18.

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Accettare l'invito di LeBron a bere qualcosa da Michael prima di andare alla festa di Tyler, un ragazzo che abita dall'altra parte della città, che è lontano dal mondo della Sterling e che, a quanto dice il mio migliore amico, ha una cotta per me, non è stata la scelta migliore. Oggi pomeriggio i Big Red hanno vinto la partita contro i Blue Hens dell'università del Delaware, e il pub si è ovviamente trasformato in un ritrovo di tifosi. Tifosi che mettono a rischio il mio piano di non pensare ad Eric Haynes, durante i suoi tre giorni di assenza.

Ho perso il conto di quante magliette col numero 19 ed il suo cognome ho intorno, il conto di quante volte alla televisione appesa ad una delle pareti, hanno mandato un replay di tutte le sue azioni, della conferenza stampa subito dopo la partita. Dio, non mi è mai importato niente di queste cose, e ora sono qui a combattere per rimanere concentrata sulla mia conversazione con LeBron, mentre il mio sguardo continua a spostarsi sullo schermo della tv per cercare di percepire anche solo un frammento delle parole che Eric sta dicendo. Non va bene. Non va affatto bene.

Kyle si accomoda accanto a me, al tavolo che LeBron ed io abbiamo conquistato a fatica; sorride come non mai, i colori della scuola dipinti in viso e una maglia dei Big Red addosso. «Avete visto che diavolo di partita hanno giocato?» chiede evidentemente euforico.

LeBron risponde al suo sorriso ma scuote la testa, io mi limito a sorseggiare il mio drink e a fingermi disinteressata. Non posso guardare una sola partita dei Big Red dopo l'ultima volta, non ora che vado a letto con il loro quarterback: è terrificante il pensiero di quanti colpi prenda durante quei novanta minuti. «Ne stiamo avendo un'idea ora.» commenta il mio migliore amico, divertito.

«Probabilmente daremo una festa lunedì, appena Eric tornerà.» annuncia Kyle, mentre io mi ritrovo a guardarlo scettica: papà Eric non gli permetterà mai di distruggere la casa a inizio settimana, vittoria o meno. «Siete invitati.»

«Ci saremo.» accetta LeBron per entrambi. Subito dopo il suo cellulare squilla, non appena vede il nome sullo schermo un sorriso a trentadue denti si apre sul suo volto; capisco subito che si tratta di Charlie. Mi abbandonerà qui, di nuovo, in mezzo ad un branco di tifosi con la maglia di Eric addosso. «Devo rispondere.» si alza dal tavolo e si allontana verso l'uscita alla ricerca di un po' di silenzio.

Sospiro e decido di concentrarmi su Kyle, ancora emozionato. È incredibile quanto lo esaltino i successi di Eric, incredibile che siano così amici: sono due persone completamente diverse. «Che c'è?» chiede, quando nota che lo sto fissando.

«Non ti darà mai il permesso di organizzare una festa di lunedì.» affermo con un'alzata di spalle.

Kyle scuote la testa, nello sguardo una luce che mi fa capire che deve esserci qualcosa che non so. «Oh, penso che accetterà invece.»

«Sì?»

«L'hai visto ultimamente? È un'altra persona, mille volte più rilassato.»

«Non ho notato niente.» farfuglio, prima di prendere un sorso del mio drink.

«Sappiamo tutti che sta andando a letto con qualcuno.».

Il drink mi va di traverso, tossisco come non mai e per un attimo spero di strozzarmi e svenire per evitare di continuare questa conversazione. Sia ringraziato il Cielo per il tempismo di Charlie, perchè se LeBron fosse qui farebbe due più due in mezzo secondo. Sono giorni che mi chiede con chi sto facendo sesso, visto che a quanto pare la mia pelle è più luminosa del solito. «Che?» riesco a chiedere con voce strozzata, cercando di recuperare fiato.

Kyle mi fissa confuso e divertito. «È ovvio, Luna. Non l'ho mai visto sorridere così tanto.»

«Forse ha solo meno pensieri per la testa.»

Fallen from the sky with Grace Where stories live. Discover now