Capitolo 72 - Libertà e vita

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Il suono del campanello svegliò Brycen di soprassalto. Il primo pensiero fu per il libro che stava leggendo: era scivolato via dalla sua presa e giaceva semichiuso al suo fianco, ma per fortuna le pagine non si erano piegate o rovinate. Allora sospirò di sollievo e si stiracchiò, massaggiando il collo indolenzito dopo quel sonnellino non previsto sul divano.

E poi se ne accorse: a quel trillo non seguì nessuno sbattere di nocche contro la porta né altri suoni più brevi.

"Non è Mindy."

Brycen scattò in piedi, precipitandosi alla porta. Avrebbe potuto essere chiunque, ma la speranza aveva già cominciato a rosicchiargli lo stomaco e le dita tremavano quando scostò la protezione dello spioncino per guardarci attraverso. Scorgere l'azzurro cielo dei capelli di Chloe fu sufficiente a fargli capovolgere il cuore, ma trattenne l'impulso di aprire all'istante. Chiuse invece gli occhi, si passò una mano sul viso e poi affondò le dita tra i capelli sciolti, spostandoli dietro le spalle.

Doveva restare calmo. Calmo e razionale. Non poteva affrontare quella discussione lasciando che fossero la nostalgia, la preoccupazione e l'amore che ancora nutriva verso Chloe a guidarlo. Perciò si schiarì la voce, e solo quando fu certo di avere la sua emotività sotto controllo si decise ad aprire la porta.

Ciò nonostante, quando incrociò il suo sguardo a Brycen sembrò che il cuore si fosse esibito nell'ennesima capriola.

«Ciao» lo salutò Chloe, ma lui non fu in grado di rispondere.

Deglutì, si concesse il tempo per osservarla e un guizzo di sorpresa lo colse. Dal fugace sguardo oltre lo spioncino, era convinto che Chloe non avesse tirato fuori i capelli dal maglione rosa a collo alto che indossava sotto il cappotto; bastò che lei inclinasse appena il capo, sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio, per fargli notare il suo errore.

Corti. Erano corti fino a metà collo, un caschetto dritto come la sua frangetta.

«Hai tagliato i capelli» disse, a metà tra una domanda e un'affermazione, mentre un "ti stanno bene" gli restò incagliato tra le labbra.

«È una sorta di promemoria» spiegò Chloe, rigirandosi una ciocca tra le dita. «Posso entrare?»

Brycen farfugliò un assenso e le fece spazio, chiudendo la porta dietro di lei. Avrebbe voluto rivolgerle almeno una delle domande che vorticavano furiosamente nella sua testa, invece la invitò a togliersi il cappotto e si offrì di prendere dell'acqua, ritrovandosi a riempire due bicchieri avvolto dalla sottile patina di disagio che scivola sottopelle quando si cerca di rendere normale qualcosa che non lo è.

«Scusa se sono sparita» disse Chloe, tormentandosi le lunghe maniche del maglione. «Non volevo farlo. A quanto pare, all'interno di Oblivion non è solo lo spazio a funzionare diversamente, ma anche il tempo. Perciò...»

«Sei tornata nella dimensione oscura?» Brycen lasciò la bottiglia sul tavolo, drizzando la schiena percorsa da un brivido. «È pericoloso, non abbiamo idea di come funzioni. Come faresti a tornare indietro se i sintomi del malessere si manifestassero? Rischi di perderti al suo interno per sempre.»

«Sì, lo so.» Chloe distese le labbra in un sorriso che a Brycen non piacque, poi abbassò lo sguardo colpevole. «Avevo bisogno di svuotare la mente e... parlare con i miei Dei. Ci sono rimasta solo qualche ora, almeno dal mio punto di vista; quando ti ho lasciato la lettera ero convinta che fosse trascorso soltanto un giorno, non avevo ancora capito cosa fosse successo. Mi dispiace.»

Brycen schiuse le labbra in un mormorio incerto. «Perciò le tue ferite...»

«Non sono ancora guarite» confermò, sfiorandosi la coscia coperta da una calzamaglia di lana chiara. Sollevato l'orlo del maglione, così lungo da farle da abito, la sporgenza della fasciatura risultava evidente. «Non preoccuparti, sto bene; ho bevuto un Rimedio prima di venire qui. E poi sono abituata a sopportare questo genere di cose.»

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