Capitolo 39 - Far suonare i tamburi [Revisionato]

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La biblioteca di famiglia faceva impallidire quella che Brycen aveva costruito a Mehtap. Occupava un'intera ala della magione, innalzandosi da una base ottagonale per tutta l'altezza dei tre piani. Gli scaffali rivestivano le pareti fino al soffitto come fossero scavate al loro interno, mentre altri si innalzavano al centro in ampi colonnati. Un intreccio di scale e ballatoi si ramificava a collegare ogni area della struttura, ritagliando spazi per piccole alcove da lettura nascoste da tendaggi colorati.

I tomi erano suddivisi in macrocategorie, ma la disposizione interna seguiva l'ordine cromatico delle copertine, valorizzando l'estetica rispetto alla praticità. Non era un'organizzazione efficiente come quella che Brycen aveva adottato nella sua villa, ma la vista di quell'arcobaleno che si innalzava verso il cielo, fondendosi alla luce che filtrava dalle vetrate, riusciva a suscitare in lui una tale meraviglia da rimanerne estasiato a ogni ingresso.

Brycen respirò a pieni polmoni quell'aria intrisa di polvere che pizzicava le narici. Il profumo della carta e persino quell'odore stantio che aleggiava in quel luogo erano così familiari da risultare piacevoli, nostalgici. Aveva trascorso così tante ore in quel luogo da ricordare l'esatta disposizione di molti tomi, e arrampicarsi sui gradini o correre qua e là lungo i corridoi sospesi lo metteva di buon umore. I suoi parenti avevano sempre denigrato l'idea di un uomo che si dedicava alla lettura con così tanta passione, ma le parole contenute in quei testi lo avevano forgiato più di quanto avrebbe mai potuto fare il loro disprezzo.

Occupò uno dei grandi tavoli in pietra rossa che sorgevano al piano terra, abbandonando sulla superficie una moltitudine di libri e fascicoli sulla Santa Velaj. Brycen li sfogliò uno a uno, scandagliando ogni paragrafo e confrontando testi e informazioni per poi tracciare nel suo taccuino le sue considerazioni a riguardo. Studio, analisi e scrittura erano un toccasana per le sue angosce: forzavano la sua mente a focalizzarsi, tagliando fuori il resto. La tempesta dei suoi pensieri si sfoltiva delle preoccupazioni e mutava in una brezza quieta, soffiando verso un'unica direzione che metteva ordine nella sua mente.

Non poteva ancora confermare le sue teorie a livello scientifico, ma come studioso non poteva fermarsi a quell'ipotesi. C'erano così tanti aspetti che che necessitavano un'analisi più approfondita, e doveva interrogarsi anche sulle conseguenze delle verità che acquisivano contorni sempre più nitidi nella sua mente: in che modo l'umanizzazione della Santa Velaj, venerata quasi fosse a sua volta un essere divino, avrebbe influito sul Beyledismo? Quella che per molti era una blasfemia, per Brycen era la sublimazione delle loro credenze. I poteri della Santa non erano manifestazione diretta della Dea Bianca, ma la sua particolare condizione non costituiva forse un miracolo ancora più grande? Il mondo e le sue regole erano essi stessi una creazione di Beyled; in quale altro modo avrebbe mai potuto scegliere di palesarsi agli uomini, se non attraverso i sottili meccanismi che regolavano la realtà così come l'aveva concepita?

Era necessario mettere per iscritto quelle riflessioni. Molti dei suoi connazionali avrebbero rifiutato di credergli, ma chi l'avesse fatto avrebbe messo in discussione ogni cosa: era giusto, era auspicabile. Ma Brycen non poteva distruggere i pilastri della loro fede senza preoccuparsi di guidarli nella costruzione di nuove fondamenta. Non desiderava che smettessero di credere, ma che iniziassero a pensare.

«Sapevo di trovarti qui.»

Brycen alzò il capo, incrociando lo sguardo di sua madre. Jlenna vestiva con un sarafan blu e rosso che cadeva morbido sui fianchi, le maniche bianche della blusa coperte dallo scialle ricamato che non mancava mai di indossare in casa. Lui, al contrario, si era liberato della giacca e del panciotto che costituivano la parte superiore del suo bunad e aveva tenuto addosso solo la camicia. Drizzò le spalle, aspettandosi un rimprovero per la sua sciatteria, ma l'espressione di sua madre era distesa. Un sorriso carico di dolcezza le illuminò il viso tondo mentre avanzava, raggiungendo il suo fianco.

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