Capitolo 71 - Lo giuro

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Il trono di giada era troppo grande per la figura minuta della Madre, eppure l'anziana donna vi sedeva con una regalità tale che nessuno avrebbe dubitato potesse appartenere a qualcun altro. Il viso affusolato era attraversato da rughe marcate, mentre i capelli ormai grigi si intrecciavano a nastri e decorazioni floreali in un'acconciatura intricata, un vortice che trovava il suo centro sulla parte alta del capo. Gioielli azzurri e bianchi pendevano dal crine, richiamando quelli ricamati sul kimono dalle maniche talmente ampie da nascondere le mani. Ora che stava seduta, i lembi inferiori si erano aperti a mostrare le stoffe sottostanti in un connubio di sfumature che scivolava dal blu al verde al bianco, con un tocco di viola e oro sugli orli; lo strascico era così lungo da toccare il suolo, nonostante i sostegni elevassero lo scranno di almeno mezzo metro.

Chloe ebbe su di sé i sottili occhi perlacei della Madre per tutto il tempo, ma si sforzò di non cercare un'interpretazione a quello sguardo neutro. Si concentrò solo su ciò che aveva da dire e parlò senza concedersi pause o esitazioni, sfruttando ogni secondo di silenzio che le era stato concesso.

Fu come respirare aria fresca dopo una fitta giornata di pioggia. La diga che aveva costruito agli argini della sua mente era finalmente crollata e il fiume dei suoi pensieri poteva scorrere libero attraverso le sue labbra. Non era neppure necessario riflettere sulle parole, perché queste si intersecavano l'una con l'altra come se non aspettassero altro che quel giorno da quando era venuta al mondo. Chloe non sentiva più l'oppressione della morte stringerle il petto, né l'angoscia azzannarle la gola; non c'erano più l'affanno o il sudore freddo, e persino il dolore delle ferite l'aveva abbandonata. Il suo corpo era leggero come immerso in una Fonte di Sihir, e aveva la sensazione che i suoi desideri potessero avverarsi solo pronunciandosi ad alta voce.

Voglio seguire la mia vera vocazione.

Voglio rimediare ai miei errori.

Voglio semplicemente vivere.

Chen-Yi non disse nulla. Non parlò per correggere le parole della sua allieva, per confermarle, per difendersi dalle accuse o offrire il proprio punto di vista. Neanche un suono dall'arrivo della Madre. Chloe gli rivolse lo sguardo solo una volta, mentre parlava: il Senza Volto era in ginocchio al suo fianco, ma i suoi occhi erano vacui e persi nel vuoto. Teneva il busto piegato in avanti e il viso, che non aveva ripulito dal sangue, era ancora pallido.

Dopo che Chloe ebbe concluso il suo discorso, calò un gelido silenzio. La Madre chiuse gli occhi e respirò lentamente, e per un po' non ci fu altro che il suono dei suoi mugolii pensosi.

«Dunque sei tornata per chiedere di abbandonare l'Ordine.»

«Chiedo che mi venga data la facoltà di scegliere, Madre; così come è stata data a tutti i miei fratelli e sorelle» rimarcò Chloe, umettandosi le labbra. «Ero troppo giovane quando sono diventata Tessitrice, e non conoscevo il mondo fuori da questo Tempio. Non credo che fosse questa l'idea di scelta volontaria che Edoi e Hun avevano in mente; chiunque sceglierebbe di piantare solo calendule, se non sapesse che esistono le peonie.»

La Madre la osservò in silenzio, le labbra sottili distese in un'espressione neutra. Era impossibile capire cosa stesse pensando: la donna non aveva quell'aria di austera severità che aveva sempre caratterizzato il Senza Volto, ma la sua abilità nel celare le emozioni era tale da far percepire la tensione insinuarsi sotto la pelle come un parassita.

«Chen-Yi» chiamò, e l'uomo alzò il capo verso di lei. «Kiyoko è una tua Tessitrice. L'hai addestrata, cresciuta e osservata sin dal giorno del suo arrivo in questo Tempio. Alle tue orecchie, prima che alle mie, sono giunte le sue parole. Perciò, dimmi: qual è il tuo giudizio?»

«Io...» Le sue labbra tremavano. Da che aveva memoria, Chloe non l'aveva mai visto così esitante, tanto da farlo boccheggiare. «Ho visto la sua anima, Madre. Ho scandagliato le profondità della sua coscienza e prego affinché gli Dei possano concedermi pietà, perché le sue parole corrispondono al vero.»

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