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Ho studiato danza per anni, prima di decidere di lasciar perdere. Mia mamma, che per quanto sia una persona di mentalità estremamente chiusa non ha mai, mai, messo un freno a qualsiasi tipo di passione avessimo mia sorella ed io, mi ha accompagnata ad una lezione dopo l'altra sin da quando avevo cinque anni. Danza classica, danza moderna, cheerleading, centinaia di dollari spesi in mezze punte e punte, body e collant, forcine e lacca. Andare a lezione di danza, per me, ha sempre fatto parte delle mie giornate, dopo scuola, durante le vacanze, non c'era un solo giorno in cui non mi esercitassi, un solo giorno in cui non ne fossi felice. Finché non ho deciso di smettere durante il terzo anno di liceo, e non ho ricominciato pian piano quando LeBron è riuscito a convincermi a farlo, trascinandomi letteralmente di peso ad uno studio di Ithaca e facendomi riscoprire perché, per tanti anni, ballare per me equivalesse a respirare.

Ringrazio, in questo momento, tutte le lezioni di danza, tutti i soldi che i miei genitori hanno speso, perché sono sicura, certa, che non riuscirei a raggiungere almeno con la punta delle dita lo scaffale più alto del Walmart di Reading se non fossi in grado di allungare il mio corpo all'inverosimile, di bilanciare il mio peso sulle punte dei piedi senza perdere l'equilibrio. « Andiamo.» mormoro irritata, prima di sentire l'estremità dell'indice sfiorare il cartone della scatola.

Mi allungo ancora di più, le braccia che mi fanno male ed un'incredibile determinazione che non mi permette di lasciar perdere. Se fossi più attenta a quello che mi circonda, forse, noterei Eric arrivare alle mie spalle, e non rischierei un mini infarto nel sentire le sue mani stringermi i fianchi e sollevarmi da terra per avvicinarmi di più al mio obiettivo. Afferrare la scatola di cereali diventa facile in modo quasi ridicolo, la stringo al seno mentre lentamente Eric mi fa tornare con i piedi per terra.

Mi volto nella sua direzione, un sorriso luminoso in volto che comincia a dissiparsi non appena vedo la sua espressione seria, quasi esasperata. « No, Morland.»

« Ma sono i Lucky Charms!» mi lamento, tentando di fargli gli occhi dolci.

« Sono solo zuccheri.» risponde impassibile, le mani ancora sui miei fianchi. « Altri zuccheri.» continua, prima di fare un cenno in direzione del carrello già pieno, per lo più di cibo spazzatura grazie alla sottoscritta.

« Che razza di persona sei se non ti piacciono i Lucky Charms?!»

« Una persona a cui probabilmente non verrà il diabete tra un paio d'anni...»

« Sono un'istituzione per il nostro paese!» lo interrompo decisa.

« L'hai detto anche dei Pop-Tarts, dei Doritos, di tutte le barrette Harshey's...»

« Perché sono tutte istituzioni.» rispondo quasi in un sussurro, pregandolo con gli occhi di lasciarmi mettere i Lucky Charms nel carrello.

« No, Morland.» distoglie lo sguardo da me, ma non si allontana nemmeno di un millimetro. Sono convinta che non sia una vicinanza appropriata per la corsia dei cereali di Walmart.

« Eric?» lo chiamo. Al suono della mia voce, o più probabilmente del suo nome, vedo la linea della sua mandibola farsi più marcata. Forse non se ne rende conto, ma le sue mani mi stanno stringendo all'inverosimile. « Eric?»

« Cosa?» chiede a denti stretti, tornando a guardarmi in faccia.

Prendo un bel respiro, prima di allentare la presa sulla confezione e mostrargliela. « C'è un leprecauno sulla scatola.»

« No.»

« C'è anche un unicorno.» insisto. « Perfavore?» sussurro cercando il suo sguardo.

Eric mi concede i suoi occhi solo per un secondo, prima di alzarli al cielo e sospirare. « Ok.».
Sorrido più che mai, mentre la sua presa si allenta leggermente per permettermi di voltarmi e posare i Lucky Charms nel carrello, sopra le M&M's.
Quando torno a guardarlo noto che è ancora estremamente serio. « Promettimi che non mangerai quella roba se non farai prima tre pasti completi.»

Fallen from the sky with Grace On viuen les histories. Descobreix ara