Capitolo 58 - Vocazione

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Chloe fece scorrere il pannello di legno della finestra, lasciando che il gentile vento autunnale smuovesse i tendaggi rossi e bianchi che decoravano la sua camera. Era gradevole e armoniosa, come solo l'architettura jiyana sapeva essere: ogni elemento d'arredo era costruito scavando e intagliando pezzi di legno chiaro, e un uso sapiente di leve e incastri permetteva di valorizzare le linee grezze e naturali di rami, tronchi e cortecce creando pezzi unici di mobilio.

Il comodino non era che un ceppo scavato e levigato, l'armadio si componeva di canne di bambù intrecciate e il materasso era posato direttamente sul suolo, in un incavo scavato nel terreno e attorniato da morbidi cuscini rotondi. Sottili rami di kudzu si arrampicavano lungo la parete ovest, dove la porta scorrevole faceva capolino tra le ampie foglie verdi, mentre le altre tre erano decorate con stampe e pitture che ritraevano paesaggi e scene di vita quotidiana. Le lanterne ondeggiavano come rotondi boccioli dal soffitto, dove un sistema di cannule si assicurava di far filtrare l'Acqua di Sihir necessaria al loro funzionamento.

Era una stanza meravigliosa, ma impersonale. Chloe non l'aveva mai notato prima, ma non c'era niente di suo in quell'ambiente: non aveva scelto i colori dei tessuti, che viravano dal rosa al verde e al bianco; non aveva selezionato il mobilio né la sua posizione; persino le illustrazioni erano presenti sin da quando aveva memoria, e quella che aveva scelto come Aggancio - dove le sottili pennellate delineavano i contorni di una donna lungo un fiume - non aveva alcunché di particolare o significativo, se non il fatto che si trovasse di fronte al letto.

Solo il mandorlo faceva eccezione. Non era tra quelli che aveva piantato lei stessa, ma i rami ritorti che si affacciavano alla sua finestra le appartenevano, persino adesso che avevano solo poche foglie ingiallite da offrire. Riuscivano a parlarle, ora come quel dodici marzo di tanti anni fa, come se il suono del vento che si insinuava tra le fronde spoglie fosse in grado di suggerire tutte le risposte di cui aveva bisogno.

"Le hai sempre avute", le sembrò di udire in un secco rimprovero. "Sono sempre state di fronte ai tuoi occhi, dovevi solo porti le domande giuste."

Chloe si affacciò alla finestra, lasciando vagare lo sguardo sul frutteto. Tra i pruni in riposo per l'avvicinarsi dell'inverno, trovò Seojun: indossava un samue color sabbia, le ampie maniche della giacca arrotolare fino al gomito e i pantaloni dal taglio largo di una tonalità più scura, com'era usanza nella costa ovest. Armato di cesoie, il Purificatore era impegnato nella potatura di un mandorlo, di cui aveva già accorciato i rami che si spingevano troppo verso l'esterno così da dare alla chioma una forma tondeggiante. Ora si stava focalizzando sul centro della pianta, liberando la zona così che la luce riuscisse a filtrare senza impedimenti tra le fronde, quando si sarebbero riempite di foglie e boccioli.

Chloe sorrise, scavalcando il traverso in un guizzo leggero. Roteò la mano a mezz'aria per rigirare fili di Sihir tra le sue dita, disfando la realtà che si aprì in una voragine oscura proprio sotto i suoi piedi, come un tessuto sdrucito a cui venivano tirate via le fibre. Il portale inghiottì la sua caduta e la proiettò qualche metro più in basso, abbastanza vicina al suolo da consentirle un placido atterraggio.

Rapida si riparò all'ombra di un tronco, sfiorando il terreno in un passo così delicato da non emettere suono. Attese, sbirciando dal suo nascondiglio, ma Seojun non diede cenno di aver notato nulla. Non poteva esserne certa, però: distava quaranta metri da lui, ma l'esperienza le aveva insegnato che non era saggio sottovalutare i sensi di un Purificatore.

Trattenne l'istinto di facilitarsi le cose usando Maelstrom, e per avvicinarsi sfruttò invece le coperture che la vegetazione del giardino le offriva. I tronchi dei pruni non erano sufficientemente spessi da offrirle riparo, perciò Chloe si mantenne cautamente nel punto cieco di suo fratello mentre riduceva le distanze tra loro in rapidi scatti. Sgattaiolava da un albero all'altro in punta di piedi, così che il suono dell'erba smossa dai suoi passi fosse così lieve da mescolarsi al naturale frusciare delle foglie.

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