Capitolo 52 - La fortuna bacia gli audaci [Parte 1]

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Tornare nei panni di Kiyoko fu stranamente confortante. Non che fosse impaziente di riprendere la sua missione, ma essere costretta a mettere da parte i pensieri di Chloe era un toccasana per le sue angosce. Da sola faticava a mantenere il controllo: le sue notti erano ancora agitate e la presenza di Brycen le suscitava emozioni contrastanti, un continuo oscillare tra il desiderio di stare al suo fianco e il senso di colpa. Anche se il primo era il sentimento più forte, il secondo non le lasciava tregua. Aveva bisogno di recuperare il controllo di sé, e quella sera sarebbe stata l'occasione perfetta per accantonare i suoi drammi.

Il trucco di Hanako - la sua copertura per la serata - era appariscente, molto lontano dai canoni jiyani. La linea nera che contornava gli occhi era spessa e allungata verso l'esterno, e scivolava più in basso dell'occhio per dare l'impressione che fosse più grande. Una cipria scura marcava le guance per permettere agli zigomi di spiccare e un marcato ombretto verde sfumava in argento sulle sue palpebre. Il viso era incorniciato dalle ciocche di una parrucca bianca dal taglio corto e asimmetrico, che si allungava sul fronte in ciuffi dritti che le sfioravano le clavicole.

Anche la sua divisa, se così si poteva chiamare, era vistosa: un abito argentato dalla stoffa brillante, tempestata di punti luce. L'orlo della gonna superava a malapena l'inizio della coscia, mentre la schiena era scoperta fino alle fossette di venere. Il vestito si teneva su tramite due sottili bretelle tempestate di piccoli brillanti, ricadendo morbido sul seno in una profonda scollatura. Unito ai tacchi a spillo, quell'abbigliamento non era l'ideale per una barista; per le ragazze del Dapalis, però, servire bevande e stuzzichini costituiva solo una parte del loro lavoro: l'altra, forse più importante, era offrire agli avventori un seducente spettacolo con cui rifarsi gli occhi tra una giocata e l'altra.

«Hey, sexy. È possibile ordinare un po' di te da portar via?» Kolt si chinò sul bancone di mogano scuro, le labbra distese in un sorriso ammiccante. «Troppo squallida, vero? È che non mi andava di sprecare una buona frase da rimorchio, e un saluto sarebbe stato davvero troppo banale. Devo comunque tenere fede al mio personaggio, restare in character, mi segui?»

Aveva pettinato i capelli all'indietro schiacciandoli sotto un fedora nero, e aveva liberato le orecchie dai piercing. Una camicia nera di seta lucida gli aderiva perfettamente al busto, con le maniche sollevate fino ai gomiti e i primi due bottoni slacciati così da mostrare la catenella d'argento che pendeva al collo. Il pantalone, un modello nero particolarmente attillato, era tenuto su da un paio di bretelle rosso scuro che richiamavano la fascia colorata del cappello.

Non aveva variato di molto il suo stile, ma era perfetto per quell'ambiente. Le pareti del Dapalis erano di un marrone così scuro da sembrare nero, con sfuature di colore visibili solo nei punti in cui piccole lampade al Sihir illuminavano zone di luce soffusa. Una simile sorte toccava al soffitto che, con un'intensa tonalità di blu scuro e luci più piccole e vicine tra loro, somigliava vagamente ad un cielo stellato. Lampadari al Sihir pendevano dall'alto per concedere la giusta illuminazione in corrispondenza dei tavoli da poker e del bancone, ma le altre zone - come i divanetti che costeggiavano le pareti o i pochi tavolini di fronte all'angolo bar - erano immersi in una piacevole penombra. Gli odori di alcool e fumo si mescolavano a quello del velluto che rivestiva di un rosso acceso tutte le sedie e i divani, ma ben presto sarebbe stato soppiantato dall'acqua di colonia che molti degli avventori amavano utilizzare.

Entro non più di mezz'ora gli otto tavoli da poker presenti si sarebbero riempiti, ma attualmente la sala non contava più che una decina di persone. Il bancone era ancora vuoto, ma Chloe si guardò attorno con attenzione prima di avvicinarsi a Kolt, le labbra distese in un sorriso di circostanza.

«Non dovresti essere qui. Qualcuno potrebbe insospettirsi, se ci vedesse parlare» lo rimbeccò sottovoce. Il vociare dei presenti era contenuto e il sottofondo strumentale dei violoncelli era troppo basso per confondere le loro parole ad orecchie indiscrete, non senza qualche accorgimento.

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