Capitolo 18 - Occhi velati di nebbia [Revisionato]

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La maestosa campana d'ottone suonò quattro rintocchi per annunciare la fine delle celebrazioni – uno per il Lucente, uno per i suoi Serafini, uno per i Cherubini e l'ultimo per gli altri Angeli. Le voci dei fedeli si unirono in coro sia dentro che fuori la cappella, porgendo al Signore della Luce un canto di ringraziamento nella vecchia lingua di Hedea. Mani e occhi si levarono in alto: di giorno cercavano il sole, la più pura manifestazione del divino, ma dopo il tramonto offrivano le loro preghiere agli astri che abitavano il cielo notturno, dove la Schiera Angelica trovava dimora.

Il collegamento tra l'astrologia e la Chiesa della Luce era affascinante, anche se Brycen venerava le stelle in modo diverso. Quando alzava lo sguardo, lui non vedeva che frammenti di Beyled, pulsanti della stessa energia con cui aveva creato l'universo. Alcuni beyledisti sostenevano persino che fossero i suoi occhi, attraverso i quali osservava il mondo; una credenza infantile, poiché non era rimasta alcuna coscienza con cui la Dea potesse interagire col mondo.

Eppure era lì. Era il canto armonico che riecheggiava nella piazza, benché non fosse rivolto a lei; era la pietra grigia della cappella, le fiamme sottili sui ceri, le nuvole che oscuravano porzioni di cielo – ed era anche le stelle, che facevano capolino tra gli scorci illuminati dal bagliore lunare.

Così Brycen alzò a sua volta lo sguardo e riunì le mani a formare un triangolo, rivolgendo agli astri un silenzioso e personale elogio alla Dea Bianca. Offrire le proprie invocazioni ad alta voce non era una pratica comune agli zimei, che si rivolgevano a Beyled nei loro pensieri con le parole più sincere che erano in grado di offrire. Brycen lo preferiva alle lodi luciste, passionali nella composizione ma che risultavano vuote se ripetute per abitudine. Eppure non poteva negare che osservare così tanti devoti riuniti e ascoltare gli armoniosi canti che offrivano in preghiera suscitava in lui un certo fascino, persino se non ne condivideva la fede.

«Tu riesci a vederli?»

Chloe si aggrappò alla cancellata di ferro e si alzò sulle punte, allungando il collo nel tentativo di scorgere le teste di Mindy e Nosh nella folla. Brycen li cercò con lo sguardo, ma si trovò costretto a scuotere il capo.

«Forse avremmo dovuto scegliere un punto di riferimento diverso. Non immaginavo che i fedeli sarebbero stati così tanti da occupare anche l'esterno.»

«Oh, questo è niente.» Chloe sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Sei mai uscito di casa nel giorno della Luminara? I fedeli sono così numerosi da riempire le strade, e le liturgie vengono trasmesse con i megafoni.»

«Non ho mai visto le processioni, però le ho sentite» disse Brycen. «Ti infastidisce così tanto? Io credo che sia un'ottima soluzione per coinvolgere tutti i lucisti durante un giorno così importante, dando la possibilità di sentirsi partecipe anche a chi non ha modo unirsi attivamente. Lo trovo un bel gesto verso i fedeli, considerando quanto il senso di comunità sia importante per la Chiesa della Luce.»

«Buon per i credenti, ma perché devo essere costretta ad ascoltare anch'io?» disse Chloe, arricciando il naso in una smorfia. «Anche per noi heikun è fondamentale la comunità, ma nessuno oserebbe proporre una cosa del genere. Va contro l'Assoluto della Volontà: gli uomini hanno libero arbitrio sul loro destino in ogni aspetto delle loro vite, consapevoli dei rischi e delle conseguenze delle loro azioni. Urlarti preghiere addosso non ti lascia molta scelta.»

Brycen si limitò a un mugugno. Il concetto di Volontà era il più intrigante tra i precetti cardine dell'heiko: si ergeva contro qualunque obbligo, aborrendo le opere di conversione, poiché ritenuti un limite alla libertà della persona. Conoscenza e comprensione erano alla base della cultura, affinché chiunque avesse gli strumenti per prendere le proprie decisioni con consapevolezza.

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