Capitolo 19 - Eredità [Revisionato]

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Il qípáo che Chloe aveva deciso di indossare per vestire i panni di Shiori era molto diverso da quello tradizionale. Aderente e corto fino a metà coscia, il rosso della seta era troppo vivido e i ricami dorati troppo appariscenti: nessuno a Jiyu avrebbe indossato un simile modello, i più si sarebbero anzi dichiarati offesi dalle influenze della moda estera, ma a Sayfa erano in pochi a conoscere e comprendere le differenze. Era denigrante, ma la maggioranza della popolazione associava Jiyu a quei colori sgargianti e alle linee armoniose e seducenti, perciò quell'abito era più conforme alle loro aspettative.

Chloe aveva incastrato uno spillone tra i capelli della parrucca nera per raccoglierli in una crocchia bassa, truccando il viso non più del necessario – fondotinta bianco per il viso, matita nera ad affilare gli occhi. Doveva mostrare un abbigliamento ordinario, lontano dall'ostentazione che aveva sfoggiato al Gala: quello con Tertius sarebbe stato un rapido e casuale incontro, per valutare la sua reazione e decidere come agire.

Lo seguì mentre passeggiava per le vie di Mehtap in compagnia di un gruppo di amici. Erano tutti rampolli di ex famiglie nobili e conoscevano Tertius da molti anni. Chloe aveva appreso i loro nomi e delineato le loro personalità, come aveva fatto con tutte le persone vicine all'ex principe, ma non sembravano possedere nulla fuori dall'ordinario. Tertius era più spontaneo in loro compagnia, così Chloe li aveva osservati a lungo, ma le speranze di ottenere informazioni utili dai loro incontri si era assottigliata fino a svanire: si dedicavano a divertimenti frivoli e chiacchiere così banali che Chloe riusciva ad anticiparne le battute, lasciando fuori sia la politica che qualsivoglia argomento di spessore.

Memorizzare le loro abitudini era stato utile, però: alle diciotto in punto, con il sole avviato verso il tramonto, il gruppetto si mosse per tornare alle proprie vetture – automobili roumberghiane senza tettuccio, il cui vistoso sistema di ingranaggi e tubature attirava gli sguardi curiosi dei passanti.

Chloe seguì il gruppetto a distanza, nascosta tra i vicoli, tenendo il passo con i suoi portali finché non raggiunsero la piazza. Allora scivolò all'interno di una carrozza vuota, accucciandosi nell'abitacolo mentre Tertius salutava i suoi amici. Attese che cominciasse a camminare, diretto verso l'automobile bianca che il suo autista aveva parcheggiato poco distante. Un passo, due, tre; poi aprì lo sportello con urgenza, bloccando la sua avanzata.

«Mi dispiace! Le ho fatto male?» Chloe trasalì, precipitandosi giù dai gradini. Spalancò gli occhi mimando una sorpresa imbarazzata nell'incrociare il suo sguardo, e subito portò una mano a coprire la bocca. Un gesto sayfano, per nulla tipico della sua gente, ma nessuno conosceva i jiyani oltre gli stereotipi più noti; quelle reazioni sarebbero state più familiari.

Tertius sfarfallò gli occhi, liberando uno sbuffo ironico. Era sorpreso di vederla, ma sembrava anche... sollevato? I pettegolezzi sul loro conto dovevano aver raggiunto l'effetto sperato.

«Non si preoccupi, non mi ha neppure sfiorato» disse, ammorbidendo il tono. A Chloe non sfuggì il modo in cui si guardò attorno, assicurandosi di tenere la voce ben alta. «Sono lieto di rivederla, Shiori. Temevo che aveste già abbandonato la città in favore della Capitale.»

«Non ancora» borbottò, rendendo incerta e vibrante la sua voce. «Ho rimandato la partenza a Cancer, e... Oh, mi dispiace. Non dovrei essere qui. Le chiedo scusa!»

Si voltò, afferrando la maniglia interna dello sportello per issarsi all'interno dell'abitacolo. Se Tertius l'avesse lasciata andare sarebbe stato un problema, ma si comportò come previsto: la chiamò in un sussulto affannato, afferrandole il braccio più vicino.

«La prego, mi permetta di spiegare» disse, questa volta in tono più cauto. La sua presa non lo era: la stringeva con fermezza, il polso rigido che mostrava le vene in rilievo. Non ti lascerò andare di nuovo, sembrava suggerire il suo sguardo, anche se il suo tono era dolce come pasta di zucchero.

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