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Il mio cellulare continua a riprodurre musica, nonostante io sia ferma da ormai mezz'ora, gli occhi fissi sul soffitto della piccola palestra degli Haynes, sul lato posteriore della casa. La luce proveniente dalle vetrate è l'unico fattore che mi permette di rimanere sveglia e di non cedere del tutto alla stanchezza, mentre persino sistemare le airpods nelle mie orecchie richiede uno sforzo eccessivo: alzare il braccio sembra improvvisamente un ostacolo insormontabile. Sospiro, un leggero senso di nausea addosso e la consapevolezza che se dovessi provare ad alzarmi le mie gambe cederebbero.

Ho cominciato la giornata con le migliori intenzioni: dopo che Eric è uscito per gli allenamenti mi sono concessa almeno altre quattro ore di sonno, per poi cambiare le lenzuola, fare un paio di lavatrici e sistemare il disastro di piatti e padelle che abbiamo lasciato in cucina ieri. Prima che me ne rendessi conto era mezzogiorno, mi sono concessa di fermarmi un attimo e di controllare il cellulare che Eric ha lasciato sul mobile all'ingresso questa mattina. Mi ero completamente dimenticata che lo avesse preso lui alla festa dei Garcia; è la prima volta nella mia vita che non controllo i messaggi per più di ventiquattro ore, e in qualche modo sono sicura che Eric non si fosse minimamente scordato di avermelo sottratto e di non avermelo più ridato, ha semplicemente deciso che non voleva avere nessuna competizione per la mia attenzione.

Oltre le migliaia di notifiche di Instagram, mail e chiamate perse da parte dei miei genitori e di mia sorella, il numero di messaggi su Whatsapp è quello che mi ha lasciata di sasso, soprattutto perchè almeno una cinquantina erano di LeBron. Una domanda continua, ripetuta ancora ed ancora e mai visualizzata, la pretesa di una spiegazione alla foto che Eric gli ha inviato di noi due. Un forte senso di colpa mi ha investita in pieno: se LeBron non mi rispondesse per più di ventiquattro ore dopo aver innescato una bomba del genere, lo ammazzerei. Ho fatto partire la chiamata prima ancora di aver preso davvero una decisione, il mio migliore amico ha risposto al primo squillo, facendomi sentire ancora peggio. Stava aspettando che gli dessi segni di vita.

Mi sono scusata senza dare davvero una spiegazione in merito alla mia assenza, gli ho assicurato che sto bene e gli ho chiesto come stesse andando a New York con Charlie. Ero pronta a dirgli la verità, tutta la verità sugli ultimi mesi, sul mio accordo con Eric, ad implorare il suo perdono per avergli mentito così spudoratamente per tanto tempo. Ero piena di buone intenzioni, ma il mio corpo ha deciso di remarmi conto. Le parole mi sono rimaste bloccate in gola non appena ho provato a parlare, la mia mente improvvisamente vuota, ogni spiegazione dimenticata. Alla fine, dopo aver chiuso gli occhi, scosso la testa ed aver preso un bel respiro, ho aggiunto un'altra bugia alla lista: Eric ed io siamo finiti per caso alla stessa festa, e per darmi fastidio mi ha rubato il telefono ed ha scattato quella foto.

Prima che LeBron potesse tornare alla carica, mi sono inventata una scusa per terminare la chiamata. Solo dopo aver attaccato ho provato sollievo al pensiero di non dover davvero affrontare la situazione, e poi senso di colpa per l'ennesima bugia, soprattutto per il fatto che sentire la voce del mio migliore amico dopo così tanto tempo, della mia anima gemella, mi ha fatto davvero realizzare quanto questa situazione ci stia allontanando. Ho riportato gli occhi che bruciavano sullo schermo del cellulare, indecisa se chiamarlo di nuovo e riprovarci, o scrivergli semplicemente che mi manca, ma un altro messaggio ha attirato presto la mia attenzione: Kyle. Un semplice augurio di buon anno, una foto di lui ad una festa, probabilmente a Chicago, addosso un paio di occhiali fluorescenti ed una camicia indecente.

È stato in quel momento che la nausea ha preso il sopravvento, che ho capito che Eric ed io siamo rimasti nella nostra bolla per un giorno intero, mentre il mondo là fuori ci stava aspettando. Mi sono cambiata in un top sportivo ed un paio di leggins, ho indossato le mie scarpe da tennis, recuperato airpods e cellulare e mi sono chiusa in palestra, prima di ballare per quelle che sono sembrate ore, senza pensare, senza concedermi di prestare attenzione ad altro che non fosse la musica, fino ad arrivare allo sfinimento e ritrovarmi seduta e poi sdraiata sul parquet in legno, non un briciolo di energia in corpo.

Fallen from the sky with Grace Where stories live. Discover now