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Il messaggio che invio a LeBron, appena prima di entrare nell'aula del laboratorio di Thomson e della Reedley, è una sequenza infinita di lamentele: sono stanca, ho sonno, mi fanno male le gambe, la testa, i piedi e l'anima, non sono in grado di funzionare, voglio strisciare verso il mio dormitorio e dormire fino a domani, anzi no, fino a venerdì.

Visto che è a lezione, il mio migliore amico riceve tutti i messaggi ma non li visualizza, mentre io sono costretta a fare il mio ingresso in classe stringendo un caffé enorme e completamente inutile, a malapena identifico l'ultimo posto libero, di fianco ad Eric Haynes e con poca, pochissima grazia, poso lo zaino a terra e mi lascio cadere sulla sedia.

«Due minuti.» momora Eric al mio fianco, lo sguardo come sempre fisso sullo schermo del suo computer.

«Cosa?» domando confusa.

«Sei in anticipo di due minuti.» spiega noncurante. Alzo gli occhi al cielo e sospiro, prima di incrociare le braccia sul tavolo e posarvi sopra la testa mentre chiudo gli occhi. È un gioco pericoloso, ora come ora potrei davvero addormentarmi. «Sai, se non bevessi tre caffé al giorno forse riusciresti a dormire più di due ore per notte.»

«Non oggi, Haynes.» mi lamento a bassa voce. Vorrei aggiungere che questo è già il quarto caffé oggi, che penso che mi verrà un attacco di cuore a breve, se non sverrò prima per la stanchezza, che è come se il mio corpo fosse sfinito ma, allo stesso tempo, la caffeina rendesse tutti i miei movimenti veloci, i miei sensi acuti. Sono invincibile e sono fisicamente deceduta, nello stesso momento.

«È solo un consiglio.» risponde tranquillo.

Apro un occhio per vedere cosa sta facendo: noto uno tabella sullo schermo del suo computer, probabilmente il suo programma della settimana. So che il coach Adams ne invia uno a tutti i membri della squadra ogni domenica sera, so anche che è inflessibile a riguardo. «Congratulazioni.» sussurro, aprendo anche l'altro occhio. Eric si volta verso di me, la fronte corrugata e la confusione in volto. «Per la partita di sabato.» spiego.

«Oh, non era niente di che.»

« Dicono tutti che li avete stracciati, non gli avete lasciato nemmeno un briciolo di dignità.»

«La gente esagera, lo sai.» risponde noncurante. Per la seconda volta in meno di un minuto, alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa: Eric Haynes non sa accettare un complimento. «Dov'eri questo weekend?» chiede poi, incrociando le braccia al petto e posando le spalle contro lo schienale della sedia, che sembra minuscola in confronto alla sua stazza. «Non ti ho vista alla partita.» spiega, quando sembra volerci troppo tempo perchè io trovi una risposta.

Lo fisso confusa, prima di chiudere gli occhi e parlare. «Sono andata con LeBron a Buffalo.»

«Buffalo?»

«C'era una festa.» mormoro assonnata. «Dovevamo tornare ieri pomeriggio, ma siamo stati distratti e alla fine siamo arrivati ad Ithaca questa mattina alle cinque.»

«Cosa?»

«Credo di aver dormito due ore questo weekend, e puoi dire quello che vuoi sulle mie abitudini poco sane, ma la caffeina è l'unica cosa a tenermi in vita in questo momento.»

«Non mi sembra che funzioni.»

«È solo il quarto caffé, dammi tempo.»

«Quarto...» prima che possa completare la frase, la voce ora evidentemente nervosa oltre che sorpresa, Thomson e la Reedley entrano in classe, costringendomi a mettermi seduta composta ed accendere il mio laptop. Durante tutta la durata della lezione ignoro gli sguardi di Eric, mi limito a cercare di prendere appunti, a rimanere sveglia, a non distrarmi costantemente. Sono le due ore più lunghe della mia vita, sono talmente stanca da avere la nausea, da sentire la voce del professore come un suono ovattato e lontano e da essere costretta a prendere un paio di respiri profondi per cercare di far tornare le mie funzioni mentali e fisiche sulla retta via.

Fallen from the sky with Grace Where stories live. Discover now