Capitolo 53 - Cortesia tra colleghi

73 13 359
                                    

Brycen abbandonò la tracolla sul tavolo del salotto, lasciandosi cadere sul divano. Si accasciò tra i cuscini squadrati in un lungo sospiro, distendendo le gambe davanti a sé e passandosi le mani sul viso per schermare la luce del lampadario a Sihir.

«Non è andata bene» comprese Chloe, avvicinandosi in uno strisciare di ciabatte.

Brycen sollevò una mano e schiuse gli occhi quel tanto che bastava per guardarla: Jessica non aveva ancora fatto tornare i suoi occhi al loro colore naturale, perciò Chloe lo fissava con un azzurro brillante che era meraviglioso, ma non reggeva il confronto con la profondità di quel nero che l'aveva fatto innamorare.

Aveva terminato da poco il suo turno al Nerea, ma si era già messa comoda: aveva raccolto i capelli in una crocchia alta e indossava un vestitino a maniche corte di cotone nero, con la gonna a balze lunga fino a metà coscia. Era una tenuta così casalinga da farlo sorridere: vederla così a suo agio tra le mura di casa sua era un toccasana per il suo cuore. Non aveva fatto altro che darle una copia delle chiavi, ma in un certo senso era come se vivessero insieme.

Peccato che non fosse sufficiente a scacciare del tutto il malumore che la mattinata aveva lasciato addosso a Brycen.

«Non è andata affatto» la corresse, scuotendo il capo.

Chloe gli fu subito accanto. Si liberò alla svelta delle infradito nere e si sedette al suo fianco, con le gambe piegate sotto di sé e il busto voltato verso di lui. Gli prese una mano e gli baciò le dita prime di intrecciarle con le sue, come faceva spesso quando voleva mostrargli il suo supporto incondizionato.

«È persino peggio di quanto aveva detto Sabrina» proseguì Brycen, carezzandole piano il palmo con il pollice. «Drumainn si rifiuta anche solo di ascoltarmi: a quanto pare ritiene che un semplice professore di lingua non abbia il diritto di approcciarsi a simili argomenti, e tutto questo senza neanche permettermi di spiegare di cosa sto parlando.»

«Ma è assurdo!» si lamentò Chloe. «Che importanza ha la tua professione? Ti sei rivolto a lui perché hai bisogno del parere di un esperto, non certo perché ti stai spacciando per tale.»

«Ho cercato di farglielo capire, ma Drumainn è irremovibile. »

«E se gli offrissi un pagamento per il suo consulto? Magari avere una ricompensa lo renderà più propenso ad ascoltarti.»

«Ci ho già provato, ma è scoppiato a ridere. Sostiene che sia una perdita di tempo, poiché, cito, "voi zimei siete rimasti indietro di almeno un millennio".»

«Che stronzo» Chloe gli strinse la mano, infastidita. Dal tono che aveva usato, sembrava che avessero offeso lei. «Non te lo meriti. Non può scacciarti in questo modo, non è giusto. Cosa ti ha detto esattamente? Magari ha lasciato aperto uno spiraglio che possiamo sfruttare per fargli cambiare idea.»

«Non credo sia possibile, era fermo nella sua decisione.» Brycen gettò la testa all'indietro, trovando appoggio per la nuca nel morbido schienale del divano. Se c'era una cosa che rimpiangeva della magione Metsiz, era il soffitto: se confrontato al tripudio di giallo e blu della sua camera, il bianco di quel salotto risultava vuoto, disorientante. I soffitti zimei erano pacchiani, di una saturazione soffocante, ma c'erano volte in cui percorrere con lo sguardo i familiari ghirigori gli permetteva di focalizzare meglio i suoi pensieri; adesso, invece, lasciava vagare gli occhi da un capo all'altro e ogni ragionamento sembrava sfuggirgli.

«La colpa è mia» proseguì, passandosi una mano sul volto. «Non dovrei essere così frustrato dal suo rifiuto, sono stato sciocco a non tenere in considerazione la possibilità che decidesse di non offrirmi il suo tempo. D'altronde non mi deve nulla.»

BluebirdWhere stories live. Discover now