53.

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San Francisco
Dicembre

«Luna.» la voce di LeBron sembra lontana anni luce, quasi non fosse reale. So cos'è reale: il pavimento del bagno sotto di me, ghiacciato, e l'oggetto davanti ai miei occhi, stretto dalle mie dita, anche se ho tutta l'impressione di aver perso il controllo del mio corpo. «Ti ricordi la festa a casa della sorority di Denise?» continua, mentre a malapena riesco a deglutire, il cuore che batte ad una velocità impressionante. «Ti ricordi quando ti ho detto di non farmi diventare zio?» avverto distrattamente la sua mano posarsi sul mio ginocchio, il suo sguardo cercare quello della sottoscritta. «Forse avrei dovuto ripeterlo più spesso.»

«Non è divertente.» riesco a rispondere, quasi senza voce. Voglio posare l'oggetto del male a terra, accanto ai suoi cloni, ma sono in totale fase di negazione e forse ho bisogno di assimilare l'immagine per poter affrontare le conseguenze delle mie azioni.

Tre test negativi, uno positivo. Un maledetto test di gravidanza positivo. Uno su quattro. Non è una sorpresa che la mia coscienza voglia credere ai risultati che mi comunicano che non sono incinta, perchè l'alternativa è terrificante.

«Mi sembra assurdo che Eric...» il mio migliore amico si interrompe e si schiarisce la voce, non so se sia più arrabbiato o nervoso, ma non ha bisogno di proseguire: com'è possibile che il ragazzo più razionale del mondo abbia fatto un passo falso del genere? «Quando è successo?»

«Ovviamente, l'ultima volta che sono stata a Boston.»

«Non avete usato...»

«Non sempre.» lo interrompo, prima di abbassare il test di gravidanza e maledirmi mentalmente. Perchè diavolo mi sono impuntata sul fatto di non voler prendere la pillola? E perchè diavolo non sono stata più attenta ad ottobre? Dio, che idiota. «È colpa mia.» sospiro, chiudendo gli occhi e posando la nuca contro la parete.

«Non è solo colpa tua.»

«È uno positivo su quattro.» ignoro le sue parole, decisa a rimanere calma. «Potrebbe essere un falso allarme.»

«Luna...»

«Prenderò appuntamento con un ginecologo il prima possibile, confermerà la mia teoria.»

«E se non dovesse confermarla?».

Rimango in silenzio, le palpebre ancora abbassate, il respiro leggermente irregolare. «Non voglio un bambino, LeBron.» confesso, il groppo in gola che non mi permette di suonare sicura quanto vorrei, gli occhi che bruciano. «Non è il momento giusto.»

«Ehi.» la sua mano stringe la mia, mi costringo ad aprire gli occhi e a guardarlo in faccia. Non l'ho mai visto così preoccupato. «Qualunque cosa tu decida di fare, sai che sono qui.»

«Lo so.» sussurro, mentre una lacrima mi scivola sulla guancia.

Nemmeno un secondo dopo, il mio migliore amico pronuncia le parole che ho avuto paura di sentirgli dire dal momento in cui mi ha trovata seduta sul pavimento del bagno. «Devi chiamare Eric.»

«Non sono sicura che sia vero.» dico, in preda al panico.

«E allora?»

«Se glielo dicessi piomberebbe qui all'istante.»

«Com'è giusto che sia.»

«Siamo nel bel mezzo della stagione, LeBron.» ribatto decisa. «Ti ho detto come ha reagito alla notizia di Emily. Dio, ci ha costretti ad andare alla polizia, lo sai.»

«Non aveva tutti i torti.»

« Voglio essere sicura prima di...»

«Chiamalo, ora.» mi interrompe severo, la sua mano che stringe la mia all'inverosimile. «Questo è qualcosa che viene prima della NFL, Luna. E anche se si trattasse di un falso allarme, non dovresti andare da sola da un dottore, non dovresti fare i conti da sola con una preoccupazione del genere. I bambini si fanno in due. Chiamalo.» con la mano libera afferra il mio cellulare, prima di porgermelo.

Fallen from the sky with Grace Where stories live. Discover now