Capitolo 44 - Come un vero uomo [Revisionato]

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«Bentornato, Donzel Brycen.» Ilja si avvicinò non appena Brycen varcò la soglia, il disagio dipinto sul viso magro. Era il più giovane dei domestici e tra i pochi a trattarlo con una cortesia sincera, ma tenne lo sguardo basso mentre raccoglieva i loro cappotti. «Vostro padre desidera conferire con voi. Vi attende nel suo studio personale, chiede che lo raggiungiate il prima possibile.»

Brycen sospirò, forzando un sorriso. «Ti ringrazio, Ilja. Puoi andare.»

L'euforia della vittoria e dei festeggiamenti svanì all'istante, e persino la sensazione di leggerezza donata dall'alcol si trasformò in un masso pesante sulla sua testa. Edvokin e Chloe smisero di ridere, e Mari si aggrappò forte al suo braccio.

«Io ti accompagno» disse, dopo che il domestico si fu allontanato. «Se disapprova qualcosa, che lo dica a entrambi.»

«A tutti e tre» si intromise Chloe. Da quando aveva sfidato Vladimir, era la prima volta che i suoi occhi tradivano una simile agitazione. «Il duello è stata una mia scelta, tu non eri neppure d'accordo. Se è quello il problema, tuo padre dovrebbe parlare con me.»

«Oppure potresti fingerti troppo ubriaco per condurre la discussione, Yce. Eri a festeggiare con me, sarebbe una scusante più che credibile» suggerì Edvokin in un sogghigno. «Un'alternativa ancora più valida sarebbe ubriacarti sul serio. Fatico a comprendere come chiunque possa sostenere una qualsiasi conversazione con zio Trylenn restando lucido.»

Brycen incrociò i loro sguardi uno a uno. Era grato di quel sostegno, ma l'idea di accettare le loro proposte lo innervosiva ancora di più. Sapeva quale sarebbe stata la reazione di suo padre se si fosse presentato insieme a loro, o se non si fosse presentato affatto.

Inetto e vigliacco.

Inspirò a fondo, gettando fuori l'aria in un respiro pesante. Detestava che Trylenn fosse in grado di suggestionarlo a tal punto, ma non riusciva a smettere di pensarci. Sentiva quel ricordo logorarlo dall'interno, insieme all'indelebile sospetto che suo padre avesse ragione sul suo conto.

«Vi ringrazio, ma non è necessario» disse, abbozzando un sorriso. «Andate pure, mi riunirò a voi quando avrò concluso di parlare con lui.»

Mari sbuffò, fissandolo con gli occhi ridotti a due fessure tanto le sopracciglia erano curvate all'ingiù. Borbottò qualche lamentela, ma infine acconsentì a liberargli il braccio.

«Se la discussione dovesse degenerare, puoi sempre prendere in considerazione l'idea di congelarlo» disse Edvokin. Brycen lo fulminò con lo sguardo e lui rise, alzando le mani. «Suvvia, Yce, si trattava di un banale scherzo! Lo ammetto, non mi batterei il petto in cordoglio se dovesse venire a mancare, ma non sono così crudele. Forse.»

«Non osare prenderti colpe che non hai pur di difendermi» lo ammonì Chloe, puntellando l'indice contro il suo petto. «Di' pure che sono stata io a insistere, non mi interessa cosa pensa di me. Non è neanche una bugia, dopotutto. D'accordo?»

«D'accordo» assicurò Brycen, baciandola a fior di labbra prima di allontanarsi.

Tutto sommato, una convocazione da parte di Trylenn era qualcosa di positivo. Un uomo poteva parlare solo per se stesso, non a nome della famiglia: se i Metsiz avessero ritenuto la situazione più grave, Danika avrebbe chiesto a Jlenna di parlargli o, peggio ancora, l'avrebbe fatto lei stessa. Eppure Brycen avrebbe preferito discutere con sua nonna e tutte quante le sue zie, piuttosto che affrontare suo padre.

Liberò l'ennesimo sospiro e bussò alla porta dello studio, facendosi avanti. Non gli era mai piaciuta quella stanza – troppo piccola, dai mobili troppo scuri, con l'odore pungente della miscela di erbe che Trylenn amava fumare che impregnava i tessuti, pizzicandogli il naso. I colori sul tappeto erano così tanti da non distinguere le tracce del suo sangue che la pulizia non era riuscita a rimuovere del tutto, ma Brycen ne ricordava la posizione e tutti i giorni in cui l'aveva versato.

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