Capitolo 13 - Inno alla Vittoria [Revisionato]

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Entrare a Villa Augusta dall'ingresso principale aveva tutt'altro sapore che osservare i suoi ambienti attraverso un vortice. Il Gran Salone era la punta di diamante dell'edificio, e la struttura sembrava essere costruita attorno ad esso: da solo occupava l'intero blocco centrale, fungendo da collegamento con i piani superiori attraverso un'imponente scalinata sul fondo della sala. Bianco, argento e blu erano i colori dominanti, in cui spiccavano marmi chiari e decorazioni in ferro battuto che donavano al luogo un'atmosfera di austera bellezza.

Ovunque si posasse lo sguardo c'era qualcosa da ammirare, che fossero i lampadari di cristallo e pietra di Sihir, le vetrate circondate da tendaggi di velluto, gli intricati altorilievi fogliformi lungo le pareti o gli affreschi raffiguranti le schiere angeliche – una moltitudine di figure maschili ammantate di bianco che si libravano in cielo con ali dorate, le braccia distese in adorazione verso il sole.

Se avesse potuto, Chloe avrebbe sollevato gli occhi al cielo: persino l'iconografia religiosa dei lucisti la infastidiva, prepotente come uno schiaffo in pieno viso. I Lunae non avevano mai bandito gli antichi credi, ma anno dopo anno la Chiesa della Luce li aveva soffocati, abbagliando i cittadini con maestosità e gloria al fine di convertirli.

"In che modo sarebbero un modello positivo di valori?" pensò, ma avrebbe dovuto chiederlo a Brycen, perché lei non vedeva altro che vuota arroganza. Avrebbe voluto sapere cos'era riuscito a trovare di buono in una religione così contraddittoria e superficiale, eppure aveva timore di addentrarsi di nuovo in quella discussione.

«Sei nervosa, Shiori?» le domandò Xae sottovoce, allungando le labbra rosse in un sorriso.

Era ancora una donna stupenda, sebbene fosse prossima alla mezz'età. Nascondeva le rughe sotto un trucco curato e teneva un binyeo infilato tra i capelli neri, raccolti in una crocchia bassa. Il suo hanbok aveva chiare influenze sayfane, tuttavia manteneva le linee tradizionali con il tipico taglio sotto il seno da cui si apriva una gonna rossa lunga fino alle caviglie, resa gonfia dal sottogonna.

«Oh, niente affatto.» Chloe ridacchiò, aprendo il ventaglio di carta dipinta per farsi aria. «Solo un po' stordita da tanta bellezza, e impaziente di godermi la serata. Grazie dell'interessamento, zia.»

Chinò il capo verso la donna, osservandola in tralice. Da quando erano entrate, Xae la fissava con un'insistenza che non le aveva rivolto prima d'ora; Chen-Yi le aveva forse chiesto di tenerla d'occhio? Una semplice Dimorante che controllava una Tessitrice... La fiducia del suo mentore si era assottigliata a tal punto?

Nelle ultime settimane Chloe era stata più attenta del solito per non destare sospetti nel suo mentore, nascondendo qualsiasi remora riguardante i suoi consigli. Aveva studiato il personaggio di Shiori e strutturato con cura ogni dettaglio, dalla sua personalità al suo aspetto, mettendo in mostra tutto ciò che i sayfani si aspettavano di trovare in una ragazza di Jiyu: aveva marcato la forma a mandorla degli occhi e schiarito l'incarnato con uno strato di fondotinta bianco per far risaltare le labbra piccole e sottili, velate di rosso brillante; aveva raccolto le ciocche nere della parrucca in un'intricata acconciatura secondo la moda jiyana e indossato un kimono color lavanda, la stoffa decorata dai motivi floreali per cui il suo regno era famoso.

Gli ospiti di quella sera l'avrebbero ammirata a lungo e avrebbero saputo descrivere con precisione tutti quei dettagli, ma nessuno di loro avrebbe saputo dare particolari riguardo al suo viso. I sayfani non erano bravi a riconoscere le differenze nei loro lineamenti: i jiyani si somigliano tutti, dicevano, e sembrano sempre più giovani. Non avrebbero visto la persona ma il simbolo, niente più che un meraviglioso archetipo. Chloe avrebbe brillato come una gemma tra i granelli di sabbia, eppure sarebbe passata inosservata.

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