Lo sai che non posso.»

Brycen dovette serrare le labbra per trattenere un commento più aspro di quanto avrebbe voluto. Quella dello scrittore fantasma era una professione onesta e redditizia a Sayfa, ma lui la considerava al pari di una frode: Chloe scriveva romanzi per conto di terzi, eppure il suo nome non figurava sulla copertina né da nessun'altra parte. I clienti pretendevano che non si sapesse che l'opera non era stata scritta di loro pugno, pertanto Chloe aveva obbligo di segretezza: non solo non poteva far leggere ciò che scriveva, ma neanche condividere dettagli sulle commissioni o sui clienti stessi.

Quel secondo lavoro non gli piaceva. Supportare un simile inganno andava contro la sua etica personale – tuttavia, Brycen aveva falsificato i suoi titoli di studio pur di ottenere una cattedra a Sayfa. Forse l'operato di Chloe andava contro la morale, ma era il suo a infrangere la legge: come poteva arrogarsi il diritto di farle la predica?

«Puoi restare sul vago, senza specificare i dettagli» disse soltanto, sfiorandole le spalle. «Non solleverò polemiche, se è questo che ti preoccupa. Se condividere cosa ti tormenta può aiutarti a stare meglio, sentiti libera di farlo.»

Chloe mugolò in risposta, troppo sfuggente per capire se fosse un assenso oppure no. Scivolò via dal suo abbraccio e cominciò a vagare per il soggiorno, un lento passo dietro l'altro, lo sguardo distratto che scivolava un po' ovunque.

«Avrei dovuto scrivere una scena che non mi piace» sussurrò, stringendosi nelle spalle nel fermarsi di fronte alla finestra. «Non è una novità, fa tutto parte del mestiere: che mi piaccia o meno è irrilevante, va fatto quel che viene richiesto. Oggi però non... Non ci riuscivo. Ci ho provato, giuro che ci ho provato, ma... Non ce la faccio.»

Brycen sentì l'angoscia di quelle parole farsi strada nel suo stomaco. Riusciva a malapena a scorgere i suoi occhi neri, che ora sembravano perdersi oltre il vetro della finestra, ma quello sguardo era così afflitto che non poteva fare a meno di percepire quella tristezza insinuarsi fin dentro le ossa.

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