Capitolo 66 - Non c'era Chloe

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Brycen restò a fissare la toppa del portone per un lasso di tempo che non sapeva definire, ma che era di certo eccessivo. Se ne stava fermo di fronte all'ingresso miseramente illuminato, con la sola compagnia degli sporadici versi di un rapace notturno, senza distogliere lo sguardo dal foro della serratura. A malapena batteva le palpebre, come in attesa che accadesse qualcosa, ma la piccola piastra di metallo permaneva immobile, prendendosi gioco di lui.

Le chiavi. Non aveva preso le chiavi.

Brycen liberò uno sbuffo divertito, sghignazzando nervosamente. Poi abbandonò la fronte contro la porta in un tonfo sordo e scoppiò a ridere, così forte che faticava a respirare, a controllare gli spasmi dell'addome. Rise sguaiatamente, come si fa di fronte ad una brillante commedia, perché di quello certamente si trattava; nient'altro che la trama di uno spettacolo dall'umorismo scadente.

"Oggi in scena: la mia fidanzata è una spia e io ho scordato le chiavi di casa."

Poi qualcosa all'interno del salone si mosse. Brycen dubitò di aver davvero sentito quel rumore di passi trascinati fin quando la maniglia non venne abbassata, e il suono dello scatto esaurì la sua ilarità isterica. Sobbalzò, drizzando il busto mentre la porta veniva aperta, aspettandosi di scorgere - per assurdo che fosse - la chioma azzurra di Chloe.

«Che sorpresa, già di ritorno? Prego, prego, fa come se fossi a casa tua.»

Kolt distese le labbra in un sorriso beffardo, invitandolo ad entrare con un ampio gesticolare del braccio. E Brycen lo fissò interdetto, boccheggiando sillabe prive di significato.

«Cosa ci fai tu qui? Come hai fatto ad entrare?» riuscì a chiedere, ma l'irritazione che animava quelle parole era per lo più rivolta verso se stesso.

Aveva deciso lui di separarsi da Chloe, eppure sentiva i morsi della delusione divorargli lo stomaco. Più che lo stupore di trovare uno sconosciuto alla soglia di casa, a smuovergli il petto era la frustrazione per quell'aspettativa insoddisfatta.

«Oh, c'mon! Sembri un tipo intelligente, Lovebird, sono certo che puoi arrivarci da solo» rispose Kolt, facendo ciondolare il capo. «Un indizio: dovresti considerare l'idea di cambiare serratura. Seriamente, i lucchetti giocattolo si aprono meno facilmente.»

Sghignazzò mentre si allontanava dalla porta, gettandosi a peso morto sul divano. Trovò sostegno per le caviglie incrociate nel tavolino basso e incastrò tra le labbra una sigaretta, infiammandone la punta con un bizzarro accendino metallico che tirò fuori dalla tasca dei pantaloni. Brycen avanzò cautamente, tenendo fisso su di lui lo sguardo attento sotto le sopracciglia aggrottate.

«Non è che hai un posacenere?» chiese Kolt, tenendo la sigaretta tra le dita mentre si guardava attorno. Poi sollevò le spalle e si allungò verso il tavolino, rovesciando il portaoggetti squadrato che stava al centro. «A posto così, mi arrangio con questo.»

«Fuori» ordinò Brycen.

«Che?»

«Fuori di qui» ripeté, imponendo alla sua voce il tono più autoritario che riusciva a emulare. «Questa è casa mia, esci immediatamente.»

Kolt sollevò un sopracciglio, piegando gli angoli delle labbra in un sorriso sprezzante. Si prese il tempo di aspirare una lunga boccata dalla sigaretta prima di liberare un soffio di fumo di fronte a sé.

«Altrimenti?»

«Altrimenti chiamerò i Sovalye.»

Il roumberghiano sgranò gli occhi e un suono gutturale, malamente soffocato, anticipò lo scoppio della sua fragorosa risata.

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